I tre pilastri della brescianità - QdS

I tre pilastri della brescianità

Marco Vitale

I tre pilastri della brescianità

mercoledì 11 Settembre 2024

Profonda religiosità. Grande capacità di lavoro e rispetto per la dignità dello stesso

… segue dal QdS del 4/9/2024

I tre pilastri della brescianità: “Liberi homines Brixiam habitantes”. Profonda religiosità. Grande capacità di lavoro e rispetto per la dignità dello stesso.

Il primo pilastro è una spiccata vocazione alla libertà e alla autonomia temperata dal realismo e dal buon senso. Non è un caso che il primo documento certo della comunità di Brescia in formazione, datato gennaio 1038, si intitoli: “Liberi homines Brixiam habitantes”.

In quel documento il vescovo Olderico I si obbliga solennemente nei confronti dei “liberi homines Brixiam habitantes” a non costruire sul colle Cidneo e a consentire l’uso dei monti Degno e Castenedolo per il pascolo, il taglio della legna e altri bisogni. L’atto ha ancora la forma di una concessione feudale, ma nella sostanza traspare l’assunzione di un’obbligazione precisa alla quale il vescovo dovette essere costretto con metodi decisi. Olderico infatti precisa che per: “(…) vivere in pace e in letizia come un padre con i suoi figli, ho deciso di eliminare ogni occasione di litigio e di contesa”. Ma i bresciani non si fidarono della soave prosa vescovile e con sano realismo pretesero che l’obbligazione fosse garantita da una somma di 2000 libre di oro puro, una cifra enorme, a fronte della quale essi ringraziarono offrendo l’omaggio simbolico di una pelliccia, secondo la tradizione longobarda.

Questo episodio di Olderico I è particolarmente significativo per iniziare un discorso sull’identità dei bresciani. Sono i primi segnali di un sistema dove la proprietà, e la disciplina del suo corretto utilizzo, cominciano a diffondersi tra la popolazione con il fine dello sviluppo, della mobilità sociale, dell’elevazione economica e culturale.

Rileggendo la storia di Brescia viene in mente l’interpretazione della storia italiana di Vasco Pratolini, che scrive: “Le cronache d’Italia sono un susseguirsi di faide, di scontri di fazioni, di lotte civili… Se di tali cronache si giovasse la storia, il volto d’Italia apparirebbe mutato. Ma è pur questo, mascherato, il voto dell’Italia. È il segreto della sua forza, per cui il più ignorante e sprovveduto degli italiani non si sente, ma è, cittadino del mondo. E consiste [tale volto, ndr] nella capacità del suo popolo di ricominciare sempre daccapo”.

continua…

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