Marianna Bellini: “Alle donne dico: trasformiamo nostra indignazione in azione” - QdS

Marianna Bellini: “Alle donne dico: trasformiamo nostra indignazione in azione”

Roberto Pelos

Marianna Bellini: “Alle donne dico: trasformiamo nostra indignazione in azione”

sabato 13 Gennaio 2024

L’intervista a Marianna Bellini, nuova Consigliera regionale di Parità. “Conciliare famiglia e lavoro è molto difficile nell’attuale contesto in cui viviamo”

PALERMO – Marianna Bellini è la nuova Consigliera regionale di Parità scelta dall’assessore al Lavoro, Nuccia Albano. Il Quotidiano di Sicilia l’ha intervistata.

Quali sono i settori in cui manca in Sicilia una vera parità di genere?

“In Sicilia, e non solo, purtroppo sono molti i settori in cui le donne hanno grosse difficoltà di inserimento e crescita, dovute non solo a retaggi culturali e normativi ma anche a reali difficoltà di trovare un lavoro. Nel settore imprenditoriale a mio avviso c’è un grande divario e nonostante già ci siano molte imprese guidate da donne c’è ancora molto da fare. In Sicilia la presenza femminile nell’imprenditoria è ridotta. Ciò è dovuto sia a retaggi culturali e maschilisti che vedono alcuni mestieri e ruoli come prettamente maschili, sia ad una ancora scarsa informazione e formazione delle donne già a cominciare dalla scuola. Eppure le startup fondate da donne hanno maggiore probabilità di ricevere investimenti rispetto a quelle costituite da soli uomini e alcuni studi sostengono che le donne sono più adatte a individuare i bisogni del mercato e a coglierne le opportunità. Quindi ciò che potrebbe essere utile a mio avviso per promuovere l’imprenditoria femminile è, per esempio, intervenire sulla formazione, incoraggiando bambine e ragazze ad acquisire conoscenze e competenze in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica, in modo da riuscire a superare gli stereotipi di genere. Ma anche pensare a normative destinate ad agevolarne lo sviluppo; alcune già ci sono ma bisogna fare tanta informazione.

E la politica?
“Altro settore difficile: abbiamo sicuramente molte donne attive sia nella politica regionale che locale, ma c’è ancora molto da fare e lavorare affinché le donne, sempre di più, abbiano maggiori ruoli. Le donne, purtroppo, fanno molta più fatica su tutti i settori, bisogna quindi impegnarsi e lavorare affinché ci sia equità, trasparenza e competenze”.

Cosa occorre per supportare le donne siciliane che lavorano?

“Sicuramente una serie di misure che agevolino la donna dato il suo complesso ruolo di lavoratrice e mamma, come nella maggior parte dei casi, che necessita di maggiore flessibilità e aiuti concreti, quali ad esempio asili vicini al posto di lavoro nonché all’interno della struttura lavorativa; sembra un’utopia ma sarebbe un grande traguardo. Occorre agevolare le lavoratrici/mamme che hanno bambini/ragazzi con disabilità attraverso aiuti e supporti concreti che aiutino nell’organizzazione e nella gestione della vita quotidiana e una riorganizzazione che coniughi il lavoro femminile con le innumerevoli esigenze familiari, come, per esempio, la maternità. Altro aspetto fondamentale sono orari di lavoro più flessibili. Bisognerebbe garantire opportunità di crescita e formazione al pari degli uomini, annullare il divario economico esistente nella retribuzione tra uomo e donna, promuovere merito e competenza e perché no, introdurre benefit per il benessere e la salute psicofisica”.

Le donne in Sicilia sono costrette, a differenza degli uomini, a rinunciare a qualcosa?

“Direi che non solo in Sicilia le donne sono costrette spesso a rinunciare a qualcosa di molto importante per la loro vita come creare una famiglia. La maternità, infatti, nella maggior parte dei casi diventa un ostacolo perché si rischia di perdere il lavoro e molte donne sono quindi costrette a rinviare questo desiderio perché non vengono assistite. Si verifica a volte anche il caso in cui la donna, dopo il matrimonio, è costretta ad abbandonare il lavoro perché marito o famiglia hanno sempre avuto un atteggiamento contrario nei confronti di questa scelta. Si evidenza un ostacolo da parte della famiglia in alcuni casi dovuto a motivazioni legate molto probabilmente al ruolo che la tradizione associa alla donna e a quell’immagine di portatrice di reddito che stenta ad affermarsi in società. Il divario è ancora più evidente tra lavoro pubblico e privato in quanto nel pubblico ci sono tutte le tutele possibili sia in riferimento alla famiglia, alla salute, alla carriera, mentre nel privato questo diventa molto più complesso ed è proprio qui che si riscontrano maggiori difficoltà. Di sicuro è difficile conciliare famiglia e lavoro nell’attuale contesto, essere costrette a rinunciare e accontentarsi di retribuzioni non adeguate alle loro professionalità e rinunciare in alcuni casi alla propria femminilità per adeguarsi al contesto lavorativo e a volte per evitare fraintendimenti. Credo che ci sia molta strada ancora da fare e che il successo dipenderà dalla capacità di ognuno di noi di trasformare l’indignazione in azione”.

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