Asse Italia-Israele contro le fitopatie nel Mediterraneo - QdS

Asse Italia-Israele contro le fitopatie nel Mediterraneo

Chiara Borzi

Asse Italia-Israele contro le fitopatie nel Mediterraneo

mercoledì 12 Luglio 2023

Nei giorni scorsi un workshop internazionale bilaterale organizzato dalla Tel Aviv University con la collaborazione di UniCt. Le produzioni possono essere salvate grazie al miglioramento genetico

TEL AVIV – La presenza di fitopatie (malattia delle piante) nel Mediterraneo, a minaccia delle produzioni di qualità che mettono al centro degli scambi economici anche la Sicilia, richiede un’azione di sorveglianza continua e rilancia il ruolo delle collaborazioni accademiche che studiano il fenomeno. Il workshop bilaterale italo-israeliano organizzato alla Tel Aviv University “Cibo sano da piante in salute: la gestione delle malattie delle colture mediterranee in un ambiente che cambia”, in collaborazione con il Di3A (Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente) dell’Università di Catania, ha ribadito l’importanza delle partnership internazionali.

“I workshop con Paesi affini per geografia e produzione – ha dichiarato a margine dell’evento la professoressa Alessandra Gentile, promotrice del workshop, docente ordinaria di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree dell’Ateneo catanese – sono fondamentali. La partnership scientifica con le istituzioni di ricerca israeliane è iniziata oltre quarant’anni fa ed è ancora attiva. A eccezione della parziale condizione desertica dello stato d’Israele, le colture presenti nei due Paesi che hanno organizzato il workshop sono simili e per questo condividiamo il sapere che nasce dall’aver studiato e affrontato le varie fitopatie e i sistemi colturali comuni”.

L’Italia – ha aggiunto – che è stata devastata dalla Xylella in olivo, ha permesso a Israele di beneficiare della propria esperienza nella battaglia alla Xylella, che Israele sta combattendo sul mandorlo. Lo scambio anche di germoplasma, di varietà coltivate nei due Paesi può contribuire a valutare il comportamento nei due ambienti nei confronti delle malattie. Il workshop italo-israeliano è stato voluto fortemente dall’ambasciata italiana in Israele, ma anche dalla Camera di Commercio Italia-Israele, nonché dall’Università di Tel Aviv nella figura del professore Guido Sessa, scienziato di grande riferimento per le tematiche affrontate nel corso dell’incontro”.

Le produzioni, comprese quelle di qualità, possono essere salvate dalle fitopatie grazie allo studio di tecniche di miglioramento genetico. Questo tema è stato centrale nel workshop di Tel Aviv: “Abbiamo affrontato – ha evidenziato la docente catanese – il tema del miglioramento genetico delle principali colture agrumicole come limone, arance, pomodori e anche frumento. Grazie al supporto degli studi di biologia molecolare e delle Tea (Tecniche di evoluzione assistita) siamo in grado di intervenire per generare specie resistenti alle principali malattie delle piante, che stanno causando perdite dei raccolti – ha evidenziato la docente catanese. La qualità della produzione italiana e della produzione siciliana è altissima e questi studi scientifici contribuiscono sia al mantenimento di standard elevati che ad agire per il raggiungimento dell’obiettivo europeo di riduzione dell’uso dei fitofarmaci in agricoltura. Siamo in una fase particolarmente avanzata di conoscenza e il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania è protagonista attraverso la partecipazione a diversi progetti europei e nazionali dedicati alle colture mediterranee”.

L’approdo a nuove conoscenze che permettono di garantire la produzione delle colture di eccellenza nel Mediterraneo, come limoni o arance, è fondamentale considerata l’emergenza ancora in corso in specie come il limone. Le malattie delle piante rappresentano infatti una sfida importante per l’agricoltura e la produzione alimentare a livello globale e in particolare nell’area mediterranea, rappresentando ogni anno circa il 10% della perdita di raccolto.

Ma qual è lo stato dell’arte in Sicilia?

“Porto un esempio calzante – ha spiegato la professoressa Gentile – che ha assunto una certa importanza negli ultimi anni: l’Italia è il decimo produttore di limoni a livello mondiale e il 90 per cento della produzione italiana è concentrata in Sicilia. Nell’ultimo trentennio la produzione siciliana si è ridotta del trentacinque per cento. La perdita di produzione e l’abbandono dei limoneti sono fenomeni continui e crescenti. Le superfici vengono abbandonate anche a causa della recrudescenza del Malsecco, una grave malattia fungina, che in alcuni ambienti, come nella riviera dei limoni (tratto da Catania a Messina), porta all’ abbandono dei territori o alla riconversione della coltura, sostituendo il limone con altre specie subtropicali, quali l’avocado. C’è da registrare un grande impegno delle istituzioni scientifiche siciliane per cercare di mantenere i livelli di produzione del limone accettabili e cercare di contrastare la diffusione del Malsecco”.

Un discorso diverso – ha sottolineato – è da fare per le arance. I produttori sono riusciti a superare le problematiche connesse alla presenza del virus della Tristeza, grazie alla sostituzione del portinnesto, ma vivono una grande preoccupazione a causa della presenza, in altri paesi agrumicoli, di una malattia nota con il nome Greening. Quest’ultima, non è ancora presente in Europa, ma ha causato perdite ingenti di produzione negli Stati Uniti, in Cina, in Brasile. Alcuni vettori, insetti, responsabili della trasmissione dell’agente patogeno, sono stati trovati in Spagna e Israele. Sia il cambiamento climatico, che porta le specie a spostarsi, che lo stesso trasporto globale delle merci, sono fattori che naturalmente agevolano la diffusione degli insetti vettori”.

“L’Università di Catania – ha concluso Gentile – è molto impegnata su questo fronte con precisi progetti europei e lavora da tempo in stretta collaborazione con il Crea”.

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