Il coronavirus nel 2020 ha cancellato il 70% dei congressi, la Regione si attivi per rifarsi nel 2021 - QdS

Il coronavirus nel 2020 ha cancellato il 70% dei congressi, la Regione si attivi per rifarsi nel 2021

Il coronavirus nel 2020 ha cancellato il 70% dei congressi, la Regione si attivi per rifarsi nel 2021

giovedì 08 Ottobre 2020

In Sicilia la politica non ha approntato una task force dedicata a questa fondamentale occasione di destagionalizzazione turistica. Le sedi sono poche e la nostra Isola appare meno attrattiva a confronto di alcune regioni del Nord che continuano a guidare la classifica elaborata dall’associazione Federcongressi&eventi

Lo scorso anno in Italia sono stati realizzati 431.127 eventi (+2,3% rispetto al 2018) per un totale di 29.101.815 partecipanti (+2,5%), 43.398.947 presenze (+2,6%) e 613.842 giornate (+2,8%). Dei 431.127 eventi rilevati in Italia più della metà, il 57,6%, si è svolto al Nord, il 24,9% al Centro e il 17,5% nel Sud e nelle Isole.

Sicilia, dunque, meno attrattiva delle regioni del Nord che continuano a guidare la classifica. I numeri sono stati rilasciati dall’associazione dell’industria dei congressi e degli eventi Federcongressi&eventi che ha presentato la sesta edizione dell’Osservatorio Italiano dei Congressi e degli Eventi-OICE, l’unico studio di settore che dal 2015 monitora annualmente l’andamento del comparto.

Nella nostra isola dopo dieci anni di attività ha chiuso a fine anno scorso il Sicilia Convention Bureau che, dopo aver lamentato l’abbandono da parte delle istituzioni, ha lasciato l’Isola priva di studi dedicati.

Il settore, lo ricordiamo, ha subito un impatto senza precedenti a causa dell’epidemia Covid19 che ha cancellato il 70% degli eventi e dei congressi.

Il danno può essere tradotto a livello nazionale nella stima di una perdita di circa 215.000 eventi considerando che i meeting già previsti o comunque potenzialmente ospitabili nel 2020 rappresentano il 70% del totale annuo; la chiusura del settore è durata 6 mesi. Il Dpcm del 7 agosto li ha sbloccati dal primo settembre; un segnale decisivo per la ripresa di un settore che impiega quasi 570 mila addetti.

La data di riapertura dà però ossigeno a un settore rimasto completamente fermo che genera un indotto di 64,7 miliardi di euro con un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi di euro/anno (l’Italia rappresenta la sesta nazione al mondo per impatto economico generato dal settore degli eventi e dei congressi) e che impiega 569 mila addetti.

Un settore trainante del turismo, che assicura l’occupazione alberghiera anche in bassa stagione (e degli hotel delle città d’arte attualmente in crisi), che promuove all’estero l’immagine dell’Italia e che coinvolge un’intera filiera (alberghi, centri congressi, agenzie organizzatrici, aziende di trasporti, società di catering e di servizi tecnici).

Tornando ai dati e con riferimento ai 29.101.815 partecipanti, il Nord con il 58,6% registra la percentuale maggiore (+1,8% rispetto al 2018), seguito dal Centro che ha concentrato il 28,8% dei partecipanti totali (+3,5%), mentre il Sud e le Isole hanno ospitato il 12,6% dei partecipanti totali (+3,9%), contraddistinguendosi per un numero medio di partecipanti per evento in crescita (pari al 48,3 contro il 47,2 del 2018) ma comunque inferiore alla media nazionale.

La durata complessiva degli eventi è stata su tutto il territorio nazionale pari a 613.842 giornate (+2,8% rispetto al 2018), di cui il 57,8% nel Nord (+2,7% rispetto al 2018), il 24,6% nel Centro (+3,5%) e il 17,6% nel Sud e nelle Isole (+2,1%). Le 43.398.947 presenze rilevate in Italia sono distribuite per il 58,4% nel Nord (+3% rispetto al 2018), che recupera il proprio peso percentuale dopo la diminuzione subita nel 2018, per il 29,6% nel Centro (+1,6%) e per il 12% nel Sud e nelle Isole (+2,9%).

Con riferimento alla distribuzione delle sedi sul territorio nazionale è possibile rilevare che la metà delle sedi è dislocata al Nord (il 52,9%), il 25,3% al Centro, il 13,6% al Sud e l’8,2% nelle Isole, prosegue l’Osservatorio.

