Anche nel mese di novembre situazioni critica, nei 29 invasi 32 milioni di metri cubi in meno nell’ultimo mese
Ogni mese che passa, il bilancio diventa sempre più negativo per le scorte d’acqua contenute negli invasi siciliani. Rispetto al mese di ottobre, secondo i dati resi noti dall’Autorità di bacino del distretto idrografico della Regione Siciliana, vengono a mancare a novembre 32 milioni di metri cubi d’acqua. Un trend negativo che non accenna ad allentare la propria morsa, considerato che già il mese scorso, rispetto a quello ancora precedente, erano stati segnalati 35 milioni di metri cubi d’acqua in meno. Lo scarto è importante anche rispetto a novembre dello scoro anno: se quest’anno sono stati raccolti 325 milioni di metri cubi d’acqua, nel 2022 se ne contavano nello stesso periodo quasi 348.
Continua la perdita dell’oro blu in quasi tutti gli invasi
Tutti gli invasi sono in perdita, a parte Comunelli, Disueri e Gorgo Lago, che rimangono sostanzialmente in pari. A registrare i risultati peggiori, con i numeri più elevati, sono l’invaso Ancipa, Castello, Lentini, Poma e Rosamarina. Un problema non indifferente, sia per l’agricoltura che per la comunità in generale. Considerando il fatto che molti degli invasi sono ad uso promiscuo, non solo irriguo, ma anche potabile, industriale ed elettrico. In particolare, sono destinate a più di un uso le risorse contenute nelle dighe Ancipa, Castello, Fanaco, Garcia, Leone, Piana degli Albanesi, Poma, Prizzi, Ragoleto, Rosamarina e Scanzano. Per tale ragione, buona parte della loro capacità non potrà essere utilizzata nelle campagne.
La siccità in Sicilia è ormai una costante
Il 2023 continua sulla falsariga del 2022 che, secondo il report sulla siccità, stilato dalla stessa Autorità del bacino del distretto idrografico della Sicilia, è stato caratterizzato dall’assenza di precipitazioni significative. Se si vanno a vedere l’andamento in termini di volume contenuto nei singoli invasi, infatti, si nota come nella maggioranza dei casi rispetto agli anni precedenti, a partire dal 2018, ci sia stata una flessione non indifferente. Se nella diga Arancio si scende, dal novembre 2018 a novembre 2022, da 20 milioni di metri cubi d’acqua a 16, nella diga Cimia si passa da 6 milioni a 2 e mezzo, solo per fare due esempi. Un dato che fa il paio e si spiega se si analizzano i numeri relativi alle piogge: rispetto al trentennio precedente, a partire dal 1991, sono diversi i mesi in cui, nel 2022, sono stati registrati valori nettamente peggiori, relativamente ai millimetri di pioggia caduti dal cielo, con conseguenze importanti sull’agricoltura e sull’intero ecosistema isolano.
Ad aggravare la situazione, gli impianti idrici colabrodo
Lo svuotarsi progressivo degli invasi è quindi senza dubbio un risultato dovuto ad un cambiamento climatico ormai in atto, per il quale l’unica strada è la ricerca di soluzioni sostenibili e rivolte alla salvaguardia dell’ecosistema, prima che molti processi diventino irreversibili. Senza dimenticare che, se l’acqua è poca, non aiuta per niente la condizione disastrosa in cui si trovano le reti idriche nelle campagne siciliane, vecchie e fatiscenti, che spesso portare a disperdere moltissimo del prezioso liquido che si riesce faticosamente a raccogliere. Secondo le stime del report dell’Istat sulle infrastrutture idriche in Sicilia, a Siracusa si disperde il 67% dell’acqua immessa nella rete. Segue Messina con il 52%, Catania con il 51%, per finire a Palermo con una perdita stimata del 42%.
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