Il Rapporto annuale dell’Osservatorio Domina evidenzia la crescita costante nel settore. La Sicilia terza regione in Italia per incidenza: l’8,2% dei lavoratori è “under 30”
ROMA – La disoccupazione giovanile in Italia e soprattutto in Sicilia, negli ultimi anni, ha raggiunto livelli drammatici. Nell’isola, infatti, il dato percentuale si attesta ad un emblematico 48,8%. Non destano dunque stupore le risultanze del IV Rapporto annuale sul lavoro domestico, curato dall’Osservatorio Domina, che evidenziano la crescita dei giovani under 30 anni in questo settore lavorativo. La Sicilia spicca come terza regione italiana, dopo Calabria e Sardegna, per incidenza di questa categoria di lavoratori domestici sul totale. In termini strettamente numerici badanti e colf siciliani sono l’8,7% del totale, quelli calabresi il 10,2% e quelli sardi l’8,9%.. Il dato complessivo del Meridione, infine, è pari al 46%. I dati, aggiornati al 2021, permettono di condurre interessanti analisi anche su scala nazionale. Nel biennio 2020-21 ha, infatti, preso il via una netta inversione di tendenza rispetto ai numeri registrati dal 2012 al 2019, che raccontavano una costante diminuzione dei giovani in questo particolare settore lavorativo. Se nel 2019 la percentuale era pari al 5,4% (in netto calo rispetto al 14,5% del 2012), nel 2020 è cresciuta fino al 6,6% e l’anno successivo ha raggiunto il 7,1%., ovvero una platea di 68mila lavoratori.
Questi dati complessivi – si legge nel rapporto – nascondono due tendenze opposte, che vengono messe in evidenza considerando separatamente i lavoratori italiani da quelli stranieri. Le serie storiche esprimono chiaramente le tendenze in corso negli ultimi dieci anni: nel 2012 i lavoratori domestici italiani “giovani” erano 14 mila, negli ultimi dieci anni il numero è cresciuto progressivamente in maniera quasi lineare, arrivando ad oltre 20 mila nel 2021 (+41%). La crescita dei giovani italiani nel mercato del lavoro domestico è inequivocabile e probabilmente rappresenta un nuovo modo per entrare nel mercato del lavoro. Per contro i lavoratori stranieri hanno registrato dal 2012 al 2019 un trend opposto, di calo costante. Calo che è diminuito solo negli ultimi due anni a seguito delle procedure di emersione attuate per fronteggiare la pandemia. Nel periodo preso in esame, appunto 2012 – 2021, la diminuzione totale del personale straniero ha raggiunto il 64%.
Il combinato disposto tra le due tendenze fin qui sintetizzate ha determinato, ovviamente, l’aumento percentuale della componente autoctona sul totale dei lavoratori domestici nel nostro Paese, passata dal 9,9% al 29,9%.
Vediamo ora, dunque, le principali caratteristiche dei lavoratori domestici con nazionalità italiana. Si tratta di 20.467 giovani lavoratori domestici che nel 2021 avevano meno di 30 anni. Per quanto riguarda la composizione per genere e per tipologia di rapporto, le donne rappresentano l’83% del totale. Il 55,6% dei domestici italiani è inquadrato come colf, mentre il 44,4% come badante. Mediamente guadagnano 3.600 euro, importo medio che deriva sia dall’orario ridotto (il 56% lavora meno di 19 ore a settimana) sia dalla durata dei contratti per un lavoratore su due non supera i 6 mesi. Solo il 6% supera i 10 mila euro di retribuzione annua, del resto solo il 9% lavora almeno 35 ore a settimana.
A commentare nel dettaglio il rapporto è Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina: “Il lavoro domestico rappresenta non solo una necessità per le famiglie italiane. Ma anche, specialmente nei momenti di crisi economica, un’opportunità di lavoro per i giovani Gli ultimi anni – prosegue Gasparrini – sono stati caratterizzati dall’aumento di giovani nel lavoro domestici. Non si tratta solo di stranieri. Ma anche di giovani italiani che trovano in questo settore un ingresso nel mondo del lavoro”. Insomma, i dati che abbiamo analizzato smentiscono in maniera evidente il valore assoluto di certe narrazioni che dipingono, sempre e comunque, i nostri giovani come “fannulloni”. Non è così, o per lo meno non è sempre così, perchè non manca chi è disposto a “fare scarifici” e ad impegnarsi in occupazioni snobbate da altri, magari non in linea con il proprio percorso di studio.