In merito alle location, sono stati gli alberghi le più utilizzate aggiudicandosi la maggioranza degli eventi (l’80,9%), con una netta prevalenza di eventi aziendali e il 58,6% delle presenze. Il 2,9% degli eventi si è svolto nei centri congressi che, però, hanno realizzato il più elevato numero medio di eventi per sede (139,2) e hanno concentrato il 13,2% delle presenze.

Fiera del Mediterraneo e Ciminiere, i due gioielli da riqualificare per dare nuovo slancio a tutto il settore

La stima inerente l’industria italiana degli eventi (su dati Oxford Economics e Istituto AstraRicerche/ADC Group) pubblicata su eventsliveindustry.it restituisce un volume d’affari di 65,5 miliardi di euro con un impatto sul Pil di 36,2 miliardi di euro.

Un potenziale enorme con numeri in crescita che la nostra regione stenta a promuovere: i dati siciliani di settore aggiornati non si conoscono (il Convention bureau che li elaborava, lo ribadiamo, ha chiuso), non c’è in campo una task force regionale ad hoc, assessorato, associazioni e ordini professionali immersi nel settore non dialogano (vedi inchiesta del QdS del 2 luglio scorso).

Nella nostra ultima intervista sul tema, l’assessore regionale al turismo Manlio Messina, ha sottolineato: “E’ difficile organizzare congressi con le limitazioni messe in atto. Ma voglio ricordare che il governo Musumeci, in giunta, ha approvato il progetto di riqualificazione della Fiera del Mediterraneo a Palermo e un progetto di rilancio anche delle attività per le Ciminiere di Catania, che sono due poli fondamentali a nostro giudizio per le attività congressuali in Sicilia. In particolare, gli spazi della Fiera del Mediterraneo, in gran parte inutilizzati o sottoutilizzati da anni, meritano attenzione perché possono costituire un luogo ideale proprio per l’organizzazione di grandi congressi e meeting”.

Guardando al futuro, i dati di Federcongressi&eventi restituiscono luci e ombre: prima dell’emergenza Covid-19 il 55,7% delle sedi aveva previsto di effettuare nel 2020 almeno un investimento: in particolare, tra queste sedi il 58,9% aveva programmato investimenti in tecnologie, il 52,3% investimenti in strutture, il 51% investimenti in infrastrutture e servizi e il 26,5% investimenti in risorse umane.

La cancellazione della maggior parte degli eventi previsti ha obbligato le sedi a rinunciare in molti casi agli investimenti in programma, specialmente quelli in risorse umane che, secondo le risposte di una parte del campione che è stato contattato dopo il 15 marzo, hanno subito la maggiore quota di cancellazioni (il 66,6% delle sedi che li avevano programmati).

L’emergenza Covid-19 ha, tuttavia, messo in luce la capacità di reazione del settore e la sua tempestività nel rispondere ai cambiamenti imposti dalla situazione in atto. Infatti, sono stati comunque mantenuti gli investimenti considerati maggiormente strategici come quelli in tecnologie (confermati interamente o parzialmente dal 70,4% delle sedi) e in infrastrutture/servizi (69,2%), investimenti del resto oggetto di un ulteriore sforzo per adeguarsi alle normative di contenimento del contagio e per restare competitivi su un mercato che nel prossimo futuro chiederà sempre più servizi e soluzioni tecnologiche per supportare i clienti nel favorire l’engagement dei partecipanti agli eventi.

Nel 2019 il 34,4% delle sedi rispondenti non ha effettuato alcun tipo di investimento, mentre il restante 65,6% ha attuato una o più tipologie di investimento. Più in dettaglio, i centri congressi rispondenti hanno effettuato almeno un investimento nell’86,4% dei casi, mentre gli alberghi con sale meeting costituiscono la tipologia di sede che ha effettuato investimenti nella percentuale minore (62,6%). Gli investimenti più realizzati sono stati quelli in tecnologie (nel 66% dei casi) – con il 75,3% degli alberghi e il 73,7% dei centri congressi che nel 2019 ha investito in tali servizi –, seguiti dagli investimenti in infrastrutture e servizi (nel 52,9% dei casi), effettuati specialmente dalle dimore storiche (nel 61,5% dei casi), e dagli investimenti in strutture (nel 35,4% dei casi), sostenuti soprattutto dalle dimore storiche (61,5%) e dai centri congressi (57,9%). Inferiore risulta la percentuale di investimenti in risorse umane (nel 32,5% dei casi), che sono stati effettuati specialmente dai centri congressi (42,1%) e dalle sedi fieristico congressuali (40%).

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