Italiani all'estero, "nessuna opportunità": intervista a Elsa Fornero

Italiani in fuga all’estero, l’ex ministro Fornero al QdS: “Stagione dei sussidi non funziona”

Italiani in fuga all’estero, l’ex ministro Fornero al QdS: “Stagione dei sussidi non funziona”

Roberto Greco  |
giovedì 30 Maggio 2024

Il diritto di restare sembra non esistere a causa del costante "impoverimento delle opportunità" del nostro Paese. La soluzione di Elsa Fornero: "Bisogna riformare il mondo del lavoro".

L’ultimo rapporto “Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes offre un quadro desolante: quasi 6 milioni di italiani, oggi, preferiscono vivere e lavorare all’estero. L’esodo riguarda soprattutto giovani e donne. E non si tratta sempre di un processo del tutto volontario, ma di un atto necessario per “salvarsi” da una vita fatta di equilibri precari e mediocrità.

Gli stessi italiani nei loro processi di mobilità mai interrotti, infatti, sembrano sempre più mossi dalla necessità e non dalla libertà di scegliere cosa fare, se partire o restare. Il diritto di restare, in poche parole, quasi non esiste in un’Italia sempre più tormentata dall’assenza di lavoro (o dal lavoro precario, che dirsi voglia), di opportunità e di prospettive di vita.

Sull’argomento interviene al QdS Elsa Fornero, professoressa onoraria del Dipartimento di Scienze economico-sociali e matematico-statistiche dell’Università di Torino. È coordinatore scientifico del Cerp, Center for research on pensions and welfare policies, ed è stata Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con delega alle pari opportunità, dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013 nel governo Monti.

ELSA FORNERO, ECONOMISTA, PROFESSORESSA ONORARIA DI ECONOMIA (Università di Torino)

Italiani all’estero e mancanza di opportunità, intervista a Elsa Fornero

Professoressa, i dati elaborati dalla Fondazione Migrantes desunti dall’Aire, indicano che quasi 6 milioni di italiani, oggi, preferiscono vivere e lavorare all’estero…

“Ci sono molti cambiamenti che demografi, economisti e sociologi denunciano da anni. Alla base c’è un generale impoverimento delle opportunità che il nostro Paese è in grado di fornire ai giovani. Non si tratta solo di mancanza di opportunità lavorative ma anche educative perché registriamo che molti, già dopo il liceo, decidono di abbandonare l’Italia per terminare il loro ciclo di studi all’estero. È evidente che ci troviamo alla presenza di un fenomeno d’impoverimento del nostro Paese che non è più possibile definire transitorio, vista l’accelerazione che ha avuto in questi ultimi anni, che dura da decenni ed è causato dalla bassa crescita del Paese, dalla mancanza d’investimenti soprattutto nel comparto dell’istruzione e della formazione, che è quello che fornisce maggiori opportunità”.

“Oggi la politica, in un certo senso, si sveglia e assistiamo alla stagione dei sussidi che però sono politiche di breve termine che non risolvono il problema nel lungo periodo. Questi sei milioni d’italiani che hanno deciso di vivere all’estero sono sì in parte molto qualificati, ma una grossa parte di loro lavora in ambiti lavorativi normali e la loro ‘fuga’ è dovuta principalmente alle basse opportunità. Rappresentano quelli che non si sono accontentati dei sussidi perché hanno voglia e necessità di sentirsi realizzati e per loro il lavoro rappresenta la possibilità di rendersi autonomi, sia dalla famiglia sia dai sussidi di Stato. Anche nella fascia di chi possiede una grande professionalità notiamo che molti, seppur disponibili a rientrare in Italia, lamentano una serie di carenze del nostro paese indicando che all’estero c’è una maggiore qualità del welfare per la famiglia e per i figli, di un salario più adeguato e di una maggiore soddisfazione nel lavoro”.

La “questione femminile”

Il dato preoccupante del rapporto è quello di un grande esodo da parte delle donne…
“Oggi le ragazze hanno una maggiore esigenza di essere finanziariamente autonome di quanto non lo fossero le generazioni precedenti, caratterizzate da un capo famiglia che lavorava e le donne fossero relegate al ruolo di accudire la famiglia. Oggi, giustamente, rivendicano la loro autonomia economica e, quindi, la loro libertà, anche quella di esprimere le proprie capacità. Oggi le ragazze sono mediamente più istruite dei loro colleghi maschi e hanno la necessità di misurarsi nell’ambito lavorativo al fine di pianificare la propria vita e realizzare il proprio futuro”.

