Tari, salasso non solo per le abitazioni. In Sicilia stangata anche per le imprese - QdS

Tari, salasso non solo per le abitazioni. In Sicilia stangata anche per le imprese

Tari, salasso non solo per le abitazioni. In Sicilia stangata anche per le imprese

martedì 21 Novembre 2023

Ircaf: nel capoluogo siciliano tariffe invariate nel 2023, ma restano tre le più alte d’Italia. A Catania un supermercato di mille mq paga 20 mila € l’anno, la media nazionale è di 12 mila

PALERMO – Pagare la Tari in Sicilia è diventato un vero esborso economico, in particolar modo per le cosiddette “utenze non domestiche”, che vanno dalle attività commerciali agli alberghi alle attività di ristorazione. I dati vengono dalla quarta indagine nazionale sulle tariffe delle utenze domestiche o non domestiche realizzata dall’Ircaf, l’Istituto ricerche consumo ambiente e formazione, che ha analizzato la spesa sostenuta da diverse tipologie di attività commerciali nel 2022. Catania vince la palma d’oro nella regione per i costi sostenuti per i supermercati da 1000 mq, con una spesa che arriva a quasi 20 mila euro l’anno, posizionandosi al 12esimo posto a livello nazionale. Ben sopra la media nazionale, che si ferma a circa 12 mila euro.

In un solo anno tariffa Tari aumentata di quasi un quarto

Preoccupante, inoltre, l’andamento nel tempo: in un solo anno la tariffa in questione è aumentata di quasi un quarto. Nel 2021, infatti, si spendevano poco più di 15 mila euro. Per il resto, è sempre Palermo a farla da padrone nella corsa ai prezzi più alti all’interno della regione. Per gli alberghi con ristorante, per una metratura di circa 1000 mq, a Palermo nel 2022 sono stati spesi 7674 euro, cifra che rimane sostanzialmente invariata nel 2023. Nonostante i costi siano importanti, si mantengono comunque al di sotto della media nazionale, che arriva a quasi 13 mila euro. Anche per quanto riguarda i distributori di carburante, della dimensione di circa 250 mq, Palermo svetta, ponendosi all’undicesimo posto tra le grandi città a livello nazionale, con 1191 euro per il 2022, anche in questo caso confermati per il 2023. La media nazionale sale di molto, però, giungendo a 3282 euro. Anche i negozi di abbigliamento da 250 mq del capoluogo regionale devono affrontare una spesa abbastanza importante, con 643 euro da pagare nel 2023, cifra che va a confermare quanto pagato l’anno precedente; tariffe molto più alte per i bar da 100 mq, che pagano in media quasi 2000 euro l’anno, in linea con la media nazionale.

Utenze domestiche, Catania la città con la Tari più alta d’Italia

Catania sale di nuovo alla ribalta, invece, in riferimento alle utenze domestiche, come città più costosa d’Italia, con 594 euro l’anno. Il confronto diventa impietoso quando si guarda alla città meno cara, Udine, in cui si spendono 174 euro, meno di un terzo rispetto alla città alle pendici dell’Etna. Se allarghiamo lo sguardo alla penisola, per gli alberghi con ristorante la città più costosa, con una spesa di 16.527 euro, è Bologna; per i distributori di benzina troviamo Potenza, con 2.267 euro; i negozi di abbigliamento pagano la cifra massima a Genova, con 1.357 euro, i bar a Venezia, con 5.098 euro e per i supermercati la città di Torino, con 29.284 euro.

Nel presentare i dati dell’indagine, l’Ircaf ha sottolineato l’importanza del tema della qualità contrattuale e tecnica del servizio sull’intero territorio nazionale, a seguito degli obblighi di garantire prestazioni minime omogenee. La sfida per il 2024/25, secondo l’Ircaf, sarà quella di fornire prestazioni più tutelanti agli utenti, sia domestici che non domestici, in particolare con la trasparenza, digitalizzazione di tutte le prestazioni e garantendo informazioni essenziali ai medesimi sulla raccolta, trasporto, spazzamento, lavaggio strade, calendario, orari, la % di raccolta differenziata, le tariffe e le modalità di rapporto con gli stessi utenti.

Al termine del triennio 2023/25 seguirà una seconda fase, con l’adozione di standard specifici che prevedano, in caso di mancato rispetto, indennizzi automatici a favore degli utenti, oltre a forme di conciliazione extragiudiziale di fronte a reclami per disservizi che non trovano risposta positiva dal gestore.

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