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Antonino Lo Re

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Giovanni Pizzo  |
giovedì 05 Gennaio 2023

Lindo ma non tanto. Non parliamo di Messico e nuvole ma quasi. Scoppia uno scandalo con base in Sicilia

Lindo ma non tanto. Non parliamo di Messico e nuvole ma quasi. Scoppia uno scandalo con base in Sicilia, trattata da Roma come una repubblica del centro America, ma con testa all’Enac. Tutto parte dalla frontiera di Lampedusa dove la gestione dell’Ast aeroservizi, concessionaria bistrattata dello scalo aereo portuale, si intreccia con un giro di carburante palermitano di una nota società del settore, che gode di grandi appoggi romani, non solo in Sicilia.

Una vicenda che fuoriesce dalla precedente inchiesta sull’Ast, l’azienda siciliana trasporti, tramite le intercettazioni sul suo ex presidente il Lombardiano Tafuri. Costui è finito in un procedimento precedente sulla gestione dell’azienda, ma in questo caso lui, o meglio l’azienda, è parte lesa. Pare che ci sia stato un ricatto intimidatorio da parte dei vertici dell’Enac, l’ente che sovrintende le concessioni degli aeroporti, per far guadagnare oltre misura un grosso deposito di carburanti che più che gli aerei riforniva il porto di Lampedusa. Questo deposito che doveva passare in gestione Ast pagava per duemila mq, che definire strategici in quell’avamposto di frontiera è poco, un quindicesimo del gestore del bar dello stesso aeroporto o del venditore di souvenir. E non forniva gli aerei, scopo della concessione ma soprattutto navi e pescherecci.

Questa storia, che promette sviluppi, ci dice quanto siamo sudditi di Roma, provincia dell’impero, che possiamo abbordare da Palermo solo tramite furbizie o altri mezzi ma mai con autonomia politica. E pensare che dal punto di vista politico l’Ast, da lustri, è un feudo del movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo. Tutto è sempre paradossale in Sicilia soprattutto in provincia di Agrigento, a cui appartiene Lampedusa e la procura che sta indagando.

Con il caro voli che esaspera le famiglie Siciliane la Regione dovrebbe avere una regia forte sui cieli siciliani, essere protagonista.

E questo si fa con scelte strategiche, come rilevare le quote di Comuni in dissesto o camere di commercio alla canna del gas. Ma per questo ci vogliono investimenti, soldi. E da troppi anni la Regione è uno stipendificio. Sono lontani gli anni di La Cavera e Pignatone quando la Sicilia trattava con Eni e Fiat ed aveva una strategia economica. È più utile sovvenzionare forestali e precari o investire i soldi della Regione sul controllo strategico dei cieli, che attraggono investimenti non solo turistici? Ovviamente è più utile investire in precariato, gli aeroporti non votano i precari si.

Così è se vi pare.

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