Dopo l’assistenzialismo sfrenato e la mancanza di realismo da parte della politica, il terzo motivo che rende l’Italia il paese dei Balocchi è l’avidità dei partiti
Dopo l’assistenzialismo sfrenato e la mancanza di realismo da parte della politica, il terzo motivo che rende l’Italia il paese dei Balocchi è l’avidità dei partiti e di molti uomini politici abbinata, in molti casi, alla loro conclamata incompetenza. Sono ben consapevole del rischio di cadere nel moralismo o nel qualunquismo, facendo di tutta l’erba un fascio. Ma non possiamo non correre questo rischio se vogliamo capire perché la partecipazione alle votazioni politiche e amministrative sia in caduta libera, raggiungendo ormai livelli molto pericolosi e preoccupanti per la sopravvivenza democratica.
L’insieme di questi fattori, i tre motivi che interagiscono fra loro, fecondandosi e rafforzandosi a vicenda, insieme ad altre disfunzioni negative, come la debolezza e la precarietà della giustizia, l’insufficienza di parte della scuola, lo sgretolamento del Servizio Sanitario Nazionale, diffondono, in parte della popolazione, le credenze proprie del Paese dei Balocchi e cioè che in questo Paese si possa vivere bene, lieti e felici senza lavorare seriamente, senza andare a scuola seriamente, senza ammalarsi mai, ma sempre giocando e festeggiando. Il radicarsi di queste credenze è un rischio cruciale per la nostra economia, per la nostra società e ancor più per la sopravvivenza della nostra democrazia. Nella democrazia dell’epoca classica di Atene un ruolo fondamentale veniva attribuito alla parola “parrēsia”. Pensiamo a Socrate, “colui che sicuramente preferisce affrontare la morte piuttosto che rinunciare a dire il vero; colui che mette in pratica questo dire il vero ed esprime il suo pensiero senza nascondimenti, non alla tribuna, nell’Assemblea o davanti al popolo” (Michael Foucault, Il coraggio della verità, Corso al Collège de France (1984), Feltrinelli 2011. Questo bellissimo testo riproduce l’ultimo corso di Michael Foucault, che scava profondamente nel concetto di “parr?sia”).
Socrate è l’esempio più illustre di parresiasta, cioè colui che pratica la “parrēsia”, che è il coraggio di dire l’intera verità su fatti che interessano la comunità sapendo di correre dei rischi per questo. La parrēsia è in realtà, nella cultura ateniese, anche un diritto che va difeso ad ogni costo, perché è proprio ciò che fa di un individuo un libero cittadino, perché la città ha bisogno della verità per esistere. La teoria e la pratica della parrēsia è estremamente complessa e Michael Foucault, nel suo citato testo, ci accompagna nelle profondità di questa affascinante complessità. Ma il punto centrale, ai nostri fini, è proprio questo dovere-diritto di dire con coraggio la verità. Il contrasto con il nostro tempo che pratica e teorizza le “fake news” è, invece, drammatico.
Dicono professionalmente il falso non solo i politici partitanti per rincorrere una elezione, non solo i giornali – partito o i giornalisti asserviti a questo o quel padrone, ma i governi, gli enti di ricerca e di gestione dei dati e, negli ultimi anni, anche quel baluardo di serietà, verità e indipendenza, cioè di parrēsia, che era, una volta, la Banca d’Italia, ormai caduta anch’essa nel grande e variegato mondo dei cantastorie. È la mancanza di parrēsia la malattia più grave della nostra società sia internazionale che del nostro paese, e la responsabilità maggiore della nuova classe dirigente e quindi anche dei vertici professionali sarà di affrontarla e correggerla.