La neurobiologia interpersonale - QdS

La neurobiologia interpersonale

La neurobiologia interpersonale

giovedì 26 Settembre 2019

La mente si sviluppa dalla reciproca influenza tra relazioni umane e funzioni del cervello

Il modo in cui la mente si sviluppa dalla reciproca influenza tra relazioni umane e struttura e funzioni del cervello, è studiato dalla disciplina introdotta da D. J. Siegel nel 1999, cui diede il nome di Neurobiologia interpersonale. Attraverso questi studi si può comprendere come il cervello dia origine ai processi mentali e come esso sia direttamente modellato dalle esperienze interpersonali. Con gli studi di neurobiologia interpersonale si possono comprendere quali sono i processi utili a facilitare lo sviluppo della mente, il benessere emotivo e psicologico, la resilienza durante la prima infanzia e durante tutta la vita. Saper controllare e modificare il flusso di energie e informazioni, tra cervello e relazioni umane, è alla base di una sana regolazione, capace di percepire la vita mentale interna propria e altrui con maggiore chiarezza, permettendo di cambiare questo mondo interiore per raggiungere un migliore stato di salute.

Questa sana regolazione è frutto di abilità e competenze che posso essere apprese sia in contesti educativi che psicoterapeutici, al fine di favorire l’armonia e l’integrazione, intesa come processo che favorisce il benessere psicologico, attraverso le esperienze di attaccamenti sicuri. Quando un sistema non è integrato, ci si muove verso il caos, la rigidità o entrambi. Le relazioni di attaccamento sono alla base dei meccanismi che sottendono le funzioni della neurobiologia interpersonale, giacché esse influenzano e modellano il cervello. Infatti il bambino nasce geneticamente programmato per stabilire dei legami di attaccamento con figure caregiver, madre, padre, nonni, zii e altri individui che forniscono vicinanza e assistenza al bambino che cresce.

Queste relazioni di attaccamento sono secondo Bowlby, biologicamente determinate, innate e adattive, e spingono il bambino a creare attaccamenti selettivi con figure capaci di fornirgli sicurezza, avere un senso di benessere, calmarsi nei momenti di angoscia e consentirgli di esplorare il mondo. Così le esperienze che il bambino fa nel corso della sua infanzia, quelle adolescenziali e dell’età adulta, modellano il sistema di attaccamento programmato nel cervello. Gazzaniga, Kandel & Schwartz, hanno dimostrato come l’esperienza attiva neuroni cerebrali che rispondono agli eventi sensoriali dal mondo esterno o alle immagini generate internamente dal cervello stesso. Dalla attivazione di questi neuroni interconnessi in particolari circuiti cerebrali, si creano i processi mentali, le mappe neurali o reti neurale, che servono a creare, come focalizzato da Siegel, un’immagine mentale, un’immagine sensoriale o una rappresentazione linguistica di un concetto o di un oggetto.

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