Censiti oltre 26 mila siti con presenza di eternit, ma la mappatura è incompleta a causa della mancanza dei monitoraggi locali. Solo 113 Enti su 391 hanno trasmesso i piani e soltanto quello di Messina è aggiornato e completo. Alvano: “Costi troppo alti, necessario un coordinamento regionale”
Sono 26.313 i siti che, dal 2008 al 2023, sono stati censiti dalla Regione Siciliana, con presenza certa o con conclamata contaminazione da amianto. Si tratta di edifici residenziali, edifici agricoli o industriali e loro pertinenze, ospedali e case di cura, uffici della pubblica amministrazione, luoghi di culto e strutture cimiteriali oltre a scuole di ogni ordine e grado e condotte idriche, come nel caso delle reti di distribuzione di acqua del comprensorio irriguo Jato per le quali la Regione siciliana ha stanziato 11,3 milioni di euro per l’ammodernamento lo scorso mese di aprile. La rete è obsoleta e in precario stato di conservazione, con pericolose tubazioni in cemento-amianto che hanno largamente superato i limiti di vita per opere di questo tipo.
Il censimento deriva dalla mappatura effettuata attraverso i Piani comunali amianto, ma, al 31/12/2023 risultano, sulla base dei dati della Regione, solo 113 Piani presentati su 391 Comuni, meno del 30%. Di questi Piani, uno solo, quello di Messina, risulta essere trasmesso e aggiornato al 31/12/2023 mentre 33, seppur trasmessi, non sono aggiornati, 39 sono stati trasmessi parzialmente e 40 sono stati presentati incompleti.
“È evidente che i Comuni, quelli siciliani sicuramente, abbiano difficoltà rispetto agli atti di programmazione in generale – dichiara al QdS Mario Emanuele Alvano, segretario generale dell’Anci Sicilia –. Nel caso specifico, le ragioni sono di varia natura e va analizzato il contesto in cui i Comuni operano anche perché non mi risulta che sia disponibile una discarica specifica per il conferimento di questo materiale. Queste operazioni hanno, sia per il pubblico sia per il privato, costi significativi. Va considerato inoltre che circa 200 dei 391 Comuni siciliani sono piccoli e con un territorio limitato. Vale la pena chiedersi se siano necessari 391 singoli piani piuttosto che un coordinamento regionale, una sorta di tavolo di regia, che permetta di avere un dato complessivo e certo, anche in virtù delle competenze di rilevazione necessarie”. “I Comuni hanno sicuramente le loro responsabilità – prosegue Alvano – ma è necessario ottimizzare tempi e costi e, soprattutto, anche gli altri attori istituzionali si devono interrogare su come supportare i Comuni, su come intervenire in affiancamento. I dati del fenomeno sembra che siano gli stessi di diversi anni fa, quando partecipammo a un convegno organizzato da Legambiente, segno che, di là dei dati attuali, non è stato messo in atto nessun coordinamento regionale e non possiamo continuare, anno dopo anno, a commentare negativamente i dati”.
Per quanto riguarda invece le bonifiche, tra il 2015 e il 2023 sono stati ripuliti oltre 42 mila siti contaminati e rimosse oltre 65.000 tonnellate di materiale pericoloso. Nel solo anno 2023 sono stati 5.425 i siti bonificati e oltre 6.000 le tonnellate di amianto rimosse. Si tratta, principalmente, di serbatoi, tubazioni, condotte idriche e coperture.
Di particolare rilievo il numero delle scuole di ogni ordine e grado presenti nel Registro pubblico dell’isola. Si tratta, nel complesso, di ben 334 istituti scolastici iscritti nel Registro in quanto coperture, serbatoi o tubazioni sono state costruite con materiali riconducibili all’amianto e non ancora bonificati. Sono, inoltre, 20 gli ospedali e case di cura attenzionati per il medesimo motivo, risultano essere 131 gli uffici della Pubblica Amministrazione e 55 gli impianti sportivi.
Le morti per malattie legate all’amianto, o per meglio dire all’asbesto, negli ultimi dieci anni, sono state circa 60mila. Nell’anno 2023 l’Ona, l’Osservatorio Nazionale Amianto, ha censito circa 2.000 casi di mesotelioma, con un indice di mortalità, rapportato ai 5 anni antecedenti, di circa il 93% dei casi. Nello stesso anno sono state circa 4.000 le nuove diagnosi di tumore del polmone per esposizione ad amianto, al netto del fumo e degli altri agenti cancerogeni, con un indice di sopravvivenza, a 5 anni, stimato del 12% per un calcolo di circa 3.500 decessi. I dati sono stati diffusi in occasione della Giornata Mondiale delle Vittime di Amianto lo scorso 28 aprile.
