La riforma tributaria (L. 111/2023) prevede una sostanziale rivisitazione dello Statuto dei diritti del Contribuente. Si avvia a diventare obbligatorio l’istituto che favorisce la partecipazione del contribuente all’accertamento
ROMA – L’articolo 4 della Legge n. 111 del 9 agosto scorso, la legge delega sulla riforma tributaria, prevede una sostanziale rivisitazione delle norme contenute nello Statuto dei Diritti del Contribuente, la legge 212 del 27 luglio 2000.
La disposizione prima citata, oltre a stabilire che le disposizioni dello Statuto costituiscono principi generali dell’ordinamento e criteri di interpretazione adeguatrice della legislazione tributaria, prevede diverse novità tra le quali la necessità di rafforzare l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, di indicare sempre le prove su cui si fonda la pretesa fiscale, la valorizzazione del legittimo affidamento del contribuente e il principio di certezza del diritto, la razionalizzazione della disciplina dell’interpello e della consulenza giuridica, l’istituzione di una disciplina generale del diritto di accesso agli atti del procedimento tributario, di rendere generale il principio del contraddittorio a pena di nullità, di stabilire una disciplina generale delle cause di invalidità degli atti impositivi e degli atti della riscossione, di potenziare l’esercizio del potere di autotutela estendendone l’applicazione agli errori manifesti nonostante la definitività dell’atto, prevedendo l’impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi casi, istituire un Garante del Contribuente Unico a livello nazionale, il tutto assicurando la complessiva invarianza degli oneri finanziari.
Tra le novità il contraddittorio preventivo obbligatorio
Tra le cennate novità, merita certamente di essere attenzionata quella che riguarda la previsione (quando entreranno in vigore i decreti legislativi delegati) del contraddittorio preventivo obbligatorio, addirittura a pena di nullità.
È un principio che da tanto tempo si invocava e che, per la verità, nonostante fino ad ora non sia sempre obbligatorio (in modo generalizzato), molti Uffici dell’Agenzia delle Entrate hanno adottato spontaneamente, anche in materie che la legge non prendeva in considerazione.
L’obiettivo del contraddittorio preventivo è di rendere il processo di accertamento fiscale più equo e trasparente, consentendo al contribuente di difendere i propri diritti e di contestare le conclusioni dell’Amministrazione fiscale prima che venga presa una decisione finale.
Va detto, peraltro, che al fine di una corretta applicazione del contraddittorio preventivo, quest’ultimo deve essere valorizzato nella fase istruttoria, quando la pretesa tributaria non è ancora formata, prima ancora, cioè, che venga “confezionato” dell’ente impositore lo “schema” del provvedimento.
Le norme che attualmente vigono in materia
A questo punto può essere utile ricordare le norme che attualmente vigono in materia di contraddittorio preventivo. Attualmente, i “punti di contatto” tra cittadini ed uffici fiscali non sono molti e, quelli che ci sono, sono espressamente voluti dalla legge. All’articolo 6, comma 5, della legge 212/2000, è previsto, per esempio, che dopo i controlli formali ed automatici, prima dell’iscrizione a ruolo l’Agenzia delle Entrate è tenuta ad invitare i contribuenti a fornire chiarimenti (35 bis e 35 ter del Dpr 600/73 e 54 bis del Dpr 633/72).
All’articolo 11 della stessa legge (212) è previsto il diritto d’interpello.
Al successivo articolo 12, che tratta del comportamento dei verbalizzanti durante le verifiche fiscali, c’è poi la disposizione che vieta all’Ufficio di notificare l’accertamento prima che siano trascorsi 60 giorni dalla data di consegna del processo verbale al fine di consentire al contribuente di formulare le sue considerazioni in merito ai rilievi mossi dai verbalizzanti. Una disposizione che, secondo la Cassazione, è applicabile in caso di “verifica esterna”, ma, se violata dall’Amministrazione finanziaria, determina la nullità dell’accertamento (a meno che non vi siano motivi di urgenza, che comunque devono essere diversi dall’esigenza di notificare l’atto in tempo utile per evitare la decadenza).
Per quanto riguarda le indagini finanziarie, la Cassazione, con sentenza n. 4314 del 2015, ha ribadito l’obbligatorietà del contraddittorio preventivo anche in questo caso, sottolineando che è proprio la norma che attribuisce al contribuente l’onere di fornire la prova delle movimentazioni e ricordando pure che tale obbligo deriva, oltre che da numerose sentenze delle Sezioni Unite della stessa Corte, anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.
