Forum con Giovanna Spatari, rettrice Università di Messina
Un confronto su questioni strutturali e non contingenti: ospite di questo Forum con il QdS, alla presenza del direttore Carlo Alberto Tregua, la rettrice dell’Università di Messina, Giovanna Spatari.
La sua elezione è avvenuta in un periodo complicato per l’Università di Messina, qual è stato il suo approccio per la ripartenza?
“Ciascuno nel ruolo che ricopre porta la sua esperienza e il suo modo di lavorare. Ho avuto un predecessore che ha fatto delle cose importanti nella nostra Università. È stato tutto tumultuoso, in un primo momento non ero mentalmente preparata alla candidatura, è stato un divenire estremamente rapido con una significativa accelerazione finale. Un’esperienza forte, caratterizzata da una campagna elettorale molto impegnativa e che dopo l’elezione non ha visto quel fisiologico periodo di adattamento molto spesso necessario in situazioni del genere. È una gestione estremamente complessa quella dell’Università: abbiamo 25 mila studenti e 1.150 docenti, senza dimenticare gli aspetti propri di qualsiasi Pubblica amministrazione. Il Senato accademico è di grande supporto. È centrale nelle logiche di crescita e di impulso dell’Ateneo ed è l’organismo attraverso il quale il rettore, senza posizioni preconcette, insieme ai senatori definisce l’indirizzo politico”.
La ricerca di una rinnovata coesione è probabilmente uno dei temi su cui ha dovuto lavorare maggiormente…
“Mi sono spesa molto per affrontare alcune tensioni interne e ho lavorato sul clima generale. La linea che ho voluto seguire è quella del coinvolgimento di più attori nel processo decisionale, per disegnare una struttura in grado di affrontare le sfide del futuro. Un Ateneo con al centro le persone, in particolare gli studenti, dove sempre più giovani scelgono di studiare, verso cui la città sente forte il senso di appartenenza, che mette a disposizione esperienze e competenze per creare opportunità di sviluppo sul territorio ma che promuove anche la crescita culturale. La terza missione è importante e in questi mesi l’Ateneo è stato parte attiva di numerose iniziative del territorio, in particolare quelle che coinvolgono il mondo della scuola e delle professioni. Grande è quindi la sinergia con le altre istituzioni, come rilevante è la presenza dell’Università nelle dinamiche del Policlinico, verso cui sono particolarmente attenta non soltanto da Ordinario di medicina del lavoro ma anche per la rilevanza che la ricerca ha nel percorso di crescita dell’Ateneo e dell’Azienda ospedaliera collegata. Ho cercato di migliorare l’interlocuzione con la Regione. Rispetto al passato ho sempre ribadito di volere cogliere tutto ciò che di buono è stato fatto per potenziarlo e valorizzarlo: dagli investimenti per le residenze (ex hotel Riviera) e per i poli culturali (ex sede Banca d’Italia) alle opere di riqualificazione dei plessi. In questo primo anno del sessennio abbiamo per prima cosa concentrato gli sforzi su un’offerta formativa adeguata anche alle esigenze di una città che si modifica. L’ampliamento dell’offerta di corsi di laurea in lingua inglese sicuramente va in questa direzione e verso questo modello è l’Università Campus, che è quello a cui vogliamo tendere. Offrire corsi di laurea adeguati e dei servizi che consentono di vivere l’Università in tutti i suoi aspetti, dalle biblioteche aperte fino a mezzanotte alle attività sportive nella Cittadella, coinvolgendo l’Amministrazione comunale verso scelte che vanno incontro alle esigenze degli studenti, molti dei quali stranieri. Ciò significa anche gettare le basi perché si sviluppino le condizioni perché molti giovani dopo la laurea rimangano sul territorio. Le opportunità che si trovano sul territorio spingono molti ragazzi a scegliere in quale Ateneo studiare e in questo senso va anche il lavoro che le tre Università statali siciliane vogliono fare all’interno della Crus, tra l’altro con la promozione di percorsi di laurea magistrali interateneo”.
Com’è partito il nuovo Anno Accademico?
“Con molta speranza e fiducia. È presto per quantificare le iscrizioni, perché vanno formalizzate più avanti. Ma spero che i numeri ci possano dare ragione. Un rettore deve preparare l’anno accademico nei minimi particolari e io ho provato a farlo agendo su più direttrici, cercando di adeguare l’offerta formativa alle esigenze del territorio ma anche degli studenti. Come ho già accennato, abbiamo un numero importante di stranieri e da questo punto di vista la nostra Università è forte. Vi sono, come sottolineato, nuovi corsi di laurea in lingua inglese e ovviamente questi non sono stati pensati soltanto per gli stranieri”.
