Aglio di Nubia, un’eccellenza siciliana colpita dalla crisi - QdS

Aglio di Nubia, un’eccellenza siciliana colpita dalla crisi

redazione

Aglio di Nubia, un’eccellenza siciliana colpita dalla crisi

Biagio Tinghino  |
sabato 08 Ottobre 2022

Un periodo poco fortunato per i produttori colpiti prima dalle piogge abbondanti e dall’aumento dei materiali di produzione

PACECO (TP) – Negli ultimi decenni, a causa di molteplici fattori (contaminazione da altri tipi di aglio, esodo dall’agricoltura, ecc.), il tradizionale bulbo dell’aglio rosso di Nubia rischiava di perdersi. Nel 2002, dall’impegno di alcuni appassionati e di alcuni produttori di aglio, nacque l’omonimo Presidio Slow Food, che ha reso noto l’antico bulbo, riuscendo ad ottenere sempre maggiori estimatori.

Nel 2015 circa, i produttori del Presidio unitamente ad un’altra quindicina circa di altri produttori, hanno formato un consorzio per la “tutela e valorizzazione dell’aglio rosso di Nubia”. Grazie al loro lavoro recentemente è stata avviata la pratica per ottenere la DOP (Denominazione di Origine Protetta).

L’aglio rosso di Nubia, oggi, ha esteso il suo territorio di produzione non solo nella frazione di Nubia ma anche tra i comuni di Trapani e Paceco, in terreni aventi le stesse caratteristiche del territorio Nubioto (definizione dialettale, di ciò che proviene da Nubia). Conservando l’aroma, tipico e difficilmente eguagliabile, che lo ha reso famoso, per tutta l’Italia ed anche oltre, e coltivato secondo tecniche tradizionali, seguiti dall’essiccazione naturale del raccolto. Proprio per la tipologia e la posizione pedo-climatica dei terreni di coltivazione, uniti alle sapienti tecniche di produzione, principalmente manuali, l’aglio rosso di Nubia acquisisce un altissimo contenuto di allicina (sostanza che dà il sapore all’aglio).

Viene coltivato in asciutto, in terreni scuri e prevalentemente argillosi, in rotazione con melone, leguminose e grano duro. Si semina dalla seconda decade di dicembre alla fine di gennaio, ma in annate particolarmente piovose la semina può protrarsi anche fino alla fine di febbraio. La raccolta va effettuata a inizio giugno, la mattina presto o la sera, quando il calore del giorno non compromettere l’integrità delle foglie secche, necessarie per la successiva opera di intrecciatura dei bulbi.

La stagione di raccolta dell’aglio siciliano è sostanzialmente terminata a fine giugno. Dalla semina alla prima raccolta, la stagione dura circa 6/7 mesi (dicembre- giugno). Data la naturale shelf life del prodotto, il periodo di vendita varia in base alle richieste: più alta è la domanda, tanto più breve è il periodo commerciale. Ne abbiamo parlato con Giovanni Manuguerra, produttore di Paceco (Tp).

“Il nostro è un prodotto relativamente di nicchia – ha detto il produttore – con delle caratteristiche organolettiche particolari. L’aglio rosso di Nubia prende la sua denominazione dalle tuniche rosse dei suoi bulbilli (o spicchi) e dal nome di una piccola frazione, ove viene coltivato da tempi remoti, su terreni di natura prevalentemente argillosi, in un micro-ambiente unico, adottando antiche tecniche colturali. Basti pensare che la nostra località è soprannominata nel circondario come il paese dell’aglio, per capire come il prodotto si identifichi profondamente con il territorio”.

“Per quanto riguarda la campagna commerciale – ha continuato Manuguerra – vorrei fare una premessa che spiega la differenza tra questa stagione e quelle precedenti. Se fino all’anno scorso i prezzi sono stati in linea con quelli delle campagne precedenti, quest’anno onestamente siamo stati costretti a ritoccarli al rialzo a causa degli aumenti pazzeschi di carburanti, fertilizzanti, energia elettrica etc. Viviamo un periodo poco fortunato per tutti, ma per noi c’è stata l’aggravante delle piogge sovrabbondanti in fase di pre-semina, nell’autunno/inverno scorso, che ci ha impedito di preparare i terreni per la semina in maniera ottimale. Oltre all’aumento dei costi dei materiali per la produzione, dunque, abbiamo subito un ulteriore aumento dei costi per cercare di recuperare le superfici perdute. Un intento, quest’ultimo, che non ci è riuscito, con gravi conseguenze sulle economie aziendali. Come conseguenza diretta, abbiamo dovuto incassare tre colpi almeno: l’aumento dei costi generali, come già accennato; l’esito di una campagna non ideale, con una grossa percentuale di prodotto avente almeno un -40% sui calibri; infine, un -30/40 % di produzione in meno sulle superfici totali”.

“In questo contesto generale, davvero sconfortante – ha concluso Giovanni Manuguerra – abbiamo dovuto registrare che 1 kg di aglio finito, pronto per la commercializzazione ci è costato 3 euro per produrlo, mentre alla vendita è stato ceduto (prevalentemente ai commercianti all’ingrosso) a 3.80 – 4 euro al kg. I margini, come si può facilmente comprendere, sono minimi se non inesistenti, pur in un’annata che vede una forte riduzione dell’offerta”.

Nel 2009 è stato ideato e brevettato un nuovo tipo di confezionamento privo di packaging, denominato “canestrino”, composto da pochi bulbi, per venire incontro alle richieste di mercato che chiedeva confezioni di aglio sempre più piccole.

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