Abusi edilizi sulle coste, l’ultima parola all’Ars. Ma la sanatoria è a rischio - QdS

Abusi edilizi sulle coste, l’ultima parola all’Ars. Ma la sanatoria è a rischio

Abusi edilizi sulle coste, l’ultima parola all’Ars. Ma la sanatoria è a rischio

Roberto Greco  |
venerdì 26 Gennaio 2024

Dopo l’ok in Commissione Ambiente, andrà in aula il testo che, tra l’altro, “non impedisce” nuovo consumo di suolo

PALERMO – È stato approvato lo scorso 16 gennaio dalla IV Commissione dell’Ars “Ambiente, territorio e mobilità”, il disegno di legge n. 499/A riguardante le “Disposizioni in materia di urbanista ed edilizia”. Un testo che tra l’altro, in virtù di un emendamento del deputato di Fratelli d’Italia Giorgio Assenza, prevede la sanatoria degli abusi edilizi, costruiti sulla fascia costiera entro i 150 metri dal mare tra il 1976 e il 1983.

Le proteste dei movimenti ambientalisti

Un condono contro cui si sono già scagliati i movimenti ambientalisti e i sindaci “pro ruspa”, impegnati da anni in lotte solitarie per restituire decoro ai territori da loro amministrati. E su cui autorevoli costituzionalisti, come il professore Agatino Cariola, di cui potete leggere l’intervista in fondo alla pagina, stanno sollevando più di un dubbio. Ora l’ultima parola spetta all’Aula che dovrà votare il testo in via definitiva, ma non si sa quando: la discussione del ddl non è stata ancora calendarizzata.
Ma facciamo un passo indietro. La proposta di legge prevede, infatti, due linee d’intervento. La prima è dedicata alla pianificazione urbanistica mentre la seconda norme volte a modificare disposizioni in materia edilizia, in alcuni casi, necessarie per recepire nell’ordinamento regionale modifiche normative intervenute a livello nazionale e, in altri, per intervenire sulla disciplina in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia e della sanatoria delle opere abusive.

La prima linea di intervento

La prima linea d’intervento prevista opera sulla legge regionale 13 agosto 2020, n. 19, che disciplina per la Regione siciliana la materia del governo del territorio, modificandola o integrandola anche con significative novità. Molte di queste novità, spesso giocando sul significato delle singole parole utilizzate, mirano ad ammorbidire alcuni di quelli che, oggi, dovrebbero essere capisaldi delle nuove politiche “green” mirate alla salvaguardia dell’ambiente e, se il buongiorno si vede dal mattino, proprio nell’articolo 1 leggiamo una modifica a uno dei principi e delle finalità della legge stessa, sostituendo la locuzione “impedire in via di principio l’ulteriore consumo di suolo” con “contenere in via di principio l’ulteriore consumo di suolo”.

L’impermeabilizzazione rappresenta la principale causa di degrado del suolo in Europa, in quanto provoca la perdita pressoché totale delle sue funzioni sia per quanto riguarda gli aspetti produttivi che quelli di biodiversità e di regolazione dei cicli dell’acqua, del carbonio e degli altri elementi nutritivi.

La modifica introdotto dall’articolo 2 del disegno di legge ha, invece, come obiettivo quello di specificare che tra le finalità che rientrano nei principi di perequazione e compensazione, cui devono essere improntate le previsioni contenute nei piani degli enti locali e della Regione, vi è anche quella di limitare il ricorso a procedure espropriative.

Le modifiche introdotte dall’articolo 8 all’articolo 33 della già citata Lr 19/2020 sono volte a incentivare le iniziative finalizzate alla rigenerazione urbana e alla riqualificazione dell’ambiente degradato ma, contestualmente, a introdurre la possibilità per le amministrazioni comunali di prevedere incrementi volumetrici, nel Pug, il Piano Urbanistico Generale, a condizione che vengano realizzati almeno due degli obiettivi di rigenerazione urbana indicati nel medesimo articolo 33. Modifiche sono introdotte anche all’originario art. 35 della 19/2020 con l’art. 10 prevedendo che negli stessi Pug vengano previste aree dove allocare i diritti edificatori dei proprietari delle aree sottoposte a vincoli paesaggistici, idrologici e sismici.

