Lavoratori stranieri, in Sicilia stipendi da fame - QdS

Lavoratori stranieri, in Sicilia stipendi da fame

Michele Giuliano

Lavoratori stranieri, in Sicilia stipendi da fame

giovedì 03 Febbraio 2022

Sono circa 83mila e fanno fatica a trovare uno spazio di riconoscimento e valorizzazione. Inps: guadagnano il 40% in meno rispetto a quelli residenti in altre parti del Paese

PALERMO – Venire in Italia per vivere nella povertà. Questo, purtroppo, il destino di moltissimi lavoratori stranieri in Sicilia, venuti alla ricerca di un futuro migliore, che hanno trovato una strada in impervia salita verso la serenità economica. Nell’isola risiedono circa il 3% di stranieri rispetto alla popolazione complessiva, con una retribuzione media di 8.200 euro e che è molto differente a seconda della tipologia dell’occupazione con una forbice compresa tra i 4.500 euro sino ad arrivare ad un massimo di 13 mila euro l’anno. Parliamo comunque di introiti più bassi di un terzo rispetto a coloro in quali risiedono altrove nella penisola, in cui guadagnano mediamente 13 mila euro l’anno. Ed anche in questo caso ci sono ampie differenze passando da 4.600 euro fino anche a 24 mila.

Sono circa 83 mila i lavoratori stranieri in Sicilia, accompagnati dalle famiglie, e ne hanno arricchito la cultura, ma che non trovano uno spazio di riconoscimento e valorizzazione. Più della metà (quasi 50 mila) vengono da paesi esterni all’Unione Europea, mentre il resto proviene, per un terzo, dai 15 paesi che per primi hanno fatto parte dell’Unione, e per due terzi dai nuovi paesi che si sono uniti al consesso europeo. Numeri impietosi che vengono fuori dall’osservatorio Inps sui lavoratori stranieri che pongono in evidenza una condizione per nulla rosea, e che non sembra riuscire a trovare una via d’uscita, in quanto si è cronicizzato il modello lavorativo che da decenni tiene gli immigrati ai margini del mercato occupazionale, inchiodati ai lavori meno qualificati, più precari, meno retribuiti, più pesanti. Spesso anche più rischiosi per la salute, in cui vengono impiegati poco e male: rispetto ai lavoratori italiani, sono più sovraistruiti, cioè svolgono mansioni di livello più basso rispetto ai titoli di formazione posseduti (lo è il 33,9% a fronte del 24,3% tra gli italiani), più sottoccupati, cioè impiegati per meno ore di quante sarebbero disposti a lavorare (nel 13,7% dei casi rispetto all’8,7% degli italiani). Le retribuzioni più basse nell’isola sono quelle dei lavoratori domestici con guadagni medi annui di 4.200 euro, con picchi massimi di 14 mila euro per lavoratori del settore privato non agricolo.

In Sicilia, in linea con la tendenza nazionale, la pandemia e il lockdown hanno determinato una contrazione nel settore dell’occupazione che riguarda sia il numero totale dei lavoratori (1.272.744) che degli stranieri (76.341), che si sono ridotti, rispettivamente, di circa 15 mila e 7 mila unità in meno. Eppure, come riporta il Dossier Statistico Immigrazione 2021, in un contesto in cui molti immigrati hanno perduto il lavoro e spesso hanno cessato di cercarlo (il loro tasso di inattività è aumentato del 16,2% e ha quasi raggiunto quello degli italiani), gli immigrati hanno dimostrato una grande capacità di resistenza e determinazione per reagire positivamente a questa fase critica. Non solo continuano ad assicurare all’erario pubblico importanti entrate finanziarie in tasse, contributi e costose imposte sulle pratiche burocratiche legate ai permessi di soggiorno e alle acquisizioni di cittadinanza (29,25 miliardi di euro, ancora una volta più di quanto lo Stato spende per loro in servizi e prestazioni), ma con i loro risparmi sostengono le famiglie rimaste all’estero con un flusso di rimesse (6,7 miliardi di euro nel 2020) persino aumentato nonostante la crisi (era di 6 miliardi nel 2019).

Inoltre, pur di continuare a mantenere se stessi e la propria famiglia anche quando perdono il lavoro, gli stranieri più spesso degli italiani tentano la via del lavoro in proprio, aprendo un’attività autonoma (+2,5% nel 2020, in linea con una crescita ininterrotta almeno dal 2011). Per quanto concerne i settori lavorativi, il 63,2% dei lavoratori stranieri è impiegato nel settore dei servizi, commercio compreso (14,4%) e collaborazione domestica (27,9%). Al secondo posto, troviamo l’agricoltura che occupa il 28,7% dei lavoratori stranieri. In particolare, in quest’ultimo settore, persistono problematiche come il lavoro irregolare e precario, le dure condizioni lavorative e la discriminazione nella retribuzione.
Infine, soltanto l’8,1% dei lavoratori stranieri sono impegnati nell’industria contro il 16,2% dei lavoratori italiani. Stando sempre ai dati dell’Istat aggiornati al 31 dicembre 2020, la Sicilia conta 191.920 stranieri residenti su una popolazione di 4.840.876, in decrescita, mentre fa i conti con un alto indice di emigrazione, di decessi e basse natalità. Per quanto riguarda la distribuzione dei residenti stranieri per provincia, svettano nella classifica che rimane invariata rispetto all’anno precedente, la provincia Catania, al primo posto con 35.345 residenti stranieri. Seguono la provincia di Palermo (34.080) e Ragusa, la terza provincia con più residenti stranieri (30.202). Ragusa è stata, invece, l’unica provincia dove è stato registrato l’incremento percentuale più alto rispetto al 2019.

Le dieci comunità straniere più numerose in Sicilia sono rappresentate da romeni, tunisini, marocchini, srilankesi, albanesi, bangladesi, cinesi, filippini, nigeriani e polacchi. Le prime sette contano più di 5mila residenti e la loro posizione in graduatoria non ha subito variazioni rispetto all’anno precedente.

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