Il modello di gestione associata dei servizi è praticamente ignorato nella nostra Isola. E gli evasori prosperano
PALERMO – I Comuni sono in crisi, in particolare per quello che riguarda la gestione economico-finanziaria. Ma se a livello nazionale si stanno iniziando a mettere in atto soluzioni concrete per far fronte a molte delle criticità che interessano gli Enti locali, in Sicilia le cose continuano a muoversi con grande lentezza e, in alcuni casi, sembrano camminare addirittura contromano. Per esempio, con la creazione di un nuovo Comune.
Tornando alle criticità, quello dell’evasione dei tributi locali è uno tra i principali problemi con cui gli amministratori dei Comuni, piccoli o grandi che siano, si trovano costretti a fare i conti. Conti che, però, nella stragrande maggioranza dei casi, non tornano.
È quanto emerge dalle stime su evasione e morosità degli italiani elaborate dall’Ufficio studi della Cgia Mestre. Secondo i dati del ministero dell’Interno riferiti al 2016 (ultimo anno disponibile) nei Comuni isolani la stima dell’evasione di Imu e Tasi ammonta a 369 milioni di euro, con una tax gap – differenza tra le imposte che vengono effettivamente incassate dalle amministrazioni locali e quelle che si incasserebbero in un regime di perfetto adempimento spontaneo alla legislazione esistente – che si attesta al 36,6 per cento, contro una media nazionale che si ferma al 26,7 per cento. Il che vuol dire che nella nostra Isola a non pagare sono quasi quattro contribuenti su dieci.
Neanche sul fronte Tari la situazione è confortante: secondo le stime emerse dai dati del Laboratorio Ref ricerche e Crif ratings, nel 2018 agli Enti locali siciliani sono mancati all’appello ben 386 milioni di euro, pari a 77,2 euro per abitante. Più del doppio rispetto alla media pro capite nazionale (35,5 euro).
Non parliamo dunque di pochi spicci bensì di cifre che nel bilancio di un Ente locale fanno – eccome – la differenza. La parola d’ordine per chi amministra un Comune deve essere “attenzione”: non solo alle spese ma anche alle entrate, in particolar modo a quelle tributarie. Organizzare alla perfezione un ufficio Tributi non è affatto facile, specie per i Comuni di piccole dimensioni: serve innanzitutto personale che possegga adeguate competenze in materia e servono anche idonei strumenti informatici che consentano di scovare i furbetti.
Una strada percorribile è quella della gestione associata del servizio di riscossione dei tributi. Come in altre circostanze, però la Sicilia si distingue – in negativo – dal resto della Penisola: mentre la normativa nazionale favorisce la collaborazione tra di Enti locali al fine di coordinare in modo più efficace un settore complicato come quello dei tributi, la Lr 15/2015 dispone nell’Isola il divieto di unioni tra Comuni. L’art. 41, c. 1, della citata norma recita infatti: “…è fatto divieto ai comuni di istituire nuove entità, comunque denominate, ivi compresi gli organismi di cui agli articoli 31 e 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per l’esercizio associato di funzioni, fatte salve quelle previste per legge nonché le convenzioni per l’espletamento di servizi”. Ne abbiamo discusso con Mario Emanuele Alvano, segretario generale di Anci Sicilia.
In che modo è possibile supportare i Comuni siciliani sul fronte della riscossione dei tributi locali?
“Da parte nostra continuiamo, ormai da anni, a offrire incontri di formazione sul tema. La vera svolta però è difficile che possa venire da noi. Abbiamo avviato insieme all’assessorato regionale all’Economia un’iniziativa finalizzata a dare il via a gare che consentano, su base volontaria, di individuare un soggetto che gestisca il servizio per conto del Comune, secondo le procedure previste dalla legge, senza doversi sobbarcare di procedure che spesso sono anche difficili da gestire. La vera svolta però, come dicevo, è difficile che possa venire da noi: noi l’abbiamo fatta in termini di proposta, abbiamo chiesto in più occasioni – l’ultima delle quali il 27 dicembre all’assemblea straordinaria dei sindaci siciliani – un segnale forte sulla questione e abbiamo aperto un dialogo perché ci sia una incentivazione finanziaria che spinga i Comuni alla gestione associata”.
In Sicilia, però, c’è un veto sulle unioni degli Enti locali…
“Sì, nella nostra Isola i Comuni non si possono associare in unione perché attualmente vige un divieto normativo: è un paradosso perché mentre a livello nazionale si incentivano, in Sicilia le vietano. Abbiamo segnalato l’anomalia e proposto un disegno di legge per modificare l’attuale norma. In realtà non basta solo consentire la possibilità di unioni: bisogna incentivarla, bisogna che una parte dei trasferimenti statali alle Amministrazioni locali vegano destinate a Comuni che realizzano a nuove unioni, nuove forme di associazionismo, anche tramite convenzioni ma che siano poi destinate alla gestione effettiva di servizi. Non si può pensare semplicisticamente di cambiare un sindaco per risolvere il problema: quello che è difficile cambiare è la struttura amministrativa che, in alcuni casi, fa fatica ad adeguarsi a una legislazione che negli ultimi dieci anni è cambiata in maniera rilevante”.
Pasquale Mirto, dirigente del settore Entrate dell’Ucman, racconta l’esperienza emiliana
PALERMO – Nella lotta all’evasione l’unione può fare la differenza. Un caso virtuoso è quello messo in piedi dall’Unione dei Comuni modenesi area Nord. E abbiamo chiesto delucidazioni a riguardo a Pasquale Mirto, dirigente del settore Entrate dell’Ucman.
Quali sono i vantaggi di gestire in forma associata un servizio pubblico?
