Occorre contemperare le istanze di tutti i soggetti non trascurando gli aspetti legati all’etica personale
La Corte Costituzionale ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
In attesa di un indispensabile intervento del legislatore la Corte Costituzionale ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente.
I Giudici Costituzionali avevano sospeso il proprio giudizio nel settembre del 2018, invitando il Parlamento a legiferare per sanare un grave vuoto normativo, ma dopo un anno, preso atto del perdurare della mancanza di una norma organica in materia di fine vita che contempli la possibilità del suicidio assistito alle determinate condizioni indicate dalla Corte, hanno emesso una Sentenza storica che, fin da subito e ancor prima che il testo con le motivazioni venga depositato, ha scatenato una quantità di reazioni dal mondo religioso a quello politico, a quello medico.
Tutti hanno già espresso la propria opinione e il proprio punto di vista, accendendo spesso una polemica che non sembra destinata a placarsi, anzi certamente si andrà rinfocolando man mano che passeranno i mesi e, soprattutto, non appena avrà inizio quell’iter legislativo tanto atteso e divenuto a questo punto non più eludibile.
Oltre all’inevitabile e attesa opposizione della Chiesa cattolica che già a caldo aveva espresso grande contrarietà rispetto alla Sentenza se non addirittura sdegno in nome della sacralità della vita, abbiamo anche registrato le immancabili prese di posizione post-ideologiche di cui forse non si avvertiva la necessità, anche per la scarsa chiarezza con cui vengono esplicitate. E inevitabilmente, come sempre accade su temi etici di grande portata, assisteremo al progressivo formarsi di due opposte correnti di pensiero, i favorevoli e i contrari, entrambi a tutti i costi ed è ampiamente prevista l’escalation di tensioni e di frizioni destinate ad inasprirsi col tempo.
Il Presidente Nazionale della FnomCeo, Filippo Anelli, all’indomani della Sentenza ha dichiarato il massimo rispetto per il giudizio della Corte ma al tempo stesso ha chiesto di lasciar fuori il medico dalla procedura di suicidio assistito senza la necessità di ricorrere all’obiezione di coscienza, richiamata dalla stessa sentenza, di cui invece altri soggetti nemmeno vorrebbero sentir parlare. Il Presidente Anelli, richiamando il Giuramento di Ippocrate, ha voluto porre l’accento sul ruolo connaturato alla professione medica che è quello di chi combatte le malattie, prova a ridurre le sofferenze e ad allontanare la morte. Da ciò deriva come il suicidio non possa essere un atto medico e non può essere il medico ad avviarlo. Viene invocata quindi l’istituzione di una o più figure non mediche, che sulla scorta delle condizioni irreversibili di malattia già accertate, si facciano carico della procedura nei suoi vari aspetti.
Ad Anelli, nel suo ruolo istituzionale di vertice dei medici italiani, hanno risposto in tanti, a volte in con argomentazioni di rilievo ma spesso in maniera assai aspra. Qualcuno si è spinto a definire “eversiva” la posizione degli Ordini dei Medici sul suicidio medicalmente assistito, affermando anche come il Giuramento di Ippocrate cui si ispira ancora oggi il Codice Deontologico dei medici sia ampiamente superato in quanto scritto in ben altra epoca e contesto culturale. Qualcun altro ha replicato, più tecnicamente, che proprio le implicazioni procedurali del suicidio assistito non consentirebbero al medico di chiamarsi fuori dal problema.
Di mezzo ci sono gli aspetti legati al ruolo di certificatore delle condizioni di salute del soggetto, del ruolo di prescrittore del farmaco, di somministrazione dello stesso e di sorveglianza delle fasi del processo di suicidio assistito atta ad evitare disagi o ulteriori sofferenze al paziente. Su tali basi il ruolo del medico viene visto come ineludibile rispetto ad un percorso che in nome del sacrosanto diritto all’autodeterminazione del paziente rischia tuttavia di costringere un’intera categoria professionale al rispetto di obblighi in profondo contrasto con il proprio sentire e con il proprio bagaglio etico.
