Le previsioni di Paolo Guarnaccia, docente di Agricoltura biologica e di Gestione sostenibile dei sistemi colturali presso il Dipartimento di Agricoltura dell’Università di Catania
Il sistema alimentare globale contribuisce al cambiamento climatico e quali rischi corre l’agricoltura siciliana? Ne abbiamo parlato con Paolo Guarnaccia, docente di Agricoltura biologica e di Gestione sostenibile dei sistemi colturali presso il Dipartimento di Agricoltura dell’Università di Catania.
Che responsabilità ha l’agricoltura rispetto all’aumento delle emissioni?
“L’agricoltura è vittima ma anche causa dei cambiamenti climatici – ha precisato Guarnaccia -. Negli ultimi cinquanta anni ha dato e continua a dare un grande contributo all’aumento della concentrazione di gas climalteranti come CO2, metano e protossido di azoto. Si pensi che circa il 30% dei gas serra provengono dal mondo agricolo. Paradossalmente l’agricoltura potrebbe invece essere l’unica attività umana in grado di contrastare, con effetti importanti, i cambiamenti climatici, perché il carbonio può essere catturato, sia nel suolo che attraverso un piano di riforestazione in un’ottica sia ambientale che produttiva. La Sicilia, un tempo, era coperta da vegetazione mentre oggi, soprattutto i terreni agricoli seminativi, sono stati disboscati a discapito della permanenza della biodiversità, non solo vegetale ma anche animale, e del contrasto all’erosione, alla desertificazione e al dissesto idrogeologico. La riduzione del numero di alberi e l’utilizzo massiccio di sostanze chimiche in agricoltura ha determinato in Europa negli ultimi 40 anni la scomparsa di 600-900 milioni di uccelli, importanti indicatori sullo stato dell’ambiente insieme agli insetti impollinatori che, in mancanza di piante che producono nettare e polline, si sono ristretti abbondantemente”.
Quali sono le pratiche agricole più invasive, potenzialmente dannose per l’ecosistema?
“Chimica e meccanizzazione pesante in agricoltura – ha rivelato Guarnaccia – stanno danneggiando il pianeta: ancora 850 milioni di persone al mondo soffrono per la fame mentre un miliardo e mezzo di persone si ammalano perché mangiano troppo e male. Dobbiamo rivedere il sistema di produzione alimentare operando una transizione agroecologica per produrre un effetto positivo sul contrasto ai cambiamenti climatici, sulla salute dell’uomo e sulla qualità del suolo, evitando inoltre lo spreco di cibo. Si parla spesso di Agricoltura 4.0 ma non nel contesto agroecologico. L’agricoltura di precisione deve servire ai piccoli agricoltori che mantengono la biodiversità, che tutelano il paesaggio evitando il dissesto idrogeologico, che forniscono cibo per il nuovo mercato, quello del corto-raggio che sarà, secondo me, quello del futuro.In Sicilia dobbiamo produrre del cibo che deve essere consumato, prima di tutto, in ambito regionale, dobbiamo ritornare a rifornirci dai piccoli produttori. Serve una visione condivisa tra le istituzioni regionali, il mondo della ricerca e quello delle imprese agricole”.