I datori di lavoro privati possono presentare domanda per ottenere i trattamenti di integrazione salariale per i dipendenti ai quali hanno ridotto le ore lavorative
L’art. 40 del decreto legge 25 maggio 2021, n. 73 (cosiddetto Decreto Sostegni Bis), entrato in vigore il 26 maggio 2021, estende a domanda, da parte dei datori di lavoro privati, i trattamenti di integrazione salariale in favore dei lavoratori che hanno avuto ridotte le ore di lavoro o hanno avuto sospeso il rapporto di lavoro a causa della pandemia in atto fino al 31 dicembre 2021 alle condizioni che si diranno appresso.
Lo stesso articolo
sospende i licenziamenti fino alla suddetta data.
Esaminiamo di seguito
le condizioni ed i termini di tali disposizioni.
MISIRE E DURATA DEGLI AIUTI ECONOMICI
Possono accedere
all’aiuto economico in discorso (casa
integrazione guadagni in deroga) i datori di lavoro privati che nel primo
semestre del 2021 hanno subito un calo del fatturato del 50% rispetto al primo semestre del 1919. Tali datori di lavoro
stipulano accordi collettivi aziendali di riduzione dell’attività lavorativa
dei lavoratori in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto con
la prospettiva di ripristinare i normali orari di lavoro esaurita la dette
emergenza.
La durata dell’aiuto
economico qui detto è di 26 settimane
da collocarsi nel periodo che va dall’entrata in vigore del presente decreto al
31 dicembre 2021.
La riduzione
dell’orario di lavoro deve avvenire nei termini di cui appresso:
· la riduzione media oraria non può essere superiore all’80% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dall’accordo collettivo:
· per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 90% nell’arco dell’intero periodo per il quale l’accordo collettivo di cui qui si dice è stipulato.
In questa realtà è
stabilito:
a) che il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula dell’accordo collettivo di cui qui si dice;
b) il trattamento di integrazione salariale è ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale;
c) gli stessi accordi devono specificare le modalità attraverso le quali l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l’orario ridotto. Occorre dire che il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale;
Infine, occorre dire che:
– ai lavoratori impiegati a orario ridotto è riconosciuto un trattamento speciale di integrazione salariale, in misura pari al 70% della retribuzione globale che sarebbe loro spettata per le ore di lavoro non prestate, senza l’applicazione dei limiti di importo previsti per questo tipo di aiuto economico e la relativa contribuzione figurativa;.
– I datori di lavoro privati che a decorrere dalla data del 1 luglio 2021 sospendono o riducono l’attività lavorativa e presentano domanda di integrazione salariale sono esonerati dal pagamento del contributo addizionale fino al 31 dicembre 2021.
LA SOSPENSIONE DEI LINZIAMENTO
Ai
datori di lavoro che
presentano domanda di
integrazione salariale resta
precluso l’avvio delle procedure di licenziamenti collettivi per la durata del
trattamento di integrazione salariale fruito
entro il 31 dicembre 2021 e
restano altresì sospese nel medesimo
periodo le procedure pendenti
avviate successivamente al 23 febbraio
2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal
recesso, già impiegato
nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di
contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di
appalto. Ai medesimi soggetti di cui al primo
periodo resta, altresì
preclusa nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero
dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo
oggettivo e restano altresì sospese
le procedure di contestazione dei licenziamenti pendenti dinanzi all’Ufficio
provinciale del lavoro in corso
Le sospensioni e le preclusioni appena dette non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa o nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità mensile di disoccupazione NASpI (Nuova Assicurazione Sociale Per l’Impiego).
Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
Salvatore Freni