La formazione, dunque, non è intesa soltanto come percorso di dattico…
“Oltre a un’offerta di livello, curiamo anche l’aspetto della comunità. Credo fermamente che la formazione non sia soltanto un trasferimento di conoscenze ma lo strumento per far nascere nei giovani il senso critico, la creatività, la capacità di adattarsi e innovare. Vivere insieme i luoghi dell’Università è un valore aggiunto oggi più che mai necessario”.
Dal ruolo della Conferenza dei rettori alla valorizzazione di socialità e sport
Quali sono i servizi offerti che fanno vivere agli studenti i luoghi dell’Università?
“Insieme al già attivo prolungamento degli orari di apertura della biblioteca del plesso centrale, che chiude a mezzanotte, ho definito il prolungamento dell’orario di apertura di altre biblioteche. Gli studenti amano vivere l’Università, frequentare gli spazi accoglienti sia interni che del cortile. Le biblioteche che fanno orario prolungato sono quelle che insistono tutte in un macroplesso, quello del Rettorato, dove ci sono anche i servizi di guardiania. Gli stessi servizi vengono offerti nei poli decentrati. Centrale è anche la possibilità di praticare sport. Abbiamo una bellissima struttura, la cosiddetta Cittadella universitaria, nata quando era rettore Gaetano Silvestri. Essa offre la possibilità di praticare sport ai nostri studenti, ma è anche aperta all’esterno per tutti i cittadini e al territorio anche con dei percorsi di attenzione alla disabilità. Lo sport significa anche inclusione: abbiamo tra l’alto una squadra di baseball per non vedenti, attività di nuoto e altre discipline, insieme alla pet therapy, che intendo potenziare. Garantiamo anche percorsi di studio agevolati per gli studenti che fanno sport a livello agonistico. Credo che oggi più che mai lo sport rappresenti un volano molto importante anche perché i giovani che praticano attività sportiva tendono ad adottare corretti stili di vita”.
Può parlarci meglio dei progetti comuni tra le tre Università statali siciliane?
“Sono riunite nella Crus, che svolge già un ruolo importantissimo e penso possa avere maggiore centralità anche in futuro. In cantiere ci sono tanti progetti di visione, come quello di attivazione di percorsi di laurea magistrali interateneo perché è qui che le realtà siciliane registrano una flessione. Percorsi formativi, quindi, che vedono insieme le migliori competenze e le expertise degli Atenei siciliani. Insieme agli altri rettori, guardiamo all’apertura di corsi di laurea in chiave di attenzione al territorio per cercare di garantire attraverso le sedi decentrate la possibilità che ci sia un’offerta formativa che va oltre i confini della provincia. UniMe ha sedi decentrate a Priolo e Noto e vogliamo aprirne altre. Il ruolo della Crus à cruciale nelle dinamiche di crescita del territorio siciliano, perché davanti a un interlocutore importante come la Regione, se i rettori si presentano con progetti unitari può essere più facile risultare credibili e incisivi.
Le strategie per connettere UniMe e mondo del lavoro
Quali azioni state portando avanti per facilitare l’inserimento gei neolaureati nel mondo del lavoro?
“Il tema è cruciale. Mi confronto costantemente con i ragazzi delle scuole superiori di secondo grado, perché sono convinta che l’orientamento non si faccia soltanto nei giorni dedicati. Abbiamo un’interlocuzione importante con l’Ufficio scolastico provinciale e coinvolgiamo le scuole in iniziative dell’Università. Vorrei che i giovani e le loro famiglie considerassero l’Ateneo un punto di riferimento e farli avvicinare all’Istituzione. Dobbiamo tendere ad accorciare la distanza tra l’Università e il al mondo del lavoro. Quando chiedo ai giovani i motivi per cui scelgono di andare fuori a studiare, specie per quei corsi di laurea con indicatori alti di UniMe, quasi mai mi viene detto che è perché non c’è un’offerta formativa efficace, ma mi viene detto che tanto prima o poi devono andare a lavorare fuori, oppure che vogliono fare un’esperienza lontani da casa. Sto cercando con le poche realtà esistenti sul territorio di costruire percorsi di collaborazione per facilitare l’inserimento attraverso le attività di tirocinio in aziende; quindi promuovere percorsi professionalizzanti sempre più rivolti al territorio, ma anche ragionare di più verso un’offerta formativa che possa andare verso quei settori più sviluppati a livello locale”.
Sul fronte delle risorse a disposizione, cosa può dirci?
“In questo momento non c’è un contesto favorevole allo sviluppo e al riconoscimento del ruolo degli Atenei. Abbiamo avuto un taglio importante sul Fondo di finanziamento ordinario e a questo si deve aggiungere l’incremento dei costi del personale. Servirebbero più risorse. Il sistema di Governo che investe sugli Atenei e sulla formazione restituisce un futuro al Paese”.