Patrizio Cinque (M5S): “Esercito comune in Ue? Sì, se Stati risparmiano su spesa bellica” - QdS

Patrizio Cinque (M5S): “Esercito comune in Ue? Sì, se Stati risparmiano su spesa bellica”

redazione

Patrizio Cinque (M5S): “Esercito comune in Ue? Sì, se Stati risparmiano su spesa bellica”

Roberto Greco  |
mercoledì 08 Maggio 2024

Elezioni Europee, il Quotidiano di Sicilia incontra i candidati. L’ex sindaco di Bagheria in corsa per un posto a Bruxelles: “Pace scomparsa dal dibattito”

Patrizio Cinque, già sindaco del Comune di Bagheria, ha deciso di affrontare la competizione elettorale delle Europee 2024 all’interno del M5S, movimento in cui milita sin dal 2010.

Quali sono i motivi che l’hanno spinta a candidarsi per uno scranno al Parlamento europeo?
“La decisione è maturata per una serie di motivi. Da un lato la mia lunga militanza nel M5S, che risale alla sua fondazione, ma anche perché voglio rivedere il movimento all’interno delle Istituzioni come lo era all’inizio dell’esperienza, con competenza, forza, coraggio ed energia, caratteristiche che, devo ammettere, in parte ha perso. Voglio far risvegliare lo spirito rivoluzionario della prima ora che non significa abbandonare il posizionamento conformista che il movimento nell’ultimo periodo ha abbracciato, ma ricominciare a dire le cose come stanno, a parlare con la verità senza paura di perdere voti o il ‘saluto’ degli altri politici o partiti. Non dobbiamo avere posizioni di comodo ma pensare in termini di biodegradabilità del movimento, non dobbiamo pensare al nostro futuro ma a quello della comunità che intendiamo rappresentare. Si tratta di uno spirito che oggi ci manca ma che sto rivedendo in occasione di queste elezioni, grazie al riposizionamento su alcune questioni, come quello che riguarda i conflitti in essere, che ci hanno portato ad assumere posizioni scomode. A questo si aggiunge il netto consenso che la mia persona ha ottenuto nelle ‘parlamentarie’”.

Da quando il M5S si è affacciato sulla scena politica nazionale, abbiamo assistito, al di là di un entusiasmo iniziale, allo scioglimento di alcune posizioni come il famoso “uno vale uno”. Ma la sua scelta di “andare in Europa” significa anche “sguarnire” il territorio e sicuramente avete bisogno di formare una nuova generazione di futuri amministratori. Cosa intendete fare per continuare a essere vicini ai cittadini là dove vivono?
“Le idee di Roberto Casaleggio, come ‘uno vale uno’, erano più legate alla possibilità della base di esprimersi e partecipare, indipendentemente dal proprio ruolo, una sorta di empowerment verso il basso. I nostri eletti sono dei ‘portavoce’, ossia soggetti alle decisioni della base che non devono agire in conformità alla coscienza individuale. Proprio a tal proposito, una delle nostre battaglie è la modifica costituzionale del vincolo di mandato. Riteniamo, per antonomasia, di essere diversi dagli altri e, al nostro interno, non ci sono i ras dei voti, caratteristica dei partiti tradizionali. Chi vota il M5S non chiede in cambio prebende che, tra l’altro, il movimento non promette. Oggi la sfida che stiamo affrontando è superiore a quella iniziale perché dobbiamo recuperare quel carattere che avevamo e che ha convinto i cittadini. La leadership di Giuseppe Conte, pur essendo accademica, dimostra che si può essere rivoluzionari in modo gentile, tenuto conto che non tutti possono essere dei Che Guevara. Il presidente Conte ha avuto la capacità di prendere i valori del movimento e istituzionalizzarli”.

E il governo giallo-verde?
“In quel momento abbiamo valutato che la Lega (al tempo maggiormente radicata nel Nord e poi espansa a livello nazionale ma che, a seguito del fallimento politico di Salvini, sarà destinata a tornare ai suoi esordi politici) poteva essere complementare a noi, maggiormente radicati nel Sud dell’Italia”.
Lei si candida per la Circoscrizione Isole, ossia Sicilia e Sardegna…
“Il nostro obiettivo è radicarci e, come rappresentante delle isole, esserlo veramente per le istanze siciliane e sarde, di tutti i cittadini. Vogliamo di nuove produrre quel sano scossone democratico che potrebbe portarci, ad esempio, a governare la Sicilia che, da troppo tempo, è in mano a politici prezzolati che dimostrano di non avere a cuore il futuro dei cittadini che amministrano ma, spesso, il loro tornaconto”.

Lei prima faceva riferimento alla vostra posizione relativa ai conflitti. Proprio al Parlamento Europeo andrà in discussione la proposta della costituzione di un esercito e una difesa comune europea. Qual è la vostra posizione?
“Il termine ‘pace’, che sembra scomparso dal dibattito nazionale ed europeo, è parte integrante del simbolo del M5S che presentiamo per queste elezioni. Non è più il tempo di una ‘pax romana’ e, a proposito della proposta di cui lei parlava, devo ricordare che la ‘difesa’ non è tema del Parlamento Europeo ma, se si deve parlare di difesa ed esercito comune, possiamo essere d’accordo solo nel caso in cui questa scelta permetterà ai singoli Stati un risparmio della spesa bellica preferendo al suo interno quella che va a incidere sull’incremento tecnologico, quelle tecnologie che possono incidere sulla vita di tutti i giorni, ad esempio l’uso di droni intelligenti per l’utilizzo al contrasto anti spionaggio e anti terrorismo. Siamo però consapevoli che per arrivare a un esercito comune i singoli stati devono mettere in atto un processo che porti a un trattato europeo per evitare che si continui a inviare armi, oramai senza controllo, a quanti oggi vivono direttamente i conflitti in essere. È sicuramente un tema che ci relega in uno stato di marginalità politica ma pensiamo, proprio ascoltando la voce dei cittadini italiani ed europei, che sia una scelta coraggiosa e necessaria. Siamo dei sognatori, forse, ma ci auspichiamo un mondo senza guerre e, quindi, il disarmo globale e, per i conflitti in essere in questo momento, la nostra posizione è un negoziato di pace ad oltranza. Le guerre, e i conflitti attuali lo dimostrano, hanno indebolito l’Unione Europea perché, oltre al fatto morale, le guerre fanno male perché energivore e innescano meccanismi economici di extra costo che gravano sulle spalle dei cittadini”.

Nel 2019, ossia nelle ultime elezioni europee, avete realizzato il 17,1% che vi permise di portare in Parlamento 14 eletti. E oggi? Ritenete di portare a casa almeno un risultato a due cifre?
“Nel mandato precedente la nostra rappresentanza ha permesso di portare a casa risultati interessanti, vedi il PNRR e i temi riguardanti la transizione ecologica e quella digitale, ma, pur essendo importante il numero dei parlamentari, oggi stiamo cercando quale gruppo parlamentare europeo che sia a vocazione pacifista. Abbiamo però visto che, anche con pochi voti, è possibile incidere sulle scelte del Parlamento Europeo. Non sono un sondaggista e, per il risultato, speriamo che gli italiani comprendano le nostre ragioni e i nostri obiettivi anche se il fenomeno dell’astensionismo, come dimostrano gli appuntamenti elettorali che si sono tenuti quest’anno, è il vero scoglio di questa competizione soprattutto per il fatto che si noti un certo disinteresse nei confronti di questo appuntamento, ritenuto quasi superfluo”.

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