Intervista al docente di Economia e gestione delle imprese dell’Università di Catania, Rosario Faraci
Una crisi economica che sembra mostrare i segni della gravità. Crescita a rilento per le regioni del Sud e Sicilia a forte rischio impoverimento. Abbiamo chiesto al professor Rosario Faraci, docente di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Catania, di commentare il dato economico di questa fine d’anno e l’estensione delle difficoltà economiche a fasce di popolazione che, fino a oggi, riuscivano anche a risparmiare.
“Dopo l’effetto rimbalzo dell’economia nel 2021, a seguito del Covid-19, il 2022 è stato un anno di indebolimento della ripresa economica – dice il docente -. Per le famiglie, l’anno in corso si chiuderà con un portafoglio più leggero, nel senso che è stato progressivamente svuotato dall’incremento dei costi per l’energia e dall’aumento dei prezzi al consumo. L’inflazione ha colpito i nuclei meno abbienti per effetto dei rincari nella spesa per abitazione, acqua, elettricità e beni alimentari. Soltanto le misure di sostegno ai redditi familiari e il reddito di cittadinanza hanno contribuito a contenere l’impatto dell’inflazione sui consumi dei beni, altrimenti l’incidenza sarebbe stata maggiore”.
Catania, città con l’inflazione più alta, evidenzia quanto affermato dal docente. “Qui è stata addirittura superiore alla media nazionale e la città risulta la più cara del Paese. Inoltre è scarsa la concorrenza fra le insegne della grande distribuzione organizzata, pur essendoci tante aziende commerciali presenti nel territorio”. Svimez prevede un 2023 a rischio di recessione nel Sud.
“Difficile sarà il 2023, soprattutto nei primi sei mesi – conferma Faraci. Dovrebbe esserci un rientro dal picco di inflazione del 2022, ma questo avverrà più lentamente nel Mezzogiorno. In questa area del Paese, permarrà sempre uno sbilanciamento sfavorevole agli investimenti produttivi delle imprese. Qui più che altrove, l’industria è più esposta allo shock energetico. Sempre per le imprese, l’impennata dell’inflazione implicherà una erosione dei margini di redditività particolarmente allarmante. Riducendosi la redditività, molte imprese sono a rischio di sopravvivenza. Tra l’altro – prosegue – dalla crisi del 2008 in poi, dalla quale l’economia meridionale non si è più ripresa, si è registrato un progressivo peggioramento della qualità del lavoro, con l’aumento del precariato e una crescita del cosiddetto working poor, cioè dei lavoratori a basso reddito. Quindi il 2023 sarà un anno di recrudescenza per le nuove povertà”.
Insomma, anche per gli economisti, “la povertà rischia di aumentare e questa rappresenta la vera emergenza economica del Paese – sostiene Faraci – dato che si va pericolosamente allargando ad altre fasce sociali. Infatti, c’è una questione salariale importante, poiché avere un lavoro spesso non protegge dal rischio povertà”.