Secondo altri la FnomCeo e i medici italiani rischiano invece di rimanere indietro rispetto alle attuali esigenze sociali e anche rispetto all’evoluzione della medicina moderna, i cui criteri non sono immutabili ed eterni ma cambiano con le esigenze di salute, col mutare delle conoscenze, dei bisogni, del senso di dignità personale. E ancora la FnomCeo per bocca del suo Vicepresidente Nazionale, Giovanni Leoni, ha tenuto a precisare come il medico sia tenuto ad assistere il paziente fino alla fine, anche in caso di suicidio, ma come altresì non serva necessariamente un medico per spegnere l’interruttore di un respiratore artificiale o per somministrare un farmaco.
Secondo Leoni l’aspetto attivo del suicidio assistito non può essere demandato al medico, ma va identificata una figura diversa dal medico. Viene posto l’accento sulla drammaticità del compito del medico quando si trova ad accompagnare il paziente nelle fasi finali della propria esistenza mediante terapie di fine vita, ma ben altra rilevanza assume il coinvolgimento obbligatorio del medico nel suicidio assistito, se non nella parte di sua competenza come nella certificazione della irreversibilità di una malattia. Anche il Presidente del Consiglio Conte ha recentemente dichiarato, nel rispetto della Sentenza della Corte costituzionale, che il principio di autodeterminazione non può comunque sottendere l’obbligo nei confronti di personale specializzato e che va salvaguardato il diritto all’obiezione di coscienza.
Insomma, come detto in premessa, le posizioni sono varie e spesso espresse con una certa ruvidezza che è invece proprio quella da evitare. L’auspicio sarebbe quello che, in mezzo ad una dicotomia di pensiero tanto netta, si vada formando anche una gamma intermedia e variegata di posizioni più moderate e possibiliste, aperte al dialogo e all’ascolto. È forse banale dire (ma forse no!) che la strada maestra da seguire dovrebbe essere quella della massima apertura al confronto, con il coinvolgimento di tutti gli attori, che porti alla promulgazione di una Legge che tenga conto dei diritti della persona ma che contemperi allo stesso tempo le istanze e le peculiarità di tutti i soggetti, non trascurando gli aspetti legati all’etica personale. L’importante è far presto in modo da svelenire il campo di una contesa che rischia di incrinare i rapporti all’interno di una categoria professionale che certamente non ravvisa il bisogno di ulteriori spaccature al suo interno.
Giuseppe Riccardo Spampinato
Decreto attuativo della Legge Gelli: è polemica su Ecm e rivalsa assicurativa
La Legge Gelli, promulgata nel mese di aprile 2017, prevedeva l’emanazione di una serie di Decreti attuativi della nuova normativa riguardante la sicurezza delle cure e la responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie. Sono passati oltre due anni dalla sua entrata in vigore e, pur con grave ritardo (i termini fissati dalla Legge erano di centoventi giorni), sembra stia prendendo forma il Decreto attuativo previsto all’art. 10, comma 6, finalizzato a stabilire i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie pubbliche e private e per gli esercenti delle professioni sanitarie ed individuare i requisiti minimi di garanzia e le condizioni generali di operatività delle polizze assicurative.
Dopo una serie di ritardi e rinvii ed una lunga attesa, da alcune settimane circola una Bozza di Decreto che è però ancora al vaglio del Ministero per lo Sviluppo Economico. Prima ancora della sua definitiva adozione, il testo del Decreto ha scatenato un mezzo putiferio per l’introduzione, all’art. 3, comma 3, della possibilità di rivalsa da parte della Compagnia Assicuratrice nei confronti degli esercenti le professioni sanitarie non in regola con gli obblighi formativi, quindi di coloro che non hanno raggiunto i 150 Crediti Ecm nel triennio di riferimento.
