Mauro Boarelli, “Contro l’ideologia del merito” - QdS

Mauro Boarelli, “Contro l’ideologia del merito”

Mauro Boarelli, “Contro l’ideologia del merito”

mercoledì 09 Febbraio 2022

Un libro che si fa carico del compito di scavare nel significato della parola, mettendone in luce gli aspetti più ambigui e pericolosi

Difendere il merito come criterio universale ci fa sentire al sicuro. Affermare che quella selezione, quell’altra determinata circostanza sarebbero state più giuste ed eque se solo si fosse fatto valere il merito ci fa sentire dei mecenati del vero, come se stessimo dicendo qualcosa cui niente e nessuno può obiettare. E forse proprio per questo motivo c’è bisogno di un libro come “Contro l’ideologia del merito”. Scritto da Mauro Boarelli e pubblicato dalla casa editrice Laterza nel 2019, il libro si fa coraggiosamente carico del compito di scavare nel significato della parola, mettendone in luce gli aspetti più ambigui e, in ultima analisi, pericolosi.

Basta partire dalle origini. Se si considera la storia della parola ‘meritocrazia’, si scopre con sorpresa che questa – difformemente dall’uso comune che se ne è fatto in seguito – nasce con significato critico. Ecco il primo spunto di riflessione per chi legge: anche volendo considerare il merito come il criterio più giusto per distinguere due categorie diverse di soggetti, non si ottiene comunque il risultato di creare un divario? Il rischio – spiega Boarelli – è quello di sostituire a un’aristocrazia di nascita un’aristocrazia dell’ingegno.

Questo ci conduce alla seconda domanda: siamo poi così sicuri che gli aspetti che vengono valutati quando si spingono i meritevoli da una parte e i non meritevoli dall’altra siano quelli giusti? Quello che purtroppo accade è che “l’analisi economica penetra in campi non economici e diventa una chiave di lettura per tutti i processi sociali”. In altri termini – rileva l’autore – non solo l’equità è spesso carente ai nastri di partenza, facendo precipitare nel calderone del Merito anche la possibilità delle famiglie di origine di investire nel merito stesso, ma può capitare che in questa corsa di cavalli immaginaria si dia più importanza alla stazza o al colore quando invece lo scopo originario della gara era quello di valutare la velocità. Fuor di metafora, accade che il più meritevole è semplicemente chi riesce a produrre di più.

E – incalza Boarelli – qualora ci fosse bisogno di prove per dimostrare la validità di questa affermazione, basta guardare alle parole che sono penetrate nelle scuole, supposte fucine del merito: a determinare la valutazione finale dello studente contribuiscono in misura sempre maggiore tutte quelle attività extra-scolastiche che casualmente vengono ricomprese sotto la denominazione di “crediti”, mentre chi non ha raggiunto tutti gli obiettivi minimi acquisisce un “debito” (nei confronti di chi o che cosa?). Ancora, oggi si dice che la lezione frontale va sostituita con la famigerata didattica per competenze, il che non è un discorso puramente tecnico che riguardi solo chi lavora in ambito scolastico. La didattica per competenze – spiega Boarelli – non ha altro effetto che quello di produrre individui «dotati di portafogli di competenze e formati per massimizzare il vantaggio personale che può derivare da un loro uso accorto sul mercato».

Chi legge avrà la sensazione che si tratti di un libro prettamente polemico. In effetti lo è: per quanto l’analisi di Boarelli sia sempre acuta e pertinente, manca forse uno slancio propositivo che consenta di immaginare un’alternativa valida. Contro l’ideologia del merito ci mostra tali modelli in tutte le loro angolazioni; se è vero – come ritiene l’autore – che la scuola ha realmente perso la capacità di istruire a tale scopo, bisogna autoeducarsi al pensiero critico, dimostrare che un’alternativa è possibile, spiegare che forse la complessità offre vantaggi anche pratici, non solo retorici.

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