In Sicilia non si arresta la fuga di cervelli: cosa succede

In Sicilia non si arresta la fuga di cervelli, nasce un manifesto per il diritto a restare

In Sicilia non si arresta la fuga di cervelli, nasce un manifesto per il diritto a restare

Antonio Giordano  |
venerdì 25 Agosto 2023

Dal 2012 al 2021 dall'Isola sono andati via quasi 200.000 cittadini

L’emigrazione giovanile torna ad essere un problema del meridione, quasi come lo era negli anni ‘60 quando si fuggiva dalle campagne del Sud alla volta del triangolo industriale di Genova-Milano-Torino. Oggi il fenomeno ha cambiato volto e gli ultimi dati dicono che una persona ogni 5 minuti nel 2021 ha abbandonato il Sud Italia per trasferirsi al Centro-Nord. Dal 2012 al 2021 la sola Sicilia ha visto andar via quasi 200.000 cittadini e ci sono territori come la provincia di Agrigento che ha una comunità di emigrati all’estero pari a oltre 1/3 della sua popolazione attuale. Questo flusso ininterrotto ha prodotto nel Mezzogiorno un impoverimento strutturale – di opportunità e risorse umane qualificate – che si autoalimenta, fiaccando la sua attrattiva per le menti più brillanti, italiane e straniere. La fuga di cervelli non colpisce le varie parti d’Italia in egual modo: mentre il Centro–Nord, nonostante le perdite verso l’estero, registra ogni anno un aumento di giovani laureati grazie agli arrivi dal Sud–Italia (129.000 tra il 2012 e il 2021), le regioni del Sud non riescono ad attrarre talenti da fuori e segnano solo perdite, acuendo un divario nella percentuale di laureati tra i 24 e i 35 anni che vede la Sicilia ultima in classifica.

Un manifesto per restare

A partire da questi dati si è ragionato per due giorni al festival “Questa è la mia terra ed io la difendo” organizzato a Campobello di Licata, in provincia di Agrigento con l’intento di riaffermare il “diritto a restare”. Il festival ha chiuso una due giorni di eventi ieri con la stesura di un manifesto che sarà inviato ai sindaci siciliani e del mezzogiorno. “Una sfida che nasce l’impegno ad affermare il diritto a restare, un diritto non codificato che vuole mettere le giovani generazioni nelle condizioni di poter scegliere di rimanere dove sono nate”, spiega Calogero Patti, uno degli organizzatori della due giorni, “arginare l’esodo, riaccendere la fiducia dei giovani nelle proprie radici e la speranza di sviluppo del proprio territorio sono obiettivi complessi ma si deve ritenerli possibili e impegnarsi in prima persona per far sì che vengano raggiunti”. Per l’organizzazione dell’evento si è mobilitata l’Associazione Culturale “Comu Veni si Cunta”, che ha coinvolto altre realtà del territorio locale e nazionale, sancendo anche un partenariato accademico con la Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA), unico ateneo del centro-nord attualmente attivo con una campagna di investimenti in Sicilia, nella sede di Palermo. “I giovani e le donne sono quelli che hanno pagato di più il prezzo della crisi. Oggi abbiamo l’obbligo di costruire una terra che dia risposte soprattutto a giovani e donne. Abbiamo l’urgenza di farlo: o cambiamo la Sicilia ora o non la cambiamo più. E per fare questo c’è bisogno del protagonismo di giovani e donne, che hanno forza, intelligenza, passione”: ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, intervenendo al Festival nel corso del primo giorno di confronto.

La storia di Giuseppe Gatì

La storia nasce da una storia che parte nei primi anni duemila. Quando Giuseppe Gatì, un giovane ventenne decideva di rientrare in Sicilia a Campobello di Licata per prendere in gestione l’allevamento del padre. Aveva raccontato la sua avventura in un blog intitolato “La mia terra la difendo”, dove radunare chi, come lui, avrebbe scelto di impegnarsi a combattere la cultura della fuga. Ma presto il suo lavoro è stato bruscamente interrotto. Un incidente sul lavoro lo aveva portato via, a soli 22 anni. Di lui, Giuseppe Gatì, restano solo le lettere custodite dal padre, le parole degli amici, i video dell’impegno pubblico e l’immagine della piazza centrale del paese piena di giovani per il suo funerale. Il festival, per non disperdere il mosaico di realtà di cui è divenuto collante e dare continuità alla propria azione, è il primo passo per la costituzione di un centro studi dedicato alla memoria che sarà realizzato grazie ad una campagna di crowdfunding che è stata avviata.

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