I documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria secondo la Corte di Cassazione non sono fonti di diritto - QdS

I documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria secondo la Corte di Cassazione non sono fonti di diritto

Salvatore Forastieri

I documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria secondo la Corte di Cassazione non sono fonti di diritto

venerdì 21 Giugno 2024

La pronuncia, emessa a Sezioni Unite, è stata pubblicata il 6 giugno scorso con ordinanza numero 15886

ROMA – Importante pronuncia della Corte di Cassazione, questa volta a Sezioni Unite, la quale, con ordinanza n. 15886 del 6 giugno 2024, ha affermato un principio che per la verità sarebbe dovuto essere già ampiamente assodato, ma che, talvolta, è stato invece causa di controversie tributarie le quali, nella maggior parte dei casi, dopo il vaglio dei giudici, si sono concluse in modo favorevole al contribuente.

Parliamo della valenza e degli effetti delle Circolari e delle Risoluzioni (e, più in generale, di tutti i documenti di prassi) emanate dall’Amministrazione finanziaria, la quale, nell’intento, certamente altamente meritorio, di rispondere alla esigenza di chiarimenti e di interpretazione delle norme fiscali esistenti (troppo spesso formulate in maniera poco chiara), qualche volta va oltre il dovuto, spingendo la propria interpretazione al di là del dettato normativo (seppure di difficile interpretazione), spesso attribuendo alla norma il significato più cautelativo e più fiscale possibile.

Qualche volta i giudici di merito si sono adagiati all’interpretazione che risultava dal documento dell’Agenzia delle Entrate o di altro ramo dell’Amministrazione finanziaria. Spesso, invece, non ne hanno tenuto conto ritenendo che una circolare o una risoluzione non può essere assolutamente considerata come “fonte del diritto”, ma solo come un chiarimento da parte di un soggetto (l’Amministrazione finanziaria) che, al pari di tutti i cittadini, è chiamato a interpretare e applicare la legge.

Ora, però, con la citata ordinanza del 6 giugno scorso (n. 15886), le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno ribadito che, “nella materia tributaria le circolari non sono fonti del diritto e che il rapporto giuridico fra Ente impositore e contribuente è regolato interamente dalla legge; l’Amministrazione non può individuare an, quantum, quomodo e quando della prestazione tributaria gravante sul singolo contribuente, dovendo, al contrario, procedere alla mera attuazione del dictum normativo, previa esegesi delle disposizioni rilevanti che, tuttavia, ha un valore del tutto equi-ordinato a quella operata dal contribuente”.

I Supremi giudici hanno pure affermato che “in caso di contenzioso grava sul Giudice adito l’enucleazione del corretto significato da attribuire alle disposizioni, senza che abbia rilievo decisivo l’orientamento esegetico dell’Amministrazione, ove pure espresso in atti formali (quale appunto la circolare interpretativa)”. In pratica, la Cassazione ha affidato ai Giudici di merito il compito interpretativo delle norme e attribuito solo alla Suprema Corte la funzione monofilattica. Si ricorda che per funzione nomofilattica si intende il compito di “garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale”, così come previsto dall’art.65 della legge sull’ordinamento giudiziario (il Regio Decreto n. 12 del 30 gennaio 1941) che ha attribuito tale potere alla Corte di Cassazione.

Giova infine ricordare che, con il Decreto legislativo n. 130 del 31 agosto 2022, all’articolo 3, è stato dato impulso alla cennata funzione monofilattica della Cassazione prevedendo, al comma 1, l’istituzione di un’apposita sezione destinata esclusivamente alla trattazione delle controversie tributarie e, al comma 2, l’adozione, da parte del primo presidente della Suprema Corte, di provvedimenti organizzativi adeguati al fine di stabilizzare gli orientamenti di legittimità e di agevolare la rapida definizione dei procedimenti pendenti presso la Corte di Cassazione in materia tributaria, favorendo l’acquisizione di una specifica competenza da parte dei magistrati assegnati alla sezione civile tributaria.

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