Inflazione, stangata in Sicilia: sue città tra le più care d'Italia - QdS

Inflazione, che salasso per la Sicilia: Palermo, Messina e Catania tra le città più care d’Italia

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Inflazione, che salasso per la Sicilia: Palermo, Messina e Catania tra le città più care d’Italia

Salvatore Rocca  |
martedì 16 Maggio 2023

Nuova crescita dell'inflazione, le principali città della Sicilia figurano in alto nella classifica dei Comuni dove si registrano i rincari.

La Sicilia continua a rimanere sotto il giogo dell’inflazione. Nell’isola l’aumento dei prezzi al consumo non smette di aggredire i portafogli delle famiglie siciliane. A confermare ancora una volta i tassi elevati sul territorio isolano sono i dati diffusi dall’Istat con riferimento al mese di aprile 2023.

Nel report, l’Istituto di statistica sottolinea come nell’ultimo mese l’inflazione abbia registrato una “diffusa accelerazione” sull’intero territorio italiano, ma a risaltare è il dato relativo alle Isole per le quali viene evidenziata una percentuale superiore alla media italiana (+8,2).

Inflazione, Sicilia la seconda Regione più cara d’Italia

Per Sicilia e Sardegna, infatti, si parla di +8,8% (a marzo 2023 il dato era di +8,5%.) Inoltre, la Sicilia figura come seconda nel “podio” dei rincari per quanto riguarda la classifica dei capoluoghi delle Regioni, delle Province autonome e dei Comuni non capoluogo di Regione.

Inflazione, “incubo” per Palermo

Se a Genova si osserva l’inflazione più alta d’Italia (+9,7%), a Palermo si registra il ragguardevole dato del +9,3%. A tal proposito, l’Ufficio di Statistica del Comune ha reso noto come, nel mese di aprile, l’indice dei prezzi al consumo ha fatto registrare una variazione congiunturale pari a +0,4%.

Nel dettaglio, ai piedi di Monte Pellegrino è stata registrata una variazione tendenziale dei beni pari a +11,3% (+10,4% il mese precedente). L’indice relativo ai servizi, invece, ha fatto registrare una variazione annua pari a +5,0% (+5,3% il mese precedente).

L’inflazione “corre” anche a Messina e Catania

Immediatamente dopo Palermo, in terza posizione, si piazza la città di Messina con un aumento del +9,1%. Al quarto posto si colloca la città di Catania, dove l’inflazione fa segnare un’impennata del +9,0% dei prezzi al consumo.

Inflazione, quali sono i rincari maggiori

Per quanto riguarda il dato nazionale, l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) al lordo dei tabacchi registra nel mese di aprile 2023 un aumento dello 0,4% su base mensile. Su base annua, così come detto in precedenza, viene indicata una crescita dell’8,2%, da +7,6% del mese precedente. Inizialmente, la stima preliminare realizzata dall’Istat era di 8,3%.

La crescita dell’Inflazione, così come delineato dall’Istat “si deve, in prima battuta, all’aumento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +18,9% a +26,6%) e, in misura minore, a quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,3% a +6,9%) e dei servizi vari (da +2,5% a +2,9%).

Questi effetti “sono stati solo in parte compensati dalla flessione più marcata dei prezzi degli energetici regolamentati (da -20,3% a -26,7%) e dal rallentamento di quelli degli alimentari lavorati (da +15,3% a +14,0%), degli alimentari non lavorati (da +9,1% a +8,4%), dei servizi relativi all’abitazione (da +3,5% a +3,2%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,3% a +6,0%)”.

Inflazione, crescono ancora beni e servizi

Si registra, invece, un lieve rallentamento dell’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi: si passa da “+6,3% a +6,2%, così come quella al netto dei soli beni energetici, che passa da +6,4% a +6,3%”.

Risulta maggiormente evidente, poi, “la crescita su base annua dei prezzi dei beni (da +9,7% a +10,4%), e in misura minore quella relativa ai servizi (da +4,5% a +4,8%)”. Il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quelli dei beni si colloca a -5,6%, dai -5,2% di marzo. Frenata, in termini tendenziali, dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, che varia da +12,6% a +11,6%. Il costo dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto cresce, invece, da +7,6% a +7,9%.

Inflazione, UCN: “Rialzi colpa del Governo”

“Una iattura! L’inflazione rialza la testa soprattutto per colpa del Governo che in aprile ha ripristinato tutti gli oneri di sistema sulla luce e la gran parte di quelli sul gas, facendo decollare i prezzi degli energetici, in particolare quelli non regolamentati considerato che la luce del tutelato in aprile è comunque scesa per la semplice ragione tecnica che i prezzi precedenti erano ancora quelli fissati a fine dicembre 2022. In un solo mese la luce del libero sale dell’8,8%, il gas dell’8,1%“, dichiara Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

“Per una coppia con due figli, l’inflazione a 8,2% significa una stangata pari a 2.417 euro su base annua, di questi ben 931 servono solo per far fronte ai rialzi del 12,1% di cibo e bevande. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva è pari a 2.220 euro, 840 per mangiare e bere. In media per una famiglia il rincaro è di 1848 euro, 682 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato spetta sempre alle famiglie numerose con più di 3 figli con una mazzata pari a 2.718 euro, 1.111 solo per nutrirsi e dissetarsi”, conclude Dona.

Inflazione, Codacond: “Illusione la frenata dei mesi scorsi”

Critico anche il Codacons. Così come sottolineato dal presidente Carlo Rienzi, il rialzo dei prezzi ” provoca una stangata pari in media a +2.398 euro annui a famiglia. La frenata dell’inflazione registrata negli ultimi due mesi si è rivelata una ‘illusione ottica’ dovuta al ribasso delle bollette di luce e gas e, una volta terminato l’effetto calmierante dei beni energetici, il tasso è tornato a salire in modo preoccupante”.

“L’inflazione all’8,2% equivale ad una maggiore spesa pari a +2.398 euro annui per la famiglia ‘tipo‘ che sale a +3.106 euro per un nucleo con due figli, stangata causata dalla crescita ancora a ritmi sostenuti di voci come gli alimentari e il carrello della spesa, comparti che segnano rispettivamente +12,1% e +11,6% su base annua, mentre i prodotti ad alta frequenza d’acquisto segnano un +7,9%”, scrive ancora il presidente dell’associazione.

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