Diga di Pietrarossa, la Regione approva i subappalti: cosa succede

Diga Pietrarossa, la Regione approva primi subappalti: lavori a ditte di Ramacca e Noto

Diga Pietrarossa, la Regione approva primi subappalti: lavori a ditte di Ramacca e Noto

Simone Olivelli  |
venerdì 17 Novembre 2023

Il cantiere inizia a fare i primi passi. E ci saranno scavi archeologici

A distanza di alcuni mesi dalla consegna dei lavori per il completamento della diga Pietrarossa, a cavallo tra le province di Enna e Catania, il cantiere inizia a fare i primi passi. A farlo emergere è l’autorizzazione data dal servizio Dighe della Regione Siciliana a due subappalti. Nel primo caso si tratta dell’appalto principale, quello del valore di oltre 75 milioni di euro, nel secondo, invece, in ballo ci sono gli scavi archeologici nella zona che con molta probabilità dovrebbe custodire la Statio Romana di Casalgismondo, un’area dal rilevante interesse storico e culturale ma che sarà destinata a essere ricoperta d’acqua una volta che la diga sarà pronta dopo decenni di attesa.

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Primi movimenti di terra

La settimana scorsa, gli uffici palermitani di viale Campania hanno accolto la richiesta della Redstone – la società consortile che riunisce le imprese Cooperativa Edile Appennino, Vittadello, Intercantieri e Cosedil – di affidare in subappalto alcuni interventi di movimento terra nell’ambito del cantiere, oltre alla pulizia dei canali, la sistemazione delle strade e la demolizione di una casa di guardia. La ditta individuata da Redstone è l’Impresa artigiana movimento terra di Luigi Di Stefano e ha sede a Ramacca. Il valore dell’affidamento si aggira sui 145mila euro.

Si tratta di un importante inizio, dopo gli annunci dell’estate e la firma del contratto tra Regione e imprese private: un accordo stipulato a fine giugno, ma che nel giro di pochi giorni ha avuto bisogno di un nuovo passaggio per apportare alcune correzione poiché “per mero refuso di stampa – si legge nell’integrazione – sono stati invertiti gli importi dei lavori da eseguire rispettivamente a corpo e a misura”.

Subappalto per gli scavi archeologici

“Nell’area del bacino destinata a restare sommersa a seguito dell’invaso è presente un sito di interesse archeologico, con strutture databili al I-II secolo d.C., che potrebbe riferirsi ad una delle stationes itinerarie posta lungo l’arteria consolare romana Catina-Agrigentum, probabilmente la Statio Capitoniana citata dalle fonti itinerarie di età tardo-imperiale e menzionata nell’itinerarium Antonini”. Sono le parole con cui si apre la relazione che presenta il progetto di esplorazione archeologica, conservazione e divulgazione mediatica di una delle aree che saranno interessate dalla diga. Si tratta di fatto della scoperta che, a metà anni Novanta, determinò la sospensione dei lavori quando l’opera era stata completata per il 95%.

A riprendere la questione in mano decidendo per il completamento della diga e il contestuale studio dell’area archeologica, per una futura fruizione che avverrà mediata dall’uso di tecnologie multimediali, è stato nel 2017 il governo guidato da Rosario Crocetta. Il progetto prevede nello specifico una campagna di scavi archeologici sotto la direzione della Soprintendenza, rilievi e attività di restituzione grafica digitale, opere di protezione dell’area che verrà sommersa tramite l’uso di gabbioni metallici con riempimento in pietrame e il loro successivo ricoprimento con sacchi di inerti e sabbia e l’apposizione di strati di materiale geotessile del tipo tessuto non tessuto. “A copertura del pacchetto di protezione – si legge nella relazione – verrà posto un rivestimento flessibile in rete metallica riempito con pietrame a mano”. A far parte del progetto saranno infine l’apposizione di cartellonistica didattico-divulgativa e la realizzazione di una sala museale.