Secondo le statistiche dell’Oms sono circa 125 milioni di lavoratori in tutto il mondo ancora esposti alla sostanza cancerogena, e più di 107mila che muoiono ogni anno a causa dell’asbesto. Per quanto riguarda l’Italia nel 2024, sono presenti “40 milioni di tonnellate di amianto all’interno di 1 milione di siti e micrositi, di cui 50mila industriali, e 42 di interesse nazionale. La situazione è ancora più drammatica, si legge nel report dell’Ona, in quanto “il pericoloso cancerogeno è presente anche negli edifici di 2.500 scuole, dato relativo al 2023, all’interno delle quali sono esposti più di 352.000 alunni e 50.000 soggetti del personale docente e non docente. La fibra killer risulta essere presente anche in 1.500 biblioteche ed edifici culturali e in oltre 500 ospedali, strutture che hanno hanno componenti in amianto nelle strutture e negli impianti tecnici, in particolare termici, elettrici e termoidraulici”.
Sempre secondo l’Ona, soltanto in Sicilia per quanto riguarda i mesoteliomi, si parla di circa 1.850 casi dal 1998 a oggi. E, considerando una mortalità del 93% nei primi cinque anni, si calcolano circa 1.720 decessi, cui se ne aggiungono circa 3.500 per tumore del polmone e ulteriori mille per le altre malattie asbesto correlate per un totale di oltre 6.200 morti. Numeri drammatici, che si ripetono ogni anno, senza che si riesca a far fronte al problema.
Tra i territori siciliani più esposti al fenomeno, c’è sicuramente Biancavilla, in provincia di Catania, legato alla presenza di una miniera in cui è presente la fluoro-edenite e all’esposizione dannosa a questo minerale della popolazione locale, che ha causato mesoteliomi, asbestosi e altre malattie. La fluoro-edenite si annovera tra i minerali di amianto, ma essendo stata recentemente classificata a livello geologico non è ancora stata annoverata nelle liste Inail e non è inserita nella definizione che la legge italiana dà di minerali di amianto. Le zone indicate dalla legislazione nazionale e regionale come ad alto rischio di crisi ambientale in Sicilia include tra, i siti di interesse nazionale per le bonifiche, sono quelle di Augusta-Priolo nella provincia di Siracusa, Gela nella provincia di Caltanissetta e Milazzo nella provincia di Messina, dove sono presenti importanti poli industriali operanti principalmente nel settore petrolchimico. A Gela si sono verificati casi di tumore del sangue al colon, asbetosi da amianto e malformazioni alla nascita. Negli ultimi anni, anche in considerazione dell’incrementata preoccupazione per la salute delle popolazioni residenti nei comuni inclusi in queste aree, sono stati avviati diversi programmi di monitoraggio dello stato di salute e di sorveglianza sanitaria ed epidemiologica.
Il problema delle morti che si riferiscono all’assorbimento del corpo umano di fibre di asbesto, è tornato, drammaticamente alla cronaca con la morte di Franco Di Mare, già giornalista dell’Unità poi inviato del Tg2, conduttore dello storico programma “Uno Mattina” e di “Frontiere” prima di diventare direttore di Rai3, avvenuta lo scorso 17 maggio. Lo aveva annunciato lui stesso poche settimane prima, il 28 aprile, quando pubblicamente denunciò “Ho un tumore molto cattivo, il mesotelioma: si prende respirando le particelle di amianto. Mi rimane poco da vivere ma non è ancora finita”. Pochi giorni prima, il 13 maggio, era morto a causa di un mesotelioma pleurico Mariusz Sodkiewicz, ex dipendente Rai di 62 anni che aveva denunciato di aver contratto la sua malattia nei corridoi di viale Mazzini e che a marzo aveva presentato una denuncia chiedendo di “individuare e giudicare i dirigenti responsabili per la mancata protezione dei dipendenti esposti all’amianto” nella sede centrale romana dell’emittenza pubblica di viale Mazzini.
Intanto, lo scorso giugno, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Palermo che aveva assolto i dirigenti di Fincantieri, Giuseppe Cortesi e Antonio Cipponeri, precedentemente condannati in primo grado per la morte di 39 operai a causa dell’esposizione all’amianto presso lo stabilimento di Palermo. La decisione della Cassazione richiede un nuovo processo d’appello conforme ai principi da essa stabiliti. Gli imputati erano stati assolti dalla IIa sezione della Corte di Appello di Palermo, la quale aveva ritenuto che l’esposizione all’amianto nello stabilimento Fincantieri di Palermo fosse cessata all’inizio degli anni ’80.
