Democrazia o dittatura?
Nello scenario mondiale la recente Cop29 in Azerbaijan ha concluso i lavori con un complicatissimo comunicato, dal quale non si evince con chiarezza quale strada debbano percorrere i Paesi del mondo (circa duecento) per decontaminare l’atmosfera e attenuare gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici.
Si capisce da questo guazzabuglio che l’unica questione su cui tutti sono d’accordo è non essere d’accordo, con la conseguenza che il cambiamento climatico continua a peggiorare.
Da una parte, ci sono alcuni Stati a economia avanzata che stanno prendendo la via delle fonti rinnovabili, oltre a prospettare da qui a dieci anni la produzione di energia nucleare da fusione, cioè quella che non ha residui. Dall’altra parte, vi sono gli Stati a economia in via di sviluppo che hanno bisogno di energia da qualunque fonte provenga.
La situazione appare insanabile e ci vorranno molti decenni perché l’Umanità vada tutta in una stessa direzione, in quanto bisognerà aspettare che i Paesi in via di sviluppo si sviluppino.
Nel mondo, quella che sta crescendo di più è la Cina, con i suoi 1,411 miliardi di abitanti. Ricordiamo, però, che il primo Paese al mondo per popolazione è l’India, con circa 1,429 miliardi di abitanti.
La Cina utilizza al massimo le sue riserve di carbone perché deve crescere e produrre beni e servizi per i Paesi occidentali; anche se Xi Jinping continua a moltiplicare il numero di impianti che producono energia da fonti rinnovabili.
Proprio per questa politica economica di grande accelerazione, nell’anno corrente è previsto un incremento del suo Pil del sei per cento.
Subito qualcuno obietterà che seppur sia vero questo parametro, in quella nazione non vi sono diritti politici e conseguentemente dev’essere considerato un Paese iscritto nella lista nera.
A fronte di questi dati di una realtà a regime dittatoriale, vi sono gli Stati Uniti, che oggi sono i primi al mondo per Pil, ma non sono capaci di avere un incremento pari a quello della Cina, bensì dimezzato, cioé di circa il tre per cento.
Fanalino di coda fra le realtà a economia avanzata, vi è l’Unione europea, un’accozzaglia di ventisette Paesi fortemente diversi fra loro per economia, usi e costumi, cultura, organizzazione sociale e politica, eccetera.
L’iniziale Unione del Trattato di Roma – di cui fu promotore il ministro messinese Gaetano Martino – aveva messo assieme sei Paesi omogenei: Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Avere aperto a nazioni così diverse l’Unione, ha creato di fatto una sorta di mostro che contiene enormi debolezze, proprio perché queste differenze non sono sfruttate come una forza. Ve ne diciamo una per tutte e cioè che quest’anno, forse, il suo Pil sarà dell’uno per cento.
Non vi è chi non veda che il cuore della cultura millenaria occidentale, a confronto con la cultura della più antica democrazia del mondo moderno, gli Usa (la cui Costituzione è stata firmata nel 1787), e a confronto con la cultura ultramillenaria asiatica, risulta chiaramente perdente.
Eppure i Ventisette hanno un regime democratico e nessuna dittatura.
Effetto di questa crescita quasi nulla è che le democrazie che governano i ventisette Paesi sono deboli e fragili e soprattutto poco democratiche, perché denotano il disinteresse dei/delle cittadini/e-elettori/trici a esercitare il loro diritto politico di voto; per cui mediamente la metà di essi/e resta a casa durante le tornate elettorali.
Cosicché si verifica una stranezza non democratica, secondo cui governa una maggioranza di chi va a votare, cioè poco più di un quarto degli/delle elettori/trici, dal che si deduce che tale democrazia non è più il Governo del popolo, quando solo un quarto di esso riesce a imporre la volontà alla totalità dello stesso.
Dal che sorge la domanda: è meglio una democrazia malata o una dittatura intelligente? La risposta è corale: meglio una democrazia malata. Tuttavia, il quesito ci deve far riflettere perché bisogna indicare una cura affinché la Democrazia ritorni al suo splendore e alla verità, cioè tutto il Popolo è rappresentato, non un quarto dello stesso.