Fisco, impresa agricola e applicazione dell’Iva - QdS

Fisco, impresa agricola e applicazione dell’Iva

Salvatore Forastieri

Fisco, impresa agricola e applicazione dell’Iva

venerdì 23 Giugno 2023

Allevamento bestiame e contratto di soccida: la Cassazione ritiene legittima la detrazione. L’affidamento del bestiame al soccidario non costituisce una cessione di beni, possibile il rimborso Iva

ROMA – Come è noto, il contratto di soccida (2170 CC) è un contratto agrario associativo con cui il soccidante ed il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame, al fine di ripartire l’accrescimento degli animali e gli altri prodotti ed utili che ne derivano.
Praticamente il soccidante è quello che fornisce il capitale, mentre il soccidario conferisce solo il proprio lavoro. è quest’ultimo, quindi, che alleva gli animali.
La soccida può essere “Semplice” nel caso in cui il soccidante, cui spetta la direzione dell’impresa, conferisce il bestiame.
È “Parziaria” quando il bestiame è conferito da entrambe le parti. In questo caso, tuttavia, la direzione dell’impresa spetta sempre al soccidante.

Esiste anche la “Soccida con conferimento di pascolo”, ipotesi nella quale il soccidario conferisce il bestiame ed il proprio lavoro, mentre il soccidante conferisce il terreno per il pascolo.
In base a quanto previsto dall’articolo 2174 del C.C., il soccidario è tenuto a prestare la forza di lavoro che necessita per l’allevamento e lo sfruttamento del bestiame fornito dal soccidante.
Il soccidario ha anche l’obbligo di custodire il bestiame, con una responsabilità in caso di perimento o malattia del bestiame, a meno che lo stesso soccidario non dimostri la sua estraneità all’evento.
Giova ricordare che, come chiarito dal Ministero Finanze con Circ. 32 del 27/4/1973 e Risoluzione 381861 del 28/5/1980, ad entrambi le parti del contratto, soccidante e soccidario, è applicabile il regime speciale dell’agricoltura di cui all’articolo 34 del D.P.R. 633/72.
Con risoluzione n.14 del 9/2/95, lo stesso Ministero ha ritenuto che il conferimento del bestiame, pur essendo atto non soggetto ad Iva, non costituisce cessione di beni, e pertanto la successiva vendita dei prodotti e la divisione degli accrescimenti possono fruire della detrazione forfetaria.
Recentemente, la Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 15764/2023 pubblicata il 6 giugno scorso, ha affermato che la cessione degli animali dal soccidante non preclude la detrazione dell’Iva in capo al soccidario.
La controversia era nata in quanto era stato chiesto il rimborso Iva per acquisti di beni strumentali da parte del soggetto che, nell’ambito del contratto di soccida, rivestiva la qualifica di soccidario.

L’Ufficio, però, ha negato il rimborso, sostenendo che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, e quindi al chiesto rimborso dell’Iva, in quanto la vendita era stata eseguita dal soccidante.

La Cassazione, tuttavia, come già detto, si è espressa in maniera contraria all’interpretazione dell’Ufficio e della Commissione Tributaria Regionale, ritenendo legittima la detrazione dell’Iva ed il rimborso, considerando esistente in capo ad entrambe le parti del contratto di soccida la soggettività passiva (impresa agricola) e, conseguentemente, l’applicazione delle regole che disciplinano l’imposta sul valore aggiunto, compreso il diritto alla detrazione ed il relativo regime speciale dell’agricoltura.

Sempre secondo la Cassazione, non assume rilievo la circostanza per cui, in forza del contratto di soccida, sia prevista la monetizzazione della percentuale di accrescimento spettante al soccidario posto che tale profilo attiene ai rapporti interni tra gli associati e non all’attività d’impresa agricola, sicché essa integra un indice estraneo e non pertinente ai fini della qualificazione dell’attività del soccidario.

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