Carabiniere "talpa" dei pusher: "Soldi servivano per bollette"

Palermo, la storia del carabiniere “talpa” dei pusher: “Soldi servivano per le bollette”

Palermo, la storia del carabiniere “talpa” dei pusher: “Soldi servivano per le bollette”

Redazione  |
mercoledì 03 Gennaio 2024

E' stato sottoposto ad interrogatorio di garanzia il carabiniere di Palermo accusato di essere la talpa dei pusher: ecco la sua versione dei fatti

Il carabiniere Giuseppe Roccamatisi, arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di corruzione, avrebbe ammesso il passaggio di denaro, negando però che si sia trattato di una tangente. I soldi, incassati dai pusher in cambio di informazioni relative ad indagini in corso nei loro confronti, gli sarebbero serviti per pagare le bollette della luce. L’uomo, appuntato di 47 anni in servizio presso la stazione Resuttana Colli di Palermo, nelle scorse ore è stato sottoposto ad interrogatorio di garanzia. La sua versione non ha convinto il giudice per le indagini preliminari Rosario Di Gioia che ha respinto la richiesta difensiva di concedere gli arresti domiciliari. Roccamatisi resta in carcere. Secondo la Procura, l’appuntato avrebbe rivelato informazioni su indagini in corso a cinque pregiudicati per droga.

L’interrogatorio del carabiniere: “No tangenti, soldi servivano per le bollette”

Secondo le ricostruzioni dei colleghi, alcune soffiate sarebbero arrivate al gruppo che farebbe capo a Massimo Ferrazzano, con cifra non quantificata. Mentre di cinque mila euro si parla invece nel caso del trentenne Angelo Bondì. Era quest’ultimo, intercettato mentre parlava con il carabiniere, a dire di avere già sborsato cinquemila euro. Roccamatisi ha ammesso di avere ricevuto i soldi: per il militare, tuttavia, non erano il prezzo della corruzione, ma un prestito concessogli da Bondì.

Si erano conosciuti durante un’indagine – dove l’indagato era proprio Bondì – ed erano rimasti in buoni rapporti. Anche su questo il carabiniere ha fornito la sua versione: capita, a suo dire, che si mantengano i rapporti con gli indagati per evitare che si mettano di nuovo nei guai. Un’anomalia secondo l’accusa, un gesto di attenzione sociale per il militare. I rapporti erano talmente stretti che sarebbe arrivata anche la richiesta di un prestito per fronteggiare il caro bollette. Il carabiniere, infatti, sarebbe stato messo in difficoltà dalla necessità di dover reperire qualche migliaio di euro e, non potendo ottenere credito da banche o finanziarie per vie di altri prestiti in corso, si sarebbe spinto a chiedere aiuto al pregiudicato.

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