Catania, acqua e veleni, nuovo “round” all’Ati - QdS

Catania, acqua e veleni, nuovo “round” all’Ati

Catania, acqua e veleni, nuovo “round” all’Ati

Simone Olivelli  |
martedì 23 Gennaio 2024

L’Assemblea territoriale idrica torna a riunirsi giovedì e venerdì per decidere il futuro del servizio idrico etneo, dopo il commissariamento “sventato”. Ecco perché si preannuncia un vertice ad alta tensione...

CATANIA – Giovedì in prima convocazione, venerdì in seconda. Sono le date in cui tornerà a riunirsi l’Assemblea territoriale idrica di Catania. L’appuntamento è particolarmente atteso, dopo le polemiche che hanno caratterizzato la chiusura dell’anno, prima con la mancata approvazione della convenzione che sancirebbe l’affidamento a Sie del servizio sull’intera provincia e poi con il commissariamento dell’ente da parte della Regione. Una decisione da cui il governo Schifani è tornato indietro, concedendo ai Comuni ulteriore tempo per ridiscutere i termini dell’accordo, in modo da arrivare a un via libera che sia espressione dei rappresentanti dei cittadini e non conseguenza di un atto d’imperio.

Una controversia che si trascina da anni

Dire, però, che sarà l’occasione giusta per dirimere una controversia che si trascina da anni è prematuro. Nell’attesa, è interessante dare un’occhiata a quanto accaduto nelle ultime settimane, a partire dai contrasti all’interno di Hydro Catania, il socio privato di minoranza di Sie, di cui però fanno parte sia soggetti imprenditoriali che alcuni degli attuali gestori pubblici del servizio idrico. A partire da Sidra, la società in house del Comune di Catania che in questi mesi ha portato avanti una battaglia per reclamare il diritto di prendere parte alle trattative per aggiornare la convenzione stipulata, e poi bloccata, nel 2005. Un’operazione che, a detta della società guidata da Fabio Fatuzzo, è stata totalmente appannaggio dei costruttori privati che detengono le quote di maggioranza in Hydro.

Il lodo arbitrale

Mentre i conflitti tra i sindaci che siedono nell’Ati sono alla luce del sole, dividendo coloro che ritengono apprezzabile la proposta di aggiornamento della convenzione del 2005, richiesto dal Cga e a cui si è giunti sulla scorta del confronto tra il presidente Fabio Mancuso (sindaco di Adrano, ndr) e Sie, e quelli che invece vorrebbero ancora ritoccarla, molta meno risonanza hanno avuto fin qui le vicende interne alla Servizi idrici etnei. E in particolar modo quelle che interessano il suo socio privato – la Hydro Catania – il soggetto più interessato a dare avvio alla concessione quasi trentennale. Il motivo sta nel quasi miliardo e mezzo di lavori che la bozza di convenzione assegna alle imprese costruttrici, riconducibili alle famiglie Cassar, Virlinzi e Zappalà.

La Sidra batte i pugni

A battere i pugni, però, è stata a partire dal maggio dello scorso anno la Sidra, nella veste di socio di minoranza al 3,93% di Hydro Catania. La società, che fa capo al Comune di Catania, ha messo in discussione le modalità con cui i vertici di Hydro Catania e Sie “hanno condotto in solitarie le trattative”. Critiche che sono finite al centro di un lodo arbitrale, affidato all’avvocato Francesco Mauceri, nell’ambito del quale la Sidra ha chiesto l’annullamento delle delibere di assemblea seguite alle vittorie di Sie davanti al Cga.

A sostegno delle proprie ragioni, Sidra ha richiamato i patti parasociali che, a metà anni duemila, erano stati stipulati dai tutti i soggetti – imprese costruttrici e gestori dei servizi idrici – che si erano riuniti per partecipare alla gara d’appalto indetta dall’allora Ato idrico. Accordi ritenuti ancora vigenti e che prevedevano “la necessità dell’intervento da parte dei soci gestori nella fase di proposta di modifiche, integrazioni e aggiornamenti della convenzione”. Una previsione che invece i soci costruttori avrebbero del tutto disatteso, facendo leva sulla netta maggioranza di quote possedute in Hydro Catania, dove oltre il 67 per cento è in mano al Consorzio stabile generali infrastrutture (Csgi). A essere stata sollevata è stata anche la questione riguardante la guida di Hydro, affidata a un amministratore unico “nominato in dispregio di una specifica clausola dei patti parasociali che prevedeva la necessità di una governance plurale e non monocratica, con un consiglio d’amministrazione composto da sette membri”.

La lite tra Sidra e Hydro si è chiusa a favore della seconda

Protrattasi per oltre sei mesi, la lite tra Sidra e Hydro si è chiusa a favore della seconda. L’arbitro, infatti, ha dichiarato valide le deliberazioni del socio di minoranza di Sie. Un pronunciamento che quindi non intaccherà i passi fin qui compiuti, ma che testimonia ulteriormente il generale clima di tensione intorno all’affidamento del servizio idrico.

La polemica sugli emendamenti

Prima che l’assessore regionale all’Energia Roberto Di Mauro dichiarasse la propria disponibilità a congelare la nomina del commissario ad acta per la stipula della convenzione, all’interno dell’Assemblea territoriale idrica non sono mancate le accuse di sabotaggio nei confronti degli emendamenti che i sindaci più critici avevano presentato nel corso di due differenti sedute di dicembre. I correttivi alla bozza di accordo non sono stati votati per la venuta meno del numero legale. Il Quotidiano di Sicilia è nelle condizioni di fare luce su ciò che è accaduto, in particolar modo il 20 dicembre, data in cui la seduta si è tenuta in seconda convocazione.

L’assemblea si era aperta con la presenza di 36 dei 58 Comuni che siedono nell’ente. Una volta, però, letti gli emendamenti proposti da una dozzina di sindaci, tra i quali i sette che poi avrebbero firmato la lettera di protesta inviata alla Regione, il numero di presenti si è ridotto ulteriormente. Da 36 si è passati a 20 Comuni in rappresentanza del 57,36 per cento delle quote, una soglia ben lontana dai due terzi che lo statuto dell’Ati richiede per deliberare.

A far venire meno il numero legale – in più di un caso anticipato da critiche sulle modalità e le tempistiche con cui gli emendamenti erano stati portati in assemblea – sono stati i Comuni di Belpasso, Caltagirone, Giarre, Grammichele, Linguaglossa, Maletto, Mascalucia, Militello in Val di Catania, Milo, Mineo, Misterbianco, Paternò, Piedimonte, Randazzo, Santa Venerina e Zafferana Etnea.

La storia, poi, si è ripetuta otto giorni dopo, quando la seduta si è aperta e subito chiusa per la presenza di appena 17 sindaci. A contribuire, ufficialmente, è stato anche il lutto seguito alla scomparsa dell’ex assessore provinciale Santo Castiglione, ma è altrettanto chiaro come a incidere siano state anche logiche politiche.

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