Ivrea punto di rottura della contemporaneità - QdS

Ivrea punto di rottura della contemporaneità

Antonino Lo Re

Ivrea punto di rottura della contemporaneità

Giovanni Pizzo  |
martedì 21 Maggio 2024

L’Olivetti di Ivrea era il punto di congiunzione dell’Italia industriale del dopoguerra con quella del futuro

Adriano Olivetti, un capitalista sociale e visionario, era l’uomo più innovativo in Italia nel dopoguerra, guardava al futuro con umanesimo post keynesiano. L’Olivetti di Ivrea era il punto di congiunzione dell’Italia industriale del dopoguerra con quella del futuro.

Olivetti andò in difficoltà, anche per questa sua spinta, differente da quella della Fiat, verso gli investimenti in innovazione e nel sociale. Per cui chi prese le redini dell’azienda ad un certo punto dovette scegliere tra la produzione delle macchine da scrivere, il presente industriale, ed i computer, il futuro, che avrebbero potuto fare diventare Ivrea la Palo Alto vent’anni prima. Scelsero di vendere il futuro per salvaguardare il presente, si tennero le macchine da scrivere, oggi passato remoto, roba da museo della memoria industriale, e diedero la divisione dei calcolatori e dei mainframe alla General Electric, che poi non ne fece un granché.

Quello fu il punto di rottura dell’Italia con la contemporaneità industriale. La storia, che ricalca quella dell’uovo e della gallina, di Ivrea viene raccontata al workshop di Legacoop Sicilia ai Cantieri culturali della Zisa a Palermo, per incardinare la sfida del futuro, quella della sostenibilità, in cui il mondo del presente si sta giocando l’avvenire delle nuove generazioni. I cambiamenti climatici devono essere la sfida di tutti, ma per esserlo ci vuole coesione sociale, patto tra generazioni, in caso contrario gli attuali attori generazionali, quarantenni/ sessantenni, speriamo non settantenni se continuiamo a non pensionare, porteranno in una tomba ambientale i giovani di oggi, come i faraoni dell’antico Egitto.

La lenta decarbonanizzazione scaturente dalla Cop21di Parigi, e dai vertici sull’ambiente successivi, pronostica questo rischio. I cambiamenti climatici non sono più film di fantascienza ma cronaca dei telegiornali, ma il mondo del presente cammina a testa bassa, soprattutto in Italia, un paese che è appena al 19% di energie rinnovabili rispetto al 52% della Germania. Quello che manca è la consapevolezza, sociale, diffusa, ed è solo partendo da strumenti e strutture di comunità che la diffusione della consapevolezza può diventare pervasiva nella società. I concetti, sostenibilità, economia circolare, fonti rinnovabili, devono passare da item da convegno a volantini da supermercato, fruibili e comprensibili da tutti. E soprattutto il mondo delle imprese, soprattutto quelle a vocazione sociale, deve avere chiaro che la sfida innovativa è quella della biodiversità imprenditoriale.

Cosi è se vi pare

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