Si è quindi iniziato a parlare dei preminenti interessi dei formatori se non delle spinte lobbistiche delle compagnie assicuratrici a discapito degli operatori sanitari che la stessa Legge aveva provato a salvaguardare, seppur in maniera non del tutto esaustiva e lontana dalle aspettative dei diretti interessati, dalla crescita esponenziale di richieste risarcitorie che nella maggior parte dei casi non trova alla fine ragion d’essere ma che continua tuttavia a rappresentare un problema non indifferente per gli operatori sanitari. Qualcuno si è spinto a ipotizzare che la norma tecnica contenuta nel Decreto Attuativo possa rendere vana la copertura assicurativa per “colpa grave” resa obbligatoria dalla Legge Gelli, mentre, al contrario delle precedenti, altre argomentazioni giuridiche denunciano invece una limitazione del diritto di rivalsa delle Assicurazioni nei confronti di coloro che abbiano “semplicemente” assolto agli obblighi formativi, spingendosi ad affermare di essere per tale ragione in presenza di eccesso di delega rispetto alla norma primaria e quindi di illegittimità del Decreto attuativo come formulato in Bozza.
Leggendo il testo diffuso di recente, si evince come la Compagnia Assicuratrice mantenga in ogni caso l’obbligo di risarcire l’eventuale danneggiato, con la possibilità di rivalersi sull’esercente le professioni sanitarie che non abbia regolarmente assolto all’obbligo formativo e di aggiornamento previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina per il triennio precedente la data del fatto generatore di responsabilità. A parte l’impraticabilità della retroattività della norma introdotta che creerebbe un discutibile discrimine nei confronti di chi negli anni passati non era in regola con i suddetti obblighi formativi, il problema vero consiste nel fatto che il Decreto attuativo identifica erroneamente, proprio al contestatissimo art. 3, comma 3, i soggetti nei confronti dei quali viene resa possibile la rivalsa da parte dell’Assicurazione, quando afferma che questi sono gli esercenti le professioni sanitarie a qualunque titolo operanti presso strutture sanitarie pubbliche o private.
Ciò è in contrasto con l’art. 12, comma 1 della stessa Legge Gelli che disciplina l’azione diretta del danneggiato (e quindi la successiva eventuale possibilità di rivalsa della Assicurazione) affermando che questa possa essere esercitata solo nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche e private e dei libero-professionisti, escludendo pertanto proprio i soggetti citati nel Decreto, cioè gli esercenti delle professioni sanitarie che operano per conto della struttura pubblica o privata della quale sono dipendenti. Il testo presentato in Bozza sarebbe pertanto incompatibile con la Legge che si propone di regolamentare ed essendo norma di rango inferiore, il Decreto non ha la possibilità di apportare variazioni alla Legge da cui scaturisce. Ne deriverebbe l’inapplicabilità della rivalsa anche in presenza di mancato assolvimento agli obblighi formativi così come previsti al citato art. 3, ma allo stesso tempo non sarebbe applicabile il principio di rivalsa nei confronti della struttura o del libero-professionista come previsto all’art. 12 comma 3 della Legge.
Al di là dei pur rilevanti cavilli giuridici, la discussione sul Decreto attuativo ha riacceso i riflettori sul tema dell’educazione continua in medicina, degli obblighi formativi e della sua reale utilità ed efficacia. La normativa sugli ECM nasce nel 2002 e la competenza del Programma Nazionale dal 2008 è stata trasferita dal Ministero della Salute ad Agenas. Nel 2011 è stato fatto carico agli Ordini professionali il compito di verificare l’effettivo assolvimento degli obblighi formativi delle varie figure professionali e di comminare le relative sanzioni. Tutti i soggetti coinvolti sanno perfettamente quanto inadeguato sia oggi questo sistema formativo basato principalmente sulla cosiddetta Formazione a Distanza (FAD) che spesso viene espletata su argomenti lontani anni luce dal campo di interesse del singolo professionista, sempre più oberato di lavoro sul campo e con sempre meno tempo a disposizione per partecipare ad attività di aggiornamento professionale realmente efficaci e specifiche rispetto alla sua sfera di interessi e alla sua attività.