Comunque, proprio a seguito dell’avanzare delle ipotesi di contraddittorio, la dottrina e buona parte della giurisprudenza, anche della Cassazione, hanno ritenuto necessario il dialogo preventivo in tutte le forme di accertamento.
Esiste, comunque, un obbligo di contraddittorio di radice comunitaria. Ma tale obbligo, proprio perchè proveniente dalle norme comunitarie, è applicabile esclusivamente ai tributi “armonizzati” (Iva, accise, ecc.) e non agli altri tributi (Irpef, Registro, Irap, ecc.).
Ed a questo proposito si ricorda che la Corte di Cassazione, Sesta Sezione civile, con Ordinanza 527 del 14/1/2015, a causa dei contrasti interpretativi esistenti nella giurisprudenza della stessa Cassazione, ha pure chiesto di sottoporre al giudizio delle Sezioni Unite la questione relativa alle conseguenze della violazione del diritto al contraddittorio.
Le teorie, infatti, erano tre. Quella “garantista” – secondo la quale il diritto al contraddittorio costituisce un principio generale da applicare a tutti i procedimenti amministrativi tributari, pena la nullità degli atti di accertamento emanati. Quella completamente opposta, secondo cui la mancata attivazione del contraddittorio preventivo comporta la nullità solo se così espressamente previsto dalla legge.
Poi c’è una terza tesi, intermedia (che nasce principalmente dalle sentenze della Corte di giustizia Ue, cause riunite C-129/13 e C-130/13), secondo la quale, in caso di omissione del contraddittorio, la nullità si verifica solo quando il contribuente dimostra che qualora lo stesso contraddittorio fosse stato consentito l’esito del procedimento sarebbe stato diverso, anche soltanto con riguardo alla semplice ragionevolezza delle argomentazioni difensive.
Per l’Agenzia delle Entrate il contraddittorio costituisce sempre “un passaggio opportuno”
La stessa Agenzia, comunque, con circolare n. 32 del 2006, ha riconosciuto, tra l’altro, che il contraddittorio costituisce sempre “un passaggio opportuno per provocare la partecipazione del contribuente, finalizzato a consentire un esercizio anticipato del suo diritto di difesa, potendo lo stesso fornire già in sede precontenziosa la prova contraria e rispondente a esigenze di economicità processuale”, affermando, successivamente, con la circolare n. 25 del 2014, che “la partecipazione del cittadino al procedimento di accertamento mediante il contraddittorio, sia nella fase istruttoria sia nell’ambito degli istituti definitori della pretesa tributaria […] permette all’ufficio di individuare con maggiore attendibilità la sussistenza dei presupposti dell’atto in corso di definizione, con effetti positivi diretti sull’affidabilità dei controlli”.
Più recentemente è stata emanata pure la Legge n. 58 del 28 giugno 2019 di conversione del D.L. 34/2019, la quale ha introdotto l’obbligo, per l’Amministrazione finanziaria, di avviare il contraddittorio preventivo con il contribuente. Una disposizione, tuttavia, che non ha mai prodotto gli effetti sperati.
Non va dimenticata, infine, l’ipotesi del nuovo “redditometro”. Quella norma (art. 38, 7^ comma, Dpr 600/73) ha previsto come elemento indispensabile per procedere all’accertamento dei ricavi il contraddittorio con il contribuente. Anzi, spesso, un doppio contraddittorio, uno preventivo ed un altro in sede di accertamento con adesione.
Il contraddittorio diventa sempre obbligatorio
Ora, però, grazie alla novità contenuta nella bozza di decreto legislativo attuativo della legge delega sulla riforma tributaria, finalmente, il contraddittorio diventa sempre obbligatorio, peraltro a pena di nullità dell’atto amministrativo con il quale l’ufficio rende nota la pretesa fiscale.
Occorre solo attendere la pubblicazione di tale Decreto Legislativo il quale non dovrebbe tardare ad essere varato ufficialmente (non comportando ulteriori spese di bilancio) e che, comunque, secondo quanto previsto dalla più volte citata Legge delega, dovrebbe essere pubblicato, in ogni caso, entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge 111 del 9 agosto 2023.