Un problema del Sud

Negli ultimi dieci anni si è assistito un esodo non primariamente proveniente dal Sud, come in passato, tant’è che si registrano flussi importanti provenienti da regioni coma la Lombardia e il Veneto…
“In questo caso si tratta più di opportunità che non di necessità. Pensiamo alla Lombardia, che ha tassi di occupazione elevati e alte opportunità, equivalenti a quelli della Baviera. In questi giovani si registra un nuovo dato: si sentono europei e, pertanto, non vivono questo trasferimento come una migrazione. Oggi il fenomeno di mobilità intraeuropea è più una scelta genuina che non un atto necessario legato alla mancanza di opportunità, stante anche il fatto delle maggiori opportunità per chi si vuole occupare, ad esempio, di ricerca, un campo nel quale all’estero si hanno non solo maggiori sbocchi ma anche una maggiore disponibilità di finanziamenti, cui si aggiunge un mercato del lavoro più vivace e un welfare più rispondente alle necessità quotidiane”.

Italiani all’estero, la “soluzione” dell’ex Ministro Fornero

Professoressa, Lei è stata Ministro della Repubblica del lavoro e delle politiche sociali, con delega alle pari opportunità. Sommando questa sua esperienza a quella accademica, quali dovrebbero essere le scelte della politica oggi per riequilibrare questo fenomeno?
“Ritengo che molte cose debbano essere fatte, anche riformando il mercato del lavoro. Come tentai di fare nel mio breve mandato, è necessario trovare il giusto equilibrio per non vincolare troppo le imprese e contestualmente dare al lavoratore un’occupazione dignitosa. Da un lato, quindi, è necessario lavorare sul mercato del lavoro ma, contemporaneamente, sulle motivazioni. Pensiamo al congedo di paternità, da me fortemente voluto e introdotto dal nostro governo ma, in mancanza di disponibilità economica, fu limitato solo a tre giorni. Il segnale era chiaro: permettere alle donne di non dover scegliere tra lavoro e avere figli era ribadire che la maternità non può essere un elemento di discriminazione nei confronti della donna ma che doveva, in egual misura, coinvolgere anche gli uomini.

Cosa intende quando indica le motivazioni?
“Dal punto di vista delle motivazioni, invece, ci troviamo in presenza di una grossa fetta di giovani, quelli che oggi sono definiti ‘neet’, che non studiano, non seguono corsi di formazione e non lavorano. La cosa grave è che, in questo modo, stare fuori dal mondo del lavoro senza ‘nulla in mano’ significa danneggiare le proprie prospettive future. In Italia non riusciamo a far funzionare i Centri per l’Impiego se non in poche regioni italiane. Non è obbligatorio essere inefficienti, non è obbligatorio spendere male i fondi europei destinati alla formazione professionale come non è obbligatorio avere scuole che preparano relativamente poco, come dimostrano le graduatorie europee che non vedono mai i nostri ragazzi nei primi posti, segno di un’inadeguatezza del sistema educativo”.

“Oggi il Pnrr, che tocca tutte queste problematiche, investimenti nella scuola, aiuti per il lavoro delle donne e asili nido può essere un’opportunità, ma se non riusciremo a strutturare i servizi e motivare le persone perderemo, ancora una volta, un’occasione strategica per il nostro paese. A tutto ciò, probabilmente, si lega il ruolo preponderante che i social e il mondo virtuale hanno oggi per le nuove generazioni, che produrranno effetti dannosi a medio e lungo termine. Là dove la scuola funziona, i ragazzi assumono più consapevolezza di sé e dell’importanza del loro ruolo nella società”.

Possiamo dire che le nuove generazioni hanno un atteggiamento più fluido nei confronti dell’Europa. Si sentono più europei?
“È vero, i giovani considerano l’Europa casa loro ed essere nati in Italia, per loro, è un dato puramente anagrafico, ma ciò non toglie che il nostro Paese debba migliorare anche per garantire loro un futuro di equità e libertà”.

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