Per Legambiente la città sotto il vulcano non riuscirà a raggiungere gli obiettivi Ue neanche nel 2080. Il prof. Inturri: "Il comune beneficia di una posizione geografica favorevole"
CATANIA – L’inquinamento atmosferico pesa in termini di mortalità più di una pandemia ogni anno. È la considerazione che emerge dal confronto dei dati diffusi dal rapporto “Economic cost of the health impact of air pollution in Europe” di Oms e Ocse presentato in Israele nel 2015 (quindi cinque anni prima l’arrivo del Covid-19) e i dati sulla mortalità da Coronavirus. Secondo il report, ogni anno in Europa muoiono prematuramente 600 mila persone a causa dell’azione dei tre agenti più inquinanti, Pm10, Pm2.5 micron e Ossido di azoto (NO2), ottanta mila muoiono solo in Italia. Entrambi i dati sono di molto superiori ai decessi per Covid-19 da inizio pandemia ad oggi.
Nonostante questo, la risposta dell’opinione pubblica resta tiepida e se da una parte le informazioni diffuse da Legambiente nel rapporto “Mal’aria 2022” testimoniano una forma d’impegno per la riduzione delle percentuali di emissioni, dall’altro, serviranno ancora decenni perché le regioni italiane siano in condizione di rispettare i nuovi criteri sulle emissioni stabilite con l’aggiornamento della direttiva 2016/2284.
Si stima, ad esempio, che ad una città come Catania non basterebbe arrivare al 2080 per adeguarsi ai criteri 2030. L’aria è inquinata a Catania con una media al di sopra della soglia di rilevanza sanitaria con i nuovi valori limite, scrive Legambiente. Nello specifico entro il 2030 il Pm10 dovrà essere ridotto del 29 per cento, il Pm2.5 del 23 per cento e gli Ossidi di azoto del 41 per cento. “Abbiamo provato a proiettare gli andamenti discendenti delle curve di inquinamento nei prossimi anni e ci siamo accorti – scrive Legambiente nello studio “Change is in the air” – che, di questo passo, Catania non riuscirà a rientrare nei limiti europei fissati neanche nel 2080 per gli ossidi di azoto”. Secondo l’associazione è necessario raddoppiare gli sforzi per trasporti e zero emissioni sulla città.
Andando a memoria fino ad oggi, sotto il vulcano è stato previsto solo un intervento e dai risultati non performanti. Nel 2015 la giunta Bianco scelse di limitare il traffico nelle zone centrali della città per i veicoli alimentati a gasolio Euro 0 ed Euro 1, ma l’assenza di controlli portò ricadute sulla città. Lo stato dell’arte è particolarmente problematico, ma nessuno si scompone.
“Il problema delle morti da inquinamento ha avuto riscontro scientifico dal 2015, anno in cui c’è stata una certificazione da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità e dati sulle morti correlate all’inquinamento atmosferico condivisi anche dalla Società Italiana dei cardiologi – ha dichiarato il professore Giuseppe Inturri, docente di Trasporti al Dipartimento di Ingegneria elettrica, elettronica e informatica Unict e membro del comitato scientifico di Legambiente a Catania -. Parliamo quindi di una consapevolezza recente, per questo probabilmente dal poco appeal. Unita all’assenza di bollettini settimanali come per il Covid-19 o la notizia di provvedimenti incalzanti da parte del governo, i dati riguardanti il numero più alto di morti da inquinamento non attira l’attenzione dell’opinione pubblica”.
Secondo il sesto rapporto di valutazione del Mitigamento del Clima dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), si stima che spendere in interventi per la riduzione delle emissioni costa meno delle spese sanitaria da preventivare per i pazienti ammalati a causa dell’inquinamento. Uno studio dell’Università di Catania per il calcolo del rischio epidemiologico a priori, ha dimostrato che la maggiore mortalità per Covid della Lombardia è correlata alle alte concentrazione di inquinanti atmosferici cui sono esposti gli abitanti di quella regione.
“La sanità è sempre la voce di spesa più alta all’interno delle regioni – ha specificato il professore Inturri -, questo rende la misura dell’importanza di questa opportunità. Negli studi di fattibilità delle infrastrutture possiamo calcolare il costo delle cosiddette esternalità, cioè “il prezzo” delle azioni comuni legate alla mobilità, come guidare un auto. Un gesto tradizionale e che non costa nulla al cittadino, ma produce un effetto sull’ambiente. L’impatto che le previsioni d’intervento hanno sulle esternalità determina la possibilità di accedere ai finanziamenti europei per la transizione”.
“Inoltre – prosegue il docente – se la direttiva europea fosse applicata domani non solo Catania, ma tre quarti delle città italiane sarebbero fuori norma. Catania beneficia della propria posizione geografica. È una città vicina al mare, ventilata, con particolari condizioni meteo-climatiche che la agevolano. Dovremo valutare anche le emissioni portate dall’attività dell’Etna o l’arrivo della sabbia dal deserto africano. Tuttavia è certo che se vivessimo in Lombardia, con i numeri delle emissioni registrate a Catania, pagheremmo un prezzo insostenibile in termini di salute e mortalità”.