La percentuale di donne che superano la malattia, passata dal 4% circa del 1975 a quasi il 20% attuale
Dalla cronicizzazione alla guaribilità. Anche il cancro al seno metastatico è sempre più curabile: si allunga la sopravvivenza, si riduce il tasso di mortalità e aumenta per alcuni sottogruppi di tumore la frazione di guarigione, cioè la percentuale di donne che superano la malattia, passata dal 4% circa del 1975 a quasi il 20% attuale. E’ l’analisi degli esperti intervenuti a Roma al Simposio ‘2022 Carcinoma mammario metastatico: quali novità’, promosso da Ropi (Rete oncologica pazienti Italia) in occasione della Giornata Nazionale del tumore mammario metastatico. Gli specialisti hanno fatto il punto su traguardi resi possibili da diversi fattori: anticipazione diagnostica, grazie a esami di imaging sempre più accurati; profilazione del tumore da un punto di vista biologico e molecolare; approccio multidisciplinare alla malattia, con un dialogo sempre più stretto fra anatomopatologo e clinico; informazioni che si traducono nella scelta di terapie di sempre maggiore precisione, dunque più efficaci.
Tutto merito di terapie mirate e farmaci “super intelligenti”
Se in generale è migliorata la curabilità della gran parte dei tumori del seno – ricordano da Ropi – i maggior benefici in termini di frazione di guaribilità si registrano soprattutto per le neoplasie Her2-positive e per quelle con espressione dei recettori ormonali. Resta di più difficile cura il cancro al seno triplo negativo, il più aggressivo, sebbene in caso di malattia mutata per il gene Brca oggi, rispetto alla sola chemioterapia del passato, siano disponibili terapie mirate quali i Parp-inibitori e i ‘super intelligenti’ Adc, farmaci anticorpo coniugati. “Si tratta di farmaci che vengono agganciati ad anticorpi monoclonali e poi rilasciati in sede tumorale dove è proprio l’anticorpo a intercettare il bersaglio specifico, migliorando in tal modo l’efficacia terapeutica”, spiega Fabio Puglisi, professore ordinario di Oncologia medica all’Università degli Studi di Udine e direttore Dipartimento Oncologia medica Istituto nazionale tumori Irccs Cro di Aviano (Pordenone). “Uno di questi farmaci, il sacituzumab govitecan – precisa – è stato studiato nelle forme di malattia triplo negativa, mostrando interessanti benefici terapeutici”.
I numeri in Italia
“Circa 37mila donne in Italia vengono curate per un carcinoma mammario metastatico – afferma Stefania Gori, presidente Ropi, direttore Dipartimento oncologico Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella (Verona) – All’interno di questa malattia sono oggi identificabili diversi sottogruppi di malattia con caratteristiche molecolari differenti (malattia Her2-low, malattia Her2+, malattia triplo negativa, malattia con recettori ormonali positivi/Her2-negativa, malattia insorta in donne portatrici di mutazioni dei geni Brca1/2). Le indicazioni terapeutiche sono differenti in ogni sottogruppo e quindi a ogni singola paziente verrà prescritto il trattamento più adeguato. E’ pertanto necessario al momento della ricomparsa della malattia effettuare, se possibile, una biopsia per avere informazioni istologiche e molecolari che permettano una terapia efficace; effettuare una valutazione dell’estensione della malattia metastatica per valutare eventuale altri trattamenti antitumorali (radioterapia, per esempio) ed eventuali terapie mirate alle metastasi ossee, se presenti; valutare l’eventuale inserimento della paziente in studi clinici”.
“Negli ultimi anni si è assistito a un’importante evoluzione della classificazione anatomopatologica del tumore del seno – sottolinea Giuseppe Perrone, professore ordinario e direttore Uo Anatomia patologica Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma – in cui lo studio della malattia al microscopio, utile a definire l’aspetto morfologico del tumore, si affianca alla valutazione dei dosaggi molecolari che interrogano e indagano il comportamento biologico della neoplasia. Questo approccio permette di individuare informazioni genetiche e genomiche del tumore, particolarmente importanti per identificare specifici trattamenti mirati e personalizzati. Da qui l’importanza del cross-talk, cioè del passaggio incrociato di informazioni fra tutte le figure coinvolte nel percorso di cura della paziente con carcinoma mammario (oncologo, anatomopatologo, biologo molecolare, radiologo, radioterapista, chirurgo, eccetera), secondo un approccio multidisciplinare finalizzato alla scelta delle opzioni terapeutiche più opportune”.
“In questo contesto – evidenzia lo specialista – il ruolo dell’anatomopatologo ha subito una radicale evoluzione: da figura puramente laboratoristica con il ruolo di fornire esclusivamente diagnosi di malattia, attualmente fornisce informazioni genomiche al gruppo multidisciplinare per la definizione della migliore scelta terapeutica per ogni singola paziente. Queste informazioni genomiche del tumore, inoltre, si stanno rivelando fondamentali anche per lo sviluppo di farmaci target, a vantaggio soprattutto di innovative terapie per la malattia metastatica”.
“Il progresso scientifico e l’evoluzione all’approccio del carcinoma mammario metastatico si sono tradotti nel corso degli anni in un sensibile beneficio in sopravvivenza e in una riduzione della mortalità – rimarca Puglisi – e hanno favorito per alcuni tumori anche l’aumento della frazione di guarigione, passata” appunto “nel caso del carcinoma mammario metastatico dal 4,1% degli anni ’70 all’attuale quasi 20%, come confermano i dati del registro Seer americano che analizza incidenza e mortalità negli Stai Uniti, estrapolabili anche al contesto europeo”.