Secondo gli ultimi dati della Fao, l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, circa l’8,9% della popolazione mondiale patisce la fame. Questo numero continua inesorabilmente ad aumentare. Difatti, nonostante i continui progressi della società odierna a cui assistiamo quotidianamente, la problematica della fame nel mondo è ancora ben radicata nel nostro pianeta.
In particolar modo, il continuo aggravarsi dell’insicurezza alimentare può essere attribuito a innumerevoli fattori fra cui: il maggior numero di conflitti, i ricorrenti cambiamenti climatici che minano i mezzi di sussistenza e, in alcuni contesti pacifici, l’instabilità alimentare, che è peggiorata a causa dei rallentamenti economici che compromettono l’accesso al cibo per chi già vive in condizioni difficili.
Non occorre cercare soluzioni per aumentare la quantità di cibo; serve invece pensare a come razionalizzare quello che viene già prodotto. Il problema è, insomma, lo spreco non la produzione. Infatti, oggi nel mondo produciamo molto più cibo di quello che serve a sfamare otto miliardi di persone. La questione, quindi, riguarda ora la giustizia sociale, il modo con cui le società umane, attraverso l’economia e la politica, regolano la gestione delle risorse e la distribuzione della ricchezza.
La lotta agli sprechi alimentari è oramai una priorità a livello globale. Negli obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti dalle Nazioni Unite, agenda 2030, vi è uno specifico obiettivo riferito allo spreco alimentare, nel quale si richiede di dimezzare, entro il 2030 il FW (Food Waste) globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e al consumo, e ridurre le perdite alimentari lungo le filiere di produzione e l’offerta, comprese le perdite post-raccolta.
La Commissione Europea si è impegnata a realizzare questo obiettivo, ponendolo come priorità all’interno del piano d’azione per l’economia circolare. Inoltre, per massimizzare il contributo di tutti gli attori del ciclo di vita di un alimento, ha istituito una piattaforma per lo scambio di buone pratiche e azioni concrete per la lotta alle perdite e sprechi alimentari.
Secondo il “Global Food Losses and Food Waste”, uno studio condotto dalla FAO, si sprecano a livello mondiale circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo all’anno, e la parte maggiore è a carico dei paesi industrializzati, ossia ad elevato reddito. Solo in Europa ogni anno in media, un individuo trasforma 180 kg di cibo in rifiuto.
Per quanto riguarda lo spreco nei Paesi più ricchi, dunque, la battaglia è prettamente culturale: bisogna limitare la cattiva abitudine di gettare il cibo. Lo stesso obiettivo 2 dell’agenda 2030 dell’Onu riporta: “È giunto il momento di riconsiderare come coltiviamo, condividiamo e consumiamo il cibo. È necessario un cambiamento profondo nel sistema mondiale agricolo e alimentare se vogliamo nutrire 795 milioni di persone che oggi soffrono la fame e gli altri 2 miliardi di persone che abiteranno il nostro pianeta nel 2050. Il settore alimentare e quello agricolo offrono soluzioni chiave per lo sviluppo, e sono vitali per l’eliminazione della fame e della povertà”.
La soluzione principale, quindi, a questo problema a livello mondiale è nella conservazione e distribuzione delle già abbondanti risorse alimentari prodotte oggi. Ma torna anche a riguardare la cultura: come ci consideriamo come esseri umani, e quindi che importanza diamo alla vita umana e al sostegno verso chi è più debole e manca di risorse di base per i propri bisogni.
Francesco Agnello, Alessandra Conti, Sofia Criscione, Alessia Fargione, Maria Chiara Licitra, Elena Massari, Giovanni Pioggia, Giulia Trovato
Classe IV A – Liceo Scientifico Enrico Fermi – Ragusa