Definizione liti fiscali pendenti, c’è tempo fino al 30 settembre - QdS

Definizione liti fiscali pendenti, c’è tempo fino al 30 settembre

Salvatore Forastieri

Definizione liti fiscali pendenti, c’è tempo fino al 30 settembre

giovedì 21 Settembre 2023

Va presentata una domanda per ogni singolo atto impugnato. Possibile chiudere il contenzioso con l’Agenzia delle Entrate pagando una percentuale del valore della controversia

ROMA – Va segnalato innanzitutto che per la definizione delle liti pendenti, di cui ai commi da 186 a 205 della legge 197 del 29/12/2022 (Legge di Bilancio 2023), il modello, quello approvato con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 250755/23 del 5 luglio 2023, va presentato per ciascuna controversia autonoma, ossia per ogni singolo atto impugnato, per via telematica, entro il 30 settembre 2023.
Stiamo parlando della definizione delle liti, attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle Entrate nonché pendenti in ogni grado di giudizio al 1° gennaio 2023.

Il termine originario di scadenza era il 30 giugno 2023

Successivamente, però, a seguito della disposizione contenuta nell’articolo 20 del così detto “Decreto bollette”, ossia il Decreto legge n. 34 del 30 marzo 2023, convertito nella legge del 26 maggio 2023, n. 56, il termine per la definizione (presentazione dell’istanza e pagamento) è slittato al 30 settembre 2023.
Torna utile ricordare che, in base alla normativa in parola, si considerano pendenti le controversie il cui atto introduttivo del giudizio in primo grado sia stato notificato alla controparte entro la cennata data del 1^ gennaio 2023 e per le quali alla data di presentazione non sia intervenuta pronuncia definitiva. È esclusa dalla definizione l’Iva all’importazione.

Gli effetti della definizione perfezionata prevalgono su quelli delle eventuali pronunce giurisdizionali non passate in giudicato.

Ai fini della definizione, gli importi da pagare sono i seguenti: in caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado (ma non ancora “deciso”), la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia.
In caso di lite tributaria già incardinata presso le allora esistenti Commissioni Tributarie (oggi Corti di Giustizia Tributarie), le controversie possono essere definite con il pagamento di un importo uguale al valore della controversia, costituito dall’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato.

In caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nei diversi gradi di giudizio, è dovuto un importo pari al:

  • 40% del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate in primo grado
  • 15% del valore della controversia, in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate in secondo grado.

In caso di reciproca soccombenza dell’Agenzia delle Entrate e del contribuente nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale depositata alla data del 1° gennaio 2023, l’importo lordo dovuto è pari al 100% del valore della controversia per la parte in cui il contribuente è risultato soccombente, mentre è pari al 40% o al 15% (rispettivamente in primo o secondo grado), per la parte in cui l’Agenzia delle Entrate è risultata soccombente.

In caso di controversia riguardante solo sanzioni non collegate al tributo, l’importo da pagare è pari al 15% del valore della controversia in caso di sentenza favorevole al contribuente depositata al 1° gennaio 2023, ovvero al 40% in tutti gli altri casi e, quindi, anche in caso di soccombenza del contribuente nel primo o secondo grado di giudizio.

Le controversie tributarie pendenti in Corte di Cassazione per le quali l’Agenzia delle Entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio, possono invece essere definite con il pagamento di un importo pari al 5% del valore della controversia.

Come già detto dalle pagine di questo Quotidiano, il pagamento dell’importo da versare per la definizione (è esclusa la compensazione) può avvenire in un’unica soluzione, entro il prossimo 30 settembre.
Tuttavia, nel caso in cui gli importi dovuti superino 1.000 euro, è ammesso il pagamento rateale per un massimo di 20 rate mensili di pari importo, di cui le prime tre da versare entro 30 settembre 2023, il 31 ottobre 2023 e il 20 dicembre 2023. Le rate successive devono essere versate entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di ciascun anno.

A scelta del contribuente, le rate successive alle prime tre possono essere versate, a partire dal mese di gennaio 2024, in un massimo di 51 rate mensili di pari importo, con scadenza all’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese, fatta eccezione per il mese di dicembre di ciascun anno, per il quale il termine di versamento resta fissato al giorno 20.
In caso di rateizzazione, sulle rate successive alla prima si applicano gli interessi legali a decorrere dalla data del versamento della prima rata.

Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio, ma non è prevista la restituzione delle somme eccedenti già versate.
Il comma 205 della legge 197/2022 consente anche agli enti territoriali di dare applicazione all’istituto della definizione delle liti pendenti al 1^ Gennaio 2023 nelle quali i detti Enti sono parte. Tale definizione, però, è subordinata ad una espressa manifestazione di volontà dell’ente locale creditore mediante l’adozione di una specifica delibera entro il 31 marzo 2023, che andava comunicata al Ministero dell’Economia e delle Finanze entro lo scorso 30 aprile.

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