Il Pnrr tiene a galla i Comuni del nostro Paese

Il Pnrr tiene a galla i Comuni del nostro Paese: sarà decisiva la buona amministrazione

Paola Giordano

Il Pnrr tiene a galla i Comuni del nostro Paese: sarà decisiva la buona amministrazione

Paola Giordano  |
martedì 06 Agosto 2024

I magistrati contabili hanno pubblicato nei giorni scorsi la “Relazione sulla gestione finanziaria di Comuni, Province e Città Metropolitane 2021-2023”.

“Il quadro macroeconomico tendenziale, delineato nel Def recentemente approvato (9 aprile 2024), presenta segnali di crescita tra il 2024 e il 2025”. Se state pensando che sin dall’incipit della “Relazione sulla gestione finanziaria di Comuni, Province, Città metropolitane per gli esercizi 2021-2023” – approvata dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti con delibera n. 13/SEZAUT/2024/FRG – ci siano buone notizie, frenate gli entusiasmi perché la situazione presenta sì “segnali di crescita tra il 2024 e il 2025” ma questi saranno anche “in lieve calo nel biennio successivo 2026-2027”. Il perché lo specificano gli stessi magistrati contabili: “Principalmente a causa del venir meno delle iniziative del Pnrr”.

Comuni, i dettagli della Relazione

Nella Relazione – che esamina i rendiconti di 7.441 enti (di cui, 7.343 Comuni), presenti nella Banca dati delle amministrazioni pubbliche della Ragioneria generale dello Stato, e riferiti al biennio 2021/2022 – viene precisato sin da subito che ci sono “alcune criticità in quanto le previsioni delle principali variabili economiche si collocano al limite superiore dell’intervallo dei valori stimati, con una intensificazione dei rischi nel 2027, a causa del ridimensionamento dell’espansione della domanda dovuto alla conclusione degli investimenti Pnrr”.

Veniamo quindi alle previsioni delle principali variabili economiche: “L’indebitamento netto – si legge nella Relazione – potrà riportarsi sotto il 3% solo alla fine del periodo di programmazione, nel 2027, all’esito di una correzione strutturale significativa, necessaria