Da una prima ricognizione sembra che le richieste dei partiti non possano essere in toto compatibili con le disponibilità della finanza pubblica.
La prossima Manovra di bilancio ha come fulcro principale la questione delle pensioni: le ipotesi per il 2025 sono diverse. Tuttavia, da una prima ricognizione sembra che le richieste dei partiti non possano essere in toto compatibili con le disponibilità della finanza pubblica.
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Già a partire dal 5 settembre, però, sarà possibile conoscere il ricavo dall’autoliquidazione Irpef e dell’Ires delle imprese. Sono queste le risorse, infatti, su cui lo Stato conta per finanziare le misure previste.
Le ipotesi pensioni per il 2025: il Psb
Le due misure principali del Piano strutturale di bilancio sono il taglio del cuneo fiscale e dell’Irpef sui redditi bassi, ma le risorse mancano e i numeri non sono ancora definitivi. Già a partire dal 30 agosto si metteranno a fuoco alcuni punti, definendo le priorità, per poi presentare il Piano al ministro Giancarlo Giorgetti il 10 settembre. Camera e Senato avranno poi un arco di tempo di circa 10 giorni per approvare il Piano, che verrà presentato a Bruxelles intorno al 20 settembre. Questa data, però, ha margini labili, per cui la presentazione potrebbe avvenire anche a distanza di qualche settimana.
Nel caso del Piano strutturale di bilancio, il Governo potrebbe chiedere una valutazione da parte dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Questo passaggio non è obbligatorio, ma dato che il Piano avrà una durata di 6 o 7 anni, quindi andrà ben oltre l’attuale legislatura, il Governo ha scelto di farlo.
Per quanto riguarda la questione delle pensioni, le ipotesi per il 2025 sono molte, ma i margini sono abbastanza stretti. Tra queste c’è l’adeguamento degli assegni minimi a mille euro, le uscite anticipate e gli sgravi Irpef. Le risorse, però, mancano, vista l’approvazione del decreto omnibus ad agosto e la Zes al Sud che ha portato a sacrificare i fondi per le Infrastrutture. Qualcosa potrebbe essere ricavata dai tagli all’Assegno Unico, ma il Governo punta all’extragettito e alla buona riuscita del concordato fiscale biennale.
Si è anche al lavoro per introdurre una quota 41, che prevede un ricalcolo della pensione effettuato solo sulla base dei contributi versati, escludendo il metodo retributivo. In questo modo chi deciderà di andare in pensione prima del raggiungimento della soglia di vecchiaia, fissata a 67 anni, subirà delle penalizzazioni sull’importo erogato dall’Inps.
Le posizioni dei partiti
La principale richiesta della Lega riguarda le pensioni anticipate, con un occhio anche all’estensione della flat tax per gli autonomi, alzando il tetto di reddito a 100mila euro.
Fratelli d’Italia punta agli sgravi per il ceto medio, dando priorità al taglio del cuneo fiscale e alle misure che riguardano i nuclei familiari e la natalità.
Forza Italia va invece verso l’adeguamento delle pensioni minime, che vorrebbe portare a 1.000 euro. L’importo sperato è troppo alto per le risorse a disposizione, ma un innalzamento è sicuramente possibile.
Noi moderati si concentra, invece, sulle famiglie e le imprese. La priorità per il partito di Maurizio Lupi è creare occupazione e dare spazio ai giovani, sostenendo sia le imprese che le famiglie.