“Si uniscono le debolezze, relative principalmente alla carenza di personale, per costituire un ufficio che può raggiungere, con pochi investimenti, risultati ottimi. Per farlo però sono necessarie volontà politica, almeno una persona altamente qualificata e dotazioni informatiche sufficienti”.
Come funziona nell’Unione dei Comuni modenesi area Nord la riscossione dei tributi?
“L’Ufficio ha fin dalla sua nascita organizzato l’attività in modo da favorire prima di tutto l’adempimento spontaneo, supportando con diversi canali i contribuenti: dai servizi di compilazione gratuita dei bollettini di versamento, alla tenuta di un sito web aggiornato, con guide semplificate per ogni tributo, ai servizi di consulenza personalizzati, anche con riferimento alla determinazione dei valori delle aree fabbricabili. Altrettanta attenzione è stata posta all’attività di controllo dell’evasione, con riferimento a tutti i tributi comunali”.
Qual è il trend dei tributi riscossi dalla nascita del servizio associato (novembre 2003) a oggi?
“Dalla nascita dell’Unione alla soppressione dell’Ici, per esempio, sono stati recuperati oltre 12 milioni di euro. L’attività di recupero Ici è continuata anche dopo il 2012: si sono registrati incassi fino al 2018, a seguito della definizione di controversie pendenti innanzi la Corte di Cassazione. Complessivamente nel periodo 2012-2018 sono stati recuperati altri 4,4 milioni di euro, con recuperi ovviamente decrescenti, posto che l’attività accertativa è terminata nel 2016, a seguito dello spirare dei termini decadenziali. Sul fronte del recupero Imu, invece, gli importi sono notevolmente più alti a causa della circostanza che in sede di accertamento la quota di competenza statale è acquisita direttamente dai Comuni. Nel periodo 2013-2018 sono stati recuperati quasi 12 milioni di euro. Sommando i recuperi Ici e Imu, nel periodo 2013-2018, si ottiene la significativa cifra di 16 milioni di euro. Va poi evidenziato che l’Ufficio tributi di Ucman gestisce direttamente il contenzioso tributario di merito, con tassi di vittoria di oltre il 95%”.
Il modello della gestione associata potrebbe funzionare in Sicilia?
“La gestione associata, a mio avviso, è l’unico modo per effettuare un fattivo contrasto all’evasione nei Comuni meno strutturati, sussistendo alcune condizioni di base, tra le quali metterei in via prioritaria la volontà politica, perchè spesso il recupero dell’evasione viene considerato un ‘disturbo’ che si reca ai cittadini elettori, non preoccupandosi dei ‘cittadini’ che pagano le tasse spontaneamente e che sono costretti a pagare anche quelle degli evasori. Tecnicamente poi, a parte l’esperienza di un’Unione di Comuni, allo stesso risultato si arriva con una banale convezione tra enti”.
Nel trapanese potrebbe presto essere istituito Misiliscemi
Lo strano caso siciliano: un nuovo Ente in arrivo
TRAPANI – In Sicilia potrebbe arrivare un nuovo Comune: il suo nome è Misiliscemi e ha già incassato il “Sì” della Giunta regionale retta dal presidente Nello Musumeci, che ne ha approvato nei giorni scorsi la delibera di istituzione. Manca dunque soltanto il via libera da parte dell’Ars alla nascita del 391esimo siciliano. Il nuovo Ente avrà 8.669 abitanti, circa il 12,5% degli attuali abitanti di Trapani (67.531) e sarà, all’inizio, retto da un commissario in carica fino alle elezioni.
Con questa scissione, il capoluogo non soltanto perderebbe un ottavo dei propri abitanti ma anche il personale comunale residente nelle frazioni scorporate, che passerà alle dipendenze del nuovo Ente locale, e soprattutto strutture importanti quali l’aeroporto di Birgi, l’ospedale, l’Università, lo stadio di calcio e il penitenziario.
Abbiamo interpellato a riguardo una deputata regionale della zona, Valentina Palmeri (Movimento 5 stelle): “Siamo in un momento storico dove per affrontare le difficoltà dovute agli scarsi trasferimenti di fondi statali e regionali, molti Comuni decidono di accorparsi. Ma a Trapani, succede il contrario. Le motivazioni emerse fanno riferimento al fatto che molte frazioni del capoluogo denunciano da decenni una scarsa attenzione da parte delle varie Amministrazioni succedutesi alle esigenze di un territorio molto vasto e poco servito”.
“Non sono un amministratore comunale – aggiunge – ma ritengo che la scissione potrebbe indebolire il Comune di Trapani, già vessato da una crisi figlia dello scarso indotto turistico. Il nuovo Comune, per potersi dirsi tale, dovrà dotarsi di tutti i servizi di base minimi: mi riferisco ai trasporti, al cimitero… che ricadranno sulle spalle dei cittadini del futuro Ente. Il testo del Ddl deve passare dalla Commissione di merito per eventuali emendamenti e successivamente andrà all’Ars per l’approvazione definitiva”.
“Vedrò di esaminarlo – conclude – se è il caso di emendarlo e poi prenderò la mia decisione insieme al gruppo”.
“e soprattutto strutture importanti quali l’aeroporto di Birgi, l’ospedale, l’Università, lo stadio di calcio e il penitenziario.” Signora Giordano, chi le ha suggerito queste sciocchezze?
La scissione indebolirà certamente il comune di Trapani, che dovrebbe fare ammenda per la scarsa (praticamente nulla) attenzione verso le frazioni.
La signora Palmieri dovrebbe occuparsi dei vivi (i cittadini ignorati dal comune) e non preoccuparsi dei morti (il cimitero).