Il Parlamento europeo non decide e non vale - QdS

Il Parlamento europeo non decide e non vale

Il Parlamento europeo non decide e non vale

mercoledì 26 Giugno 2024

Subordinato ai Capi di Stato

Le recenti elezioni europee, che hanno portato settecentoventi eurodeputati nelle sedi di Bruxelles e Strasburgo, non hanno chiarito alla opinione pubblica che l’organismo politico e collegiale eletto da circa 370 milioni di europei, di cui però ha votato la metà, non è autosufficiente.

Che vuol dire? Vuol dire che non approva le “leggi” europee in via definitiva, ma in modo parziale. Infatti, la struttura decisionale dell’Unione, secondo i vari trattati vigenti, prevede che Regolamenti (di immediata attuazione) e Direttive (di attuazione vincolata al recepimento di ciascuna delle ventisette Nazioni) siano approvati in via definitiva dal Consiglio dell’Unione europea, formato dai Capi di Stato e di Governo.

Tale approvazione, a seconda delle materie, è subordinata molto spesso all’unanimità ed in qualche caso previsto, a maggioranze qualificate. Di fatto, nel caso di approvazione prevista all’unanimità, ciascun membro – mediante il proprio Capo di Stato o di Governo – ha la possibilità di bloccare l’approvazione delle leggi.

Questo è il quadro normativo previsto dall’Unione europea. La considerazione successiva è che in queste condizioni l’Unione non è autosufficiente, ma subordinata alla volontà dei singoli Stati, con la conseguenza che non può approvare norme che ciascuno di essi non ha la convenienza di accettare.
Ulteriore conseguenza è che l’Unione lo è solo di nome, ma non di fatto e, per concludere il ragionamento, viene spontaneo affermare che il Parlamento europeo rappresenta i/le cittadini/e dei ventisette Stati, ma non è in condizione di decidere in quanto, ripetiamo, le decisioni sono subordinate agli interessi delle singole Nazioni rappresentate dai propri Governanti.

In modo succinto abbiamo spiegato le ragioni secondo cui l’Unione non procede nella strada di unire gli interessi generali, perché quasi sempre prevalgono quelli dei singoli Stati sovrani, che, approfittando appunto del diritto di veto, non permettono l’approvazione di quelle riforme indispensabili, che restano a livello di intenzione di quanti le hanno proposte.
Tutto questo non è progresso, ma stagnazione, che mantiene le forti differenze socio-economiche fra i Ventisette.

A titolo di esempio ritorniamo su un argomento più volte trattato in questi scritti, vale a dire la legislazione fiscale che permette ad alcuni Paesi come Irlanda, Olanda, Lussemburgo e Malta di consentire un trattamento particolarmente favorevole ai contribuenti – siano individuali o collettività sotto forma di società o gruppi – che si traduce in aliquote molto più basse rispetto a quelle della media europea.

La conseguenza è che tali gruppi trasferiscono la loro sede fiscale in quelle Nazioni e quindi sottraggono risorse ai loro Paesi di provenienza. Un esempio per tutti è l’ex Fiat – poi confluita in Stellantis – che ora ha sede fiscale ad Amsterdam.

Altri esempi potremmo farli in altri versanti, come il funzionamento delle Pubbliche amministrazioni, che hanno legislazioni molto diverse e quindi risultati molto diversi. Ricordiamo che la Pubblica amministrazione è forse uno dei più importanti elementi di equità fra le diverse Comunità perché fornire servizi in adeguata misura quantitativa e qualitativa consente di agevolare i/le cittadini/e che hanno minori disponibilità finanziarie.

La strada per andare verso un’effettiva Unione, non solo formale, è molto lunga e difficile perché gli egoismi nazionalistici sono sempre forti ed altrettanto forti sono le differenze dello stato economico e sociale delle diverse ventisette popolazioni. Più marcate quelle fra Nord e Sud ed anche abbastanza evidenti le altre fra Est ed Ovest.

Romania, Bulgaria, Ungheria, Repubblica Ceca ed altri hanno un livello economico-sociale più basso di Francia, Spagna e Portogallo, da un canto; Svezia, Danimarca, Germania hanno un livello socio-economico più alto di Italia e Grecia, dall’altro.
In queste condizioni non vi è la possibilità di superare queste macroscopiche differenze, accertate anche da Eurostat.

L’unico elemento unificante, per fortuna, è stata l’istituzione della Banca centrale europea (Bce), che sotto il profilo finanziario consente interventi fondamentali distribuendo risorse a chi ne ha bisogno o a chi è in stato di crisi.

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Un commento

  1. Andreina Federici ha detto:

    Occorrono leggi rispettose della dignità umana degli onesti lavoratori cittadini, leggi che tutelino il potere di acquisto adeguato al reale costo della vita, regolamenti comunali rispettosi dei redditi e di invalidità dei cittadini, grande grazie per l’attenzione 💝

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