L’obbligo dell’ottenimento dei Crediti ECM ha alla fine rappresentato unicamente un ulteriore fardello burocratico sulle spalle dei professionisti della salute che spesso si traduce anche in onere economico dal momento che la maggior parte di questi Corsi formativi sono a pagamento. Invece che raggiungere il traguardo di avere un Ssn fatto di professionisti sempre aggiornati e adeguatamente preparati nel loro campo, l’unico risultato raggiunto è stato finora quello di aver foraggiato il mercato degli Ecm, con il sorgere e prosperare di piattaforme online cui si ricorre pur di sbarazzarsi in tempo dell’incombenza dei Crediti, ridotti al rango di fastidiosa pastoia burocratica alla quale non ci si può comunque sottrarre.
Organizzazioni sindacali come Cimo vengono incontro alle esigenze dei propri iscritti in tale ambito riuscendo a garantire i 50 Crediti formativi all’anno necessari ad ottemperare agli obblighi normativi, ma non si può comunque non condividere la necessità, richiesta da più parti, di rivedere radicalmente la materia attinente l’aggiornamento professionale che andrebbe regolamentata in maniera profondamente diversa correlandola alla disciplina di interesse del professionista al quale andrebbe però realmente consentito di esercitare il proprio diritto/dovere di aggiornarsi nelle sedi più opportune e qualificate, inserendo magari nel computo dei Crediti i ben più proficui periodi di frequenza presso strutture sanitarie di eccellenza piuttosto che continuare ad annoiarsi, magari nei ritagli di tempo durante un turno di guardia, davanti al monitor del proprio Pc seguendo un fantomatico quanto inutile Corso Fad sulla peronospora della vite americana.
Giuseppe Bonsignore
Online il portale cimoservizi.it
Nasce Cimo Servizi Srl, il portale esclusivo di vantaggi e tutele dedicato agli iscritti Cimo. Dal 1° ottobre 2019 è attiva la piattaforma online all’indirizzo www.cimoservizi.it, un sito web dove tutti gli iscritti Cimo possono accedere facilmente dopo aver effettuato una rapida procedura di Registrazione per la quale è solo necessario essere in possesso del numero di iscrizione a Cimo, ottenibile per chi non l’avesse ancora o l’avesse smarrito contattando le rispettive Segreterie Regionali o la Segreteria di Cimo Servizi al numero 011.54.19.45 dal lunedi al venerdi dalle ore 13 alle 15.
Una volta inserito numero di iscrizione a Cimo, username e password, l’iscritto riceverà una mail per la conferma con un link per il completamento della procedura di Registrazione. Una volta completata la procedura, potrà verificare e aggiornare i propri dati personali ed avere accesso a tutti i Servizi Cimo tra i quali troverai la Tutela Legale gratuita, i prodotti Assicurativi dedicati alla Responsabilità Professionale, le Polizze per l’assistenza sanitaria integrativa per tutta la famiglia, la Formazione a Distanza con la garanzia di ottenere gratuitamente i 50 Crediti Ecm obbligatori da espletare ogni anno, il servizio Questi professionali dove è anche possibile consultare una vasta Banca Dati con pareri e approfondimenti, le Convenzioni Cimo per l’Assistenza Fiscale gratuita, per l’Autonoleggio e Hotel, la verifica della Busta Paga ed infime, grazie al Network SoloxTe, si potrà scegliere tra oltre 100 Convenzioni riguardanti lo shopping, il tempo libero, le vacanze, il benessere di tutta la famiglia, i viaggi di istruzione e i corsi di lingua straniera.