”Tra il febbraio 2020, mese che
ha preceduto l’avvento della crisi pandemica, e il maggio 2021 , lo stock complessivo
dei prestiti bancari erogati alle imprese italiane per fronteggiare la crisi
economica è aumentato di 37,1 miliardi di euro, sebbene i prestiti garantiti
messi in campo con gli interventi approvati dal secondo Governo Conte siano
stati 197,6 miliardi. Se queste misure di sostegno alla liquidità delle aziende
hanno comunque consentito di capovolgere il trend che dal novembre 2011 sino
alla fine di febbraio 2020 era stato costantemente negativo, le garanzie pubbliche
introdotte dall’ex premier Conte e proseguite anche con l’esecutivo Draghi non
sono riuscite ad intaccare con successo la cronica mancanza di liquidità che
assilla, in particolar modo, il mondo delle Pmi”. A denunciarlo è l’Ufficio
studi della Cgia.
”Perché solo poco meno di un
quinto delle garanzie messe a disposizione
dallo Stato attraverso Sace e il Fondo di garanzia, che per legge coprono la quasi totalità degli
impieghi erogati con questi strumenti, è finito nelle tasche degli
imprenditori? -si chiede la Cgia-. In primo luogo perché una parte delle nuove
garanzie è andata a colmare i cali fisiologici del credito in essere e nella
sostituzione dei prestiti a breve con
aumenti di quelli a medio-lungo termine. In secondo poiché il sistema bancario
ha utilizzato una parte di questi miliardi anche per abbattere i propri rischi,
sostituendo le garanzie private legate ai prestiti che aveva erogato prima
dell’avvento di queste novità legislative”.