L’articolo 12 introduce un nuovo articolo, rubricato “Ampliamento di edifici esistenti ad uso diverso dall’abitazione”, considerato necessario per garantire il mantenimento e la sostenibilità economica di molte imprese operanti nella Regione, che nel corso del tempo hanno localizzato le loro attività produttive in aree extra urbane, destinate a verde agricolo o a verde agricolo agevolato, e che hanno l’esigenza di ampliare le proprie attività nell’ambito delle rispettive aree di pertinenza, anche per poter competere a livello nazionale e internazionale. L’articolo 14 modifica l’articolo 46bis della 19/2020, specificando che tra le opere pubbliche dichiarate di preminente interesse pubblico, perciò escluse dal vincolo di demolizione se ricadenti nella fascia dei centocinquanta metri dalla battigia, rientrano anche i beni trasferiti al patrimonio indisponibile di Comuni, Liberi consorzi, Città metropolitane e Regione, per finalità istituzionali, dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc).

La seconda linea d’intervento

Cardine principale della seconda linea d’intervento è quella della modifica della legge regionale n. 78/1976 quella che, nel suo originario art. 15, introdusse l’obbligo dell’arretrarsi delle costruzioni di 150 metri dalla battigia e che, entro detta fascia sono consentite opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonché la ristrutturazione degli edifici esistenti senza alterazione dei volumi già realizzati. L’iter approvativo durante i lavori della Commissione aveva già suscitato perplessità e polemiche proprio per i due emendamenti che miravano, di fatto, a introdurre una sanatoria per gli immobili costruiti tra l’entrata in vigore della Lr 78/1976 e la c.d. legge Galasso, la L. 431/85, che ha introdotto a livello normativo una serie di tutele sui beni paesaggistici e ambientali.

L’articolo 23 della legge, che presto sarà in discussione in aula, prevede interventi che comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti e, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico.

Si spinge oltre, invece, l’art. 25 che modifica l’interpretazione dell’articolo 18 della legge regionale n. 78/1976 e dell’articolo 23 della legge regionale n. 37/1985, in materia di condonabilità delle costruzioni realizzate nella c.d. fascia di arretramento, per porre fine alla situazione di incertezza che si è venuta a creare. Questo significa che gli immobili costruiti nella c.d. fascia di arretramento tra l’entrata in vigore della Lr 78/1976 e la Lr 37/1985 potranno godere di una sorta di immunità che gli permette di diventare dallo status attuale di “edificio abusivo” a quello di “edificio costruito lecitamente”.

I dati indicano che, sulla fascia costiera siciliana, una cifra stimabile tra i 100.000 e i 150.000 edifici, oggi oggetto di ordinanze di abbattimento da parte dei sindaci competenti, all’indomani dell’entrata in vigore della nuova legge non potranno più essere demoliti. Si tratta, in realtà, non della sanatoria di una disparità esistente tra i cittadini dell’isola ma di una vera e propria sanatoria edilizia che premia chi, contravvenendo alla legge, ha ritenuto di poter essere “più furbo” di altri. Aumento del consumo di suolo e sanatoria edilizia, questa è la sintesi della proposta di legge 499/A, presentata con l’ambigua denominazione “Disposizioni in materia di urbanistica ed edilizia”.

“Non basta la legge regionale per sanare le opere abusive”

Intervista ad Agatino Cariola, professore ordinario di diritto costituzionale all’Università di Catania

Professore, il Ddl 449/A approvato dalla Commissione Urbanistica dovrà approdare in aula. Dalla sua lettura emerge un possibile aumento del consumo di suolo e proprio l’art.1 sostituisce la parola “impedire” con “contenere” forse snaturando l’intento primario della LR 19/2020. E’ legittimo?
“Cambia la formulazione dell’art. 1 della L. 19/2020, e l’ulteriore consumo di suolo sarà ‘contenuto’, ma non impedito. Mi sembra che la previsione rispetti meglio l’intento della legge, giacché ‘impedire’ il consumo di suolo è sì un’aspirazione meritevole, ma inapplicabile. Parlare di ‘contenimento’ è più realistico ed efficace”.

L’art. 12 del Dl 449/A prevede l’ampliamento di edifici esistenti a uso diverso dall’abitazione. Si tratta di un maggior consumo di suolo legittimo o in contrasto con l’attuale legislazione?
“Anche la modifica introdotta dall’art. 12 mi sembra ragionevole: se l’area è già qualificata come industriale, l’ampliamento degli edifici per usi strumentali e pertinenti all’attività esercitata non può ritenersi irragionevole. Forse sarebbe meglio precisare che la norma da introdurre si riferisce agli opifici nelle aree industriali, in maniera da chiarire e concentrare tali ampliamenti. Però, la norma parla espressamente di opifici industriali, forse è il ‘titolo dell’articolo’ a essere equivoco: edificio a uso diverso da quello di abitazione potrebbe essere anche un ufficio o una qualsiasi altra struttura in pieno centro cittadino, ed allora lì l’ampliamento non ha ragione di esistere anche per l’aumento del carico urbanistico. Ma ripeto: il testo della norma si riferisce agli opifici industriali”.