La gara d’appalto del valore superiore al milione di euro è stata aggiudicata dall’impresa napoletana Igeca Spa. La stessa, a ottobre, ha ottenuto l’autorizzazione della Regione a subappaltare lavori per circa 700mila euro, affidandoli alla Cavarra Vincenzo. Si tratta di una ditta con sede a Noto, nel Siracusano, che aveva partecipato alla gara d’appalto, offrendo un ribasso di due decimali superiore a quello con cui Igeca si è aggiudicata i lavori. Stando al disciplinare di gara, Igeca non avrebbe potuto subappaltare i lavori alla Cavarra Vincenzo: “[…] non subappalterà lavorazioni di alcun tipo ad altre imprese partecipanti alla gara – in forma singola od associata – ed è consapevole che, in caso contrario, tali subappalti non saranno autorizzati”, si legge a pagina 52 del documento. La decisione di accettare invece la proposta fatta pervenire dall’impresa campana è però così giustificata dal responsabile unico del procedimento Salvatore Stagno: “Si tratta di un refuso, nel 2021 è entrata in vigore una legge che annullava questo divieto”, dichiara il funzionario regionale al QdS. Il riferimento è alla legge 238/2011 con cui l’Italia, su sollecitazione dell’Unione europea, ha modificato alcuni articoli del codice degli appalti allora in vigore.

I costi del commissario straordinario

La procedura relativa al completamento della diga di Pietrarossa, che in parte sarà finanziato con fondi del Pnrr, è stata affidata sin dal principio a un commissario straordinario con il compito di seguire e velocizzare l’iter di un’opera che sarebbe dovuta entrare in funzione oltre vent’anni fa. In prima battuta il compito è toccato a Ornella Segnalini, nominata dal presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi. A luglio, invece, la premier Giorgia Meloni ha nominato Antonio Martini, nel recente passato dirigente generale all’Energia, con interim al dipartimento Acque, proprio alla Regione Siciliana.

Nei giorni scorsi, lo stesso dipartimento ha decretato l’impegno di spesa per i compiti svolti da Martini nelle vesti di commissario straordinario: oltre 60mila euro per il periodo da luglio a dicembre di quest’anno, mentre per l’intero 2024 la cifra – comprensiva dei contributi Inps e Irap – è stata quantificata in 124.500 euro.

La mafia nei terreni intorno alla diga

Negli stessi anni in cui alla Regione si è deciso di rimettere mano all’infrastruttura, la diga di Pietrarossa – nello specifico i terreni a ridosso – sono finiti all’interno di un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catania. Si tratta dell’indagine Agorà, che ha fatto luce sugli interessi di Cosa nostra nel Calatino, a partire dalla famiglia guidata dal boss ormai deceduto Ciccio La Rocca. In mano agli inquirenti sono finite una serie di intercettazioni da cui emergeva la spartizione dei terreni da utilizzare per il pascolo. “L’analisi degli elementi emersi – si legge nell’ordinanza – permette di poter affermare che la gestione e i relativi introiti derivanti dall’utilizzo da parte di allevatori dei terreni dell’area demaniale sia stata di esclusiva competenza della famiglia La Rocca e dei reggenti della famiglia ai quali pertanto è stata demandata l’esclusiva regolamentazione dell’utilizzo dei terreni”. Un controllo non privo di tensioni tra i beneficiari: “Le tensioni traevano origine da rivendicazioni da parte delle contrapposte famiglie Destro e Sanfilippo Scena”. Stando a quanto ricostruito dai magistrati, l’accordo prevedeva che a poter utilizzare i terreni “sotto il muro della diga” fossero i Destro, mentre ai Sanfilippo Scena toccassero quelli “sopra il muro della diga”. Per tale concessione, le due famiglie dovevano versare ai referenti della famiglia La Rocca “la somma di 20mila euro annui”.

La posizione di Sicilia Antica

A opporsi al completamento di quest’opera in questi anni è stata l’associazione Sicilia Antica, che ha pubblicamente reso nota la propria contrarietà: “Questa diga non doveva neanche realizzarsi perché inutile e dannosa – dichiara la vicepresidente Simona Modeo al QdS – In Sicilia ci sono una quarantina di dighe che però non sono mai state messe a regime, se si ottimizzassero non ci sarebbe bisogno di realizzarne altre. In questo caso, inoltre, si andrà a danneggiare, se non distruggere, un sito archeologico importantissimo”.

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