Palermo, attivisti in azione sulle vetrine H&M, spunta la scritta "Fast fashion kills" - QdS

Palermo, attivisti in azione sulle vetrine H&M, spunta la scritta “Fast fashion kills”

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Palermo, attivisti in azione sulle vetrine H&M, spunta la scritta “Fast fashion kills”

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giovedì 21 Ottobre 2021

Questa mattina, è comparsa una scritta realizzata con spray da alcuni membri del collettivo studenti palermitani, preso di mira il negozio H&M in via Ruggero Settimo. Ecco i motivi del gesto

La notte scorsa un gruppo di attivisti per il clima del collettivo Studenti Palermitani ha scritto con vernice spray “Fast fashion kills”, sulle vetrine del negozio di abbigliamento H&M in via Ruggero Settimo, a Palermo.

Si tratta – secondo il collettivo
– di una denuncia contro l’industria tessile in vista dello sciopero globale
per il clima di domani, giornata in cui si svolgerà un corteo studentesco con
partenza alle ore 9 da piazza Verdi.

Abiti di bassa qualità, a prezzi bassi che uccidono il mercato

Secondo il collettivo “H&M rappresenta uno dei simboli dell’industria della moda “fast”, la moda del “made in Bangladesh”, dei capi a 5,99 euro e del Black Friday. La moda basata sulla produzione di abiti di bassa qualità a prezzi molto bassi, che prevede il lancio di nuove collezioni continuamente e in tempi brevissimi.

Un metodo di produzione che più volte è stato posto sotto attacco soprattutto per i danni sociali che provoca: in tutto il mondo ci sono milioni di lavoratori – compresi gli impiegati nei negozi dei grandi brand, anche alle nostre latitudini – che lavorano in condizioni di sfruttamento, precarietà”.

Non solo economia, i danni all’inquinamento

“Il 20% dell’inquinamento delle risorse idriche mondiali dipende dall’industria della moda – dice una nota del collettivo – La pericolosità di questi scarichi ha effetti negativi sull’uomo, sugli animali e sull’ambiente circostante.

La moda è direttamente collegata allo sfruttamento della terra e al processo di perdita della biodiversità attraverso lo sfruttamento del suolo. Questo tipo di produzione ha portato all’incremento dei consumi di indumenti in modo esponenziale: in Occidente compriamo abiti per il 400% in più rispetto a venti anni fa.

Le grandi aziende hanno delocalizzato i centri di produzione nei paesi sottosviluppati, dove la carenza di legislazione rispetto alla tutela ambientale e a quella lavorativa consente di produrre in modo devastante e col massimo sfruttamento di forza lavoro”.

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