Dopo la nostra inchiesta, in esclusiva al QdS interviene il co-portavoce di Alleanza Verdi e Sinistra. “È una grande schifezza, già il nostro Paese ha i tratti di costa più privatizzati d’Europa”
ROMA – Sull’argomento concessioni balneari, sul quale abbiamo pubblicato ieri su queste pagine un’inchiesta, interviene Angelo Bonelli, co-portavoce di “Alleanza Verdi e Sinistra” e deputato della Repubblica che, già negli anni ’90 ha denunciato questo problema definendolo “spiaggiopoli”.
Bonelli, lei è un deputato della Repubblica e componente della “Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici” ma, mi è sembrato di capire, non le è stata data copia dei risultati del tavolo tecnico, voluto dalla premier Meloni, che contiene la “mappatura” delle coste…
“Ha capito bene. Proprio pochi minuti prima della nostra telefonata ho discusso con il ministro Musumeci e Palazzo Chigi perché non ci vogliono consegnare copia di questa relazione, nonostante l’abbiano consegnata, ad esempio, ai sindacati dei balneari e alcuni dati siano stati fatti trapelare alla stampa. È più che mai importante leggerla per capire cosa ci sia scritto, come abbiano costruito la strategia per non mandare in gara gli stabilimenti balneari esistenti e mandare in gara le ultime spiagge e i tratti di costa liberi del nostro paese. Vogliamo meglio capire quali siano i coefficienti, i parametri e le motivazioni tecniche che sono state inviate all’Unione Europea per giustificare questa scelta. Uso un termine forte ma appropriato: si tratta di una grande schifezza. Già il nostro paese ha i tratti di costa più privatizzati e cementificati d’Europa inoltre, per salvare gli interessi di una categoria che paga ‘quattro spicci’ allo Stato e fattura miliardi di euro l’anno, trovo vergognosa questa intenzione. Pochi giorni fa, proprio l’Unione Europea, ha inviato al Governo un avviso di messa in mora proprio sul problema delle spiagge ribadendo che dal prossimo 1° gennaio l’Italia si deve adeguare ma, oggi, non sappiamo cosa abbia in testa il Governo perché tiene nascoste le carte”.
Quando permette di incassare, oggi, la cessione delle concessioni demaniali?
“Oggi, le concessioni demaniali, generano un incasso di circa per 110 milioni di euro, nonostante un’evasione stimata pari al 45%. Il fatturato, secondo diversi analisti economici, è stimabile in 10-15 miliardi di euro l’anno”.
È sparito completamente dai radar il problema delle spiagge libere…
“Il punto è proprio questo. Intanto c’è un dato contraddittorio perché Ispra comunica che la lunghezza delle coste italiane è poco più di 8.000 chilometri mentre, da quanto abbiamo letto sulle diverse testate giornalistiche, sarebbero 11.000 chilometri. Sono riusciti ad allungare le coste italiane di 3.000 chilometri? È forse un escamotage per motivare il fatto che le spiagge, in Italia, sono una risorsa consistente e quindi non vanno messe a gara quelle già assegnate ma le altre spiagge? Su questo vogliamo vederci chiaro ma, come le dicevo, non me lo vogliono consegnare”.
A Forte dei Marmi nei giorni scorsi, il ministro per le Politiche del Mare, Nello Musumeci, ha detto che “sarebbe già una vittoria ottenere una proroga di un anno per le aste”. Insomma, sarebbe un successo nella trattativa infinita in corso con l’Unione Europea rimandare a gennaio 2025 le gare per mettere sul mercato le concessioni demaniali, in attuazione della direttiva comunitaria Bolkestein…
“In realtà questa è l’abitudine di questo Governo, non essere rispettosi delle leggi. Ci troviamo di fronte ad una delle più grandi accumulazioni di ricchezza. Per esempio lo stabilimento Twiga, a Forte dei Marmi, già proprietà della ministra Santanchè, che per incompatibilità lo ha ceduto al proprio compagno Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena, e di Briatore, paga 20.000 euro l’anno di canone demaniale e, secondo l’ultimo bilancio presentato dalla società, fattura 9 milioni di euro. Ecco qual è il business di cui stiamo parlando”.
Quali sono le contromisure che è necessario mettere in atto oggi?
“Innanzitutto vanno bandite le gare, anche attraverso un meccanismo di tutela ambientale, mettendo al centro la salvaguardia, il recupero e ripristino del territorio perché abbiamo troppo cemento sulle coste. In secondo luogo tutelare le spiagge libere, arrivando a una gestione che dica ‘stop’ alla privatizzazione delle spiagge e, elemento non secondario, al riadeguamento dei canoni. Le faccio un esempio. In Francia, nello specifico a Saint-Tropez, una classe turistica equivalente alla nostra Forte dei Marmi, una superfice equivalente al Twiga è stata messa a gara e assegnata a un canone di 280.000 euro l’anno. I francesi, inoltre, applicano un’ulteriore tassa sui guadagno derivanti dalle attività accessorie, tipo la ristorazione, che porta l’introito complessivo a circa 350.000 euro l’anno, dato assolutamente non comparabile con i 20.000 euro l’anno che paga il Twiga”.
La storia delle concessione balneari affonda le sue radici in tempi lontani e non possiamo fare di tutta un’erba un fascio parlando degli imprenditori del settore balneare…
“Sì, io me sono occupato già negli anni ’90 con un libro denunciando la ‘spiaggiopoli’ italiana. Poi è intervenuta la Bolkenstein cui si è risposto con proroghe successive da parte di tutti i Governi che si sono succeduti negli anni, una sorte d’intesa trasversale. Poi è vero che esistono anche imprenditori lungimiranti e onesti, che capiscono che il bene dello Stato, che quindi appartiene alla collettività, va salvaguardato, come va salvaguardato l’ambiente e che ritengono che il canone debba essere adeguato”.