L’ad Stellantis incassa come 12mila dipendenti - QdS

L’ad Stellantis incassa come 12mila dipendenti

Carlo Alberto Tregua

L’ad Stellantis incassa come 12mila dipendenti

giovedì 29 Febbraio 2024

In un anno 23,5 milioni di euro

A prima vista sembra incredibile che una sola persona, per quanto importante, capace e volenterosa, possa guadagnare in un anno l’equivalente di quello che guadagnano dodicimila persone della stessa impresa.

È incredibile, ma vero. Infatti Carlo Tavares, l’amministratore delegato della Stellantis – il recente gruppo franco-italiano che ha incorporato la Fiat – in un anno prende un compenso di ben 23,5 milioni, l’equivalente di quanto guadagnano in uno anno i suoi e le sue dodicimila dipendenti.

Non sappiamo se quanto precede sia bene o sia male, ovvero se si tratti di una distorsione del sistema capitalistico, che in barba a regole di equità consente un fatto come quello descritto.
Ma esso è un fatto e su questo non c’è nulla da dire. Forse, invece, vi è parecchio da dire sulla sua eticità e sulla sua proporzionalità, perché non vi è dubbio che, al di là dei conti economici e delle valutazioni di mercato, non si debbano mai perdere di vista i principi morali su cui deve convivere una Comunità.

Il fatto in rassegna non è nuovo, perché vi è una graduatoria mondiale di tutti i numeri uno dei grandi gruppi industriali che percepiscono compensi astronomici. A loro difesa vi è il fatto che i fatturati dei gruppi da loro amministrati sono altrettanto astronomici, quindi si sostiene che vi sia una certa proporzione fra il fatturato del gruppo e il compenso del suo leader.
Contro questa tesi vi è però l’altra prima indicata di un’enorme sproporzione fra il citato compenso, equivalente a quello dei/delle dodicimila dipendenti.

Il sistema capitalistico e il sistema di mercato producono fatti come quello indicato. Di per sé il Mercato è un elemento equilibratore di tutti i fattori. Tuttavia, sarebbe necessario evitare distorsioni ed esagerazioni mettendo dei tetti a compensi esagerati; tetti esterni perché diversamente gli azionisti sono portati a pagare molto coloro che producono molto.

Si tratta di limiti che difficilmente i governi di tutto il mondo, nelle democrazie vere, riescono a mettere perché anch’essi sono condizionati dai gruppi di potere che esercitano pressioni soprattutto nascoste.
Il Mercato dev’essere libero, ma come ogni forma di libertà essa dev’essere limitata e condizionata dalle libertà generali; come dire che l’interesse individuale trova un limite nell’interesse generale, che dev’essere sempre e comunque prevalente. Ecco che ne discende la necessità di subordinare il Mercato all’interesse generale.

Questo principio, soprattutto etico, non può essere e non deve essere mai disatteso perché diversamente si verificherebbe una sorta di prevaricazione dei maggiorenti e dei prepotenti sugli/sulle inermi cittadini/e. E questo non deve accadere mai.
Quindi, libertà di agire in un’economia libera, ma con quei vincoli necessari che sono gli interessi superiori.

Ribadiamo con forza questi concetti – come facciamo da quasi mezzo secolo – perché ci accorgiamo che più si va avanti e più essi si perdono di vista, con la conseguenza che aumentano i poteri dei gruppi e gruppetti e si indeboliscono sempre di più le prerogative dei/delle cittadini/e, che non hanno difesa se non quella obbligatoriamente prestata dalle istituzioni.

Le istituzioni, ecco chi deve distribuire equilibrio ed equità fra tutti gli strati sociali. Esse però non sempre sono occupate da persone degne e stimabili; qualche volta vi si collocano soggetti che non hanno molta dignità e quindi che calpestano le regole di equità alle quali le stesse istituzioni si dovrebbero sempre attenere.

Per cui, sembra improbabile che la definizione “Popolo sovrano” trovi concreta realizzazione. E poi, chi è e qual è questo “Popolo sovrano”? Un corpo eterogeneo in cui circa la metà non va più a votare e quindi di fatto raddoppia il potere dell’altra metà che va a votare.
Nelle ultime elezioni regionali della Sardegna è andato alle urne appena il 52,3 per cento dei/delle cittadini/e.
Quando si parla di maggioranze si inganna il Popolo perché la maggioranza della metà è poco più di un quarto, che non è la maggioranza dei votanti.

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