L’art. 23 del Dl 449/A prevede interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche agli immobili costruiti ante 1976 anche entro i 150 metri dalla battigia? Ritiene che sia legittimo o violi norme sia nazionali sia comunitarie?
“La ristrutturazione degli edifici già presenti nella fascia di 150 metri dalla battigia è già consentita dalla Legge regionale siciliana n. 78/1978. Ora si specifica che tale ristrutturazione può consistere anche nella trasformazione dell’edificio purché si conservi la volumetria originaria. Di per sè non può considerarsi tale previsione un vulnus alla tutela ambientale e paesaggistica. Faccio un esempio, se ci fosse una villa cadente a picco sul mare, perché non dare a Renzo Piano la possibilità di progettare la sua demolizione e la costruzione di un nuovo edificio? Perché impedire agli artisti contemporanei, ché tali dovrebbero essere architetti ed ingegneri, di esprimere le loro capacità? Il punto è che di Renzo Piano ce ne sono pochi e i proprietari, comunque, pensano di costruire un edificio che ospiti il maggior numero possibile di persone all’insegna di un facile arricchimento. Inoltre il problema è anche che alle Soprintendenze e alla Regione nessuno dice che un edificio progettato è brutto e non va realizzato. Nel merito, si direbbe. Chi studia storia dell’arte sa che nel Rinascimento e nel barocco gli artisti erano posti in competizione tra loro a realizzare opere belle che erano giudicate da un pubblico di colti, ad iniziare dai committenti pubblici e privati. Oggi abbiamo perso il senso del bello”.

L’art. 25 del Dl 449/A agisce direttamente sulla Lr 78/1976 dichiarando sanabili gli immobili costruiti dalla sua entrata in vigore all’entrata in vigore della “Galasso”, ossia il 1985. è possibile legiferare in questi termini? Si lede quanti hanno adempiuto la legge e si premiano quelli che hanno costruito abusivamente?
“L’art. 25 consente la sanatoria degli immobili costruiti entro la fascia di rispetto dalla battigia. A quasi quaranta anni dalla legge di sanatoria del 1985 ancora si discute di questo problema! Potrebbero essere ora sanate le opere realizzate tra il 1976 e il 1983 nella fascia di arretramento dalla battigia. Questa previsione risulta invero passibile di annullamento ad opera della Corte costituzionale. La giurisprudenza amministrativa, ad esempio la nota sentenza del Consiglio di Stato n. 20 del 1999, ha escluso la possibilità di condoni nelle aree di inedificabilità assoluta a partire dall’apposizione del vincolo. Nella specie il vincolo è stato posto direttamente dalla legge regionale del 1976, di modo che non esiste nessun affidamento in capo al soggetto proprietario che ha costruito abusivamente e, forse oggi, sui suoi eredi. Soprattutto, mi sembra insufficiente la modifica della legge regionale n. 37 del 1985”.

Perché?
“Allorché quest’ultima ha escluso la sanatoria sulle costruzioni realizzate a poca distanza dalla battigia, lo ha fatto in applicazione della legge di sanatoria statale, precisamente l’art. 33, lett. b), della legge n. 47 sempre del 1985, la prima legge di sanatoria. Ciò significa che non basta la legge regionale a rendere sanabili tali opere, ma occorre l’intervento del legislatore statale che è sempre quello che ‘decide’ se e come reprimere gli abusi come, per altro verso, se, quando e come sanarli. C’è poi un altro profilo da considerare: se la costruzione abusiva avesse dato al tempo occasione ad un giudizio penale, visto che parte della giurisprudenza ritiene reato permanente la conservazione dell’immobile abusivo, non sarebbe possibile una sanatoria disposta in ambito regionale, perché ciò finirebbe per discriminare tra i cittadini italiani, ‘condannati’ a Pizzo Calabro e invece ‘assolti’ a Punta Faro. La giurisprudenza costituzionale sull’accertamento di conformità è esplicita nel vietare alle leggi regionali di intervenire sul principio di eguaglianza dei cittadini in materia penale”.

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