Cosa ne sarebbe stato di quest'amore se il giudice Falcone non fosse stato ucciso? È una domanda che Ilda Boccassini si è ripetuta più volte.
Ilda Boccassini, uno dei magistrati più noti in Italia, ha scritto un libro autobiografico. Ne “La stanza numero 30” confessa la sua storia d’amore segreta con Giovanni Falcone, giudice antimafia ucciso il 23 maggio del 1993, nella Strage di Capaci, da Cosa nostra.
Conosciuto negli anni ’80, il giudice riuscì a rapirle il cuore: “Me ne innamorai. È molto complicato per me parlarne – scrive -. Sicuramente non si trattò dei sentimenti classici con cui siamo abituati a fare i conti nel corso della vita. No. Il mio sentimento era altro e più profondo, non prevedeva una condizione di vita quotidiana, il bisogno di vivere l’amore momento per momento. Ero innamorata della sua anima, della sua passione, della sua battaglia, che capivo essere più importante di tutto il resto. Sapevo di non poter condividere con lui un cinema o una gita in barca, pur desiderandolo, ma non ero gelosa della sua sfera privata, né poteva vacillare la mia. Temevo che quel sentimento potesse travolgermi. E così in effetti sarebbe stato, perché lo hanno ucciso”.
I due condividevano lavoro, amicizia e anche qualcosa di più. Un giorno, al mare, lui le chiese di fare un bagno insieme e lei non si fece fermare nemmeno dalla messa in piega appena fatta dal parrucchiere: “Giovanni prima mi prese la mano, poi la lasciò e cominciammo a nuotare verso l’ignoto”. E poi ancora, nel ’91, andarono in Argentina a interrogare un boss: “Rimanemmo abbracciati per ore, direi tutta la notte, parlando, ascoltando Gianna Nannini e dedicandoci di tanto in tanto ad alcuni dettagli dell’interrogatorio e ai possibili sviluppi dell’indagine. Che notte…”