Tuttavia, la Cassazione ha giudicato errata questa valutazione, annullando con rinvio la pronuncia assolutoria. Ora si attende la celebrazione di un nuovo processo d’appello che dovrà tenere conto delle indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione, offrendo così una nuova opportunità di giustizia per le vittime e i loro familiari.
Intervista al presidente dell’Osservatorio nazionale amianto Ezio Bonanni
“In Italia 7 mila morti all’anno, ma le bonifiche purtroppo sono ferme”
L’Ona, Osservatorio nazionale amianto, è un’associazione di utilità sociale che assiste, rappresenta e difende cittadini e lavoratori esposti ad amianto e ad altri cancerogeni. La funzione dell’Ona è quella della tutela della salute. Il diritto alla salute è riconosciuto dall’art. 32 Cost. Recentemente, anche l’ambiente è tra i beni costituzionalmente protetti (art. 9 e 41 Cost.). L’incipiente aumento del numero di casi di cancro, compreso il tumore del polmone, pur con la diminuzione del numero dei fumatori, richiama l’attenzione sul problema dell’inquinamento. Perciò, l’Ona persegue la finalità di mantenere l’ambiente pulito, ovvero la salubrità dell’ambiente come valore imprescindibile. Interviene al QdS l’avvocato Ezio Bonanni, presidente di Ona.
Avvocato, sembra che, nonostante il tempo passi, i dati che si riferiscono ai morti sia costante, come se fosse un dato cristallizzato. Qual è la situazione in Italia?
“Non solo i dati sul numero dei morti sono cristallizzati, ma anche quelli l’amianto non bonificato presente sul nostro territorio. L’unica cosa non cristallizzata è il sangue delle vittime, che continua a scorrere”.
A suo giudizio c’è, di fondo, un’incapacità operativa della politica di fronte a questo problema di mettere in piedi un piano formalmente efficiente?
“Non solo formalmente efficiente ma anche sostanzialmente efficace per fermare questa epidemia che è la cosa più urgente”.
Quanti morti stiamo contando, all’anno?
“Circa 7.000 in Italia. Si tratta di un dato drammatico per il quale, in qualità di presidente dell’Ona, ho rivolto un appello al premier Meloni affinché siano incentivate le bonifiche dell’amianto e la messa in sicurezza, per ordine di priorità, alle scuole, agli ospedali e agli acquedotti ma, purtroppo siamo fermi”.
La Sicilia, anche a causa d’insediamenti industriali ad altissima pericolosità che solo oggi sono entrati nella fase di bonifica, continua ad essere un luogo di morte?
“La Sicilia è una regione ad alto rischio perché, nel tempo, sono state impiantate le attività più dannose per la salute, parlo delle raffinerie e altri siti, che portano il Pil generato nelle regioni del nord Italia lasciando in Sicilia i malati, i morti, le famiglie distrutte e i territori che pagano ilmprezzo di un inquinamento che si riverbererà nel futuro. Mi riferisco ad Augusta, a Priolo, alla Valle del Mela, a Gela e a Palermo, con i cantieri navali”.
Quanti morti contiamo in Sicilia?
“Solo nel 2023 siamo circa a 600 decessi per malattie correlate. Inoltre ci sono siti d’interesse nazionale che dovrebbero essere al più presto messi in sicurezza e bonificati mentre siamo ancora alla semplice caratterizzazione”.
I dati forniti dalla Regione Siciliana aggiornati al 31/12/2023 indicano che ci sono 334 scuole, 20 ospedali e 131 uffici della PA che sono ancora contaminati dall’amianto. Non interessa nessuno?
“È così. La politica è distratta e le morti per amianto hanno una lunga incubazione, con un tempo di latenza che può arrivare anche a cinquant’anni e la bonifica non ha quel riscontro immediato che permette di avere risultati immediati. Questo genera una scarsa attenzione della politica, che non ha l’occhio lungo per pensare al bene comune di tutti e ci sono, inoltre, una scarsa attenzione e capacità di voler affrontare quanto necessario per la soluzione tutela dell’ambiente e della salute che dovrebbero essere i problemi più importanti e rilevanti. A questo si aggiunge che dallo Stato centrale alla Sicilia arrivano meno risorse rispetto a quanto l’isola produca dal punto di vista della tassazione. Si aggiunge a questo una scarsa capacità dei vari presidenti di regione di far valere le proprie istanze quando siedono al Consiglio dei Ministri quando ci sono problematiche siciliane, dimenticando il fatto che la Sicilia produce un Pil elevato che, però, è riconosciuto a regioni come la Lombardia o il Lazio. Sarebbe necessario sollecitare una maggior attenzione e un diverso equilibrio per riuscire a far rimanere una parte della tassazione sull’isola proprio per effettuare le bonifiche dei territori contaminati”.
Sulla scorta di tutti i casi italiani che ha seguito, è stata riscontrata, anche per colpa di questo tempo di latenza lungo, una sorta di ereditarietà genetica che è tramessa alle nuove generazioni?
“Assolutamente sì. In realtà l’amianto determina dei danni genetici che il genitore, inevitabilmente, trasmette ai nascituri. Non è un casuale che si siano riscontrati casi in cui padre e figlio sono portatori del medesimo mesotelioma. A Gela, ad esempio, abbiamo riscontrato anche il problema di feti che hanno danni legati a sostanze mutagene. Purtroppo la Sicilia è stata per troppo tempo una colonia delle aziende del nord Italia e di quelle dello Stato. Purtroppo i politici siciliani nel Parlamento non sono riusciti a incidere positivamente su questo problema”.
Sicilia vittima d’interessi economici, quindi…
“Di quelli delle grosse multinazionali mentre dovrebbe esserci, proprio da parte di queste aziende, un riequilibrio compensativo attraverso la bonifica. Quando io, oggi, penso alla mafia, non penso a quella della coppola ma a quella che produce Pil in Sicilia, la inquina e porta i vantaggi del proprio Pil nelle regioni del centro e del nord”.
Non a caso, oggi, si parla di ecomafie…
“Esattamente. Questo tema andrebbe approfondito non solo dal premier Meloni ma anche dalla Commissione Nazionale Antimafia che dovrebbe indagare sulle ecomafie, sull’inquinamento dei territori e su di chi ne ha tratto utile. Il vecchio stereotipo della mafia dei campieri è sparito e oggi, come diceva Giovanni Falcone, è necessario arrivare alle ‘menti raffinatissime’ che governano questi contesti proprio partendo dalle ecomafie, da chi inquina e contamina, da chi, in fondo, trae profitto anche sulle morti per amianto. Quelle morti, o meglio queste morti, sono il sintomo di un problema più grande su cui ancora non si è investigato, ma è necessario farlo quanto prima”.
Che cos’è il mesotelioma
Il mesotelioma è il tipo di tumore che colpisce le cellule mesoteliali, ossia le cellule che costituiscono il mesotelio, lo strato di cellule epiteliali che avvolge la superficie esterna di pleura, peritoneo e pericardio, come anche la tunica vaginale del testicolo. Cellule mesoteliali sono presenti anche in altri organi come fegato e rene. La pleura è costituita da uno strato esterno (pleura parietale), che aderisce alla parete toracica, e da uno strato interno (pleura viscerale), che aderisce al polmone. Il peritoneo è una membrana mesoteliale, molto sottile, in cui si riconoscono uno strato esterno (peritoneo parietale), che riveste la cavità addominale e parte di quella pelvica, e uno strato interno (peritoneo viscerale), che avvolge gran parte degli organi (fegato, stomaco, intestino, ecc.) interni, fissandoli in tal modo alle pareti della cavità.
Il mesotelioma è il tumore che, nella gran parte dei casi, colpisce pleura, peritoneo o pericardio. È una malattia abbastanza rara la cui frequenza di 0,5-2 casi su un milione l’anno, ancorché con variazioni nei vari paesi, è aumentata dall’inizio degli anni settanta, probabilmente a causa della maggiore esposizione all’asbesto considerato come causa primaria. In Italia, sulla base degli elevati consumi di asbesto registrati dal secondo dopoguerra fino alla messa al bando del 1992, gli studi epidemiologici prevedono che i decessi raggiungeranno il picco intorno al 2015, ma poi caleranno sensibilmente. Il mesotelioma pleurico è molto più frequente (circa l’80% dei casi) di quello peritoneale e pericardico. Il tumore può interessare anche organi diversi come tunica vaginale del testicolo e fegato. Pur essendo molto rare, queste forme sono però particolarmente insidiose, perché, generalmente, non danno luogo a sintomi precoci di qualche rilievo, e la malattia si manifesta quando ha raggiunto uno stadio avanzato, refrattario a qualunque forma di terapia.
Il fattore di rischio più importante per il mesotelioma è l’esposizione all’asbesto; infatti, la maggior parte delle persone colpite dalla malattia ha una storia di esposizione a polveri o particelle di questo minerale. Il semplice contatto con indumenti contaminati da asbesto rappresenta un fattore di rischio. Se una persona esposta all’asbesto si ammala da mesotelioma, la relazione tra esposizione alle fibre e sviluppo della malattia è indiscutibile. Tuttavia, il mesotelioma è stato diagnosticato anche in assenza di documentata esposizione all’asbesto.
In alcuni casi molto rari, il mesotelioma è stato attribuito all’inalazione di altre fibre (erionite) oppure all’esposizione al Thororast, composto contenente diossido di torio, utilizzato fino agli anni quaranta come mezzo di contrasto radiografico. Secondo gli organismi di controllo statunitensi e britannico, non esiste un limite di esposizione all’asbesto privo di rischi. Sembra, però, che esista un rapporto lineare tra esposizione e incidenza della malattia: maggiore è la dose cui si è stati esposti, maggiore è la probabilità di ammalarsi. Il tempo di esposizione all’asbesto in grado di causare il mesotelioma è estremamente variabile, da 1-3 mesi a oltre 40 anni. Si ritiene che l’intervallo medio intercorrente tra esposizione e insorgenza del mesotelioma sia intorno ai 40 anni.
Asbesto, amianto e eternit: facciamo un po’ di chiarezza
L’asbesto è un insieme di minerali del gruppo dei silicati appartenenti alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. In Italia la legge prevede l’utilizzo del termine ‘amianto’ per indicare sei differenti minerali, ossia actinolite, amosite, antofillite, crisotilo, crocidolite e tremolite che, oltre ad avere in comune una morfologia fibrosa sono stati ampiamente utilizzati per le loro particolari proprietà fisiche e chimiche. I termini asbestiforme e fibroso sono utilizzati per composti aventi caratteristiche morfologiche simili agli asbesti.
L’asbesto è resistente al fuoco, ad agenti chimici e biologici, all’abrasione e all’usura; ha notevole resistenza meccanica e alta flessibilità grazie alla sua struttura fibrosa; è fonoassorbente e termoisolante; si lega facilmente con materiali da costruzione quali calce, gesso e cemento (Eternit), come anche con alcuni polimeri (gomma, PVC); è facilmente ridotto in fili con i quali si realizza uno speciale tessuto.
Le fibre di asbesto sono lunghe tra 3 e 20 micron e larghe circa 0,01 micron. Sono praticamente invisibili a occhio nudo; tenendo conto che lo spessore di un capello varia tra 17 e 181 micron, in un centimetro quadrato possono affiancarsi fino a 335.000 fibre contro 250 capelli. Le fibre di asbesto danno luogo alla formazione di un lattice cristallino in cui le molecole sono allineate le une accanto alle altre e tenute insieme da legami piuttosto deboli, quindi possono liberarsi facilmente, disperdendosi nell’ambiente circostante, nell’aria e nell’acqua potabile, anche se proveniente da fonti naturali. Quantità pericolose di fibre di asbesto si trovano anche nei polmoni d’individui non esposti professionalmente al minerale.
L’asbesto giacente nei depositi geologici è definito “naturale” tuttavia, non è chiaro se questi depositi rappresentino un rischio per la salute dell’uomo ma la legge vieta in ogni caso l’estrazione del minerale, come anche la produzione, importazione, commercio e utilizzazione di materiali contenenti asbesto. Norme altrettanto rigide sono state introdotte anche nel resto d’Europa sulla base di studi epidemiologici che hanno dimostrato l’alta pericolosità dell’inalazione di fibre di asbesto rilasciate nell’ambiente in conseguenza di un qualsiasi tipo di sollecitazione meccanica, eolica, da stress termico o se esposto all’acqua piovana, come può accadere sulle onduline di eternit che hanno l’apparenza del cemento, ma che in realtà sono fatte di polvere cementizia e asbesto. La pericolosità delle fibre di asbesto deriva dalle loro piccolissime dimensioni.
L’asbesto è stato utilizzato fino agli anni ottanta per produrre l’Eternit. Per anni è stato considerato un materiale estremamente versatile impiegato nella costruzione di navi e treni; come materiale per l’edilizia come tegole, pavimenti, tubazioni, vernici, canne fumarie ma anche nella realizzazione delle tute dei vigili del fuoco, nelle auto, vernici e parti meccaniche ma anche nella fabbricazione di corde, plastica e cartoni. La polvere di asbesto è stata largamente utilizzata, in passato, anche nella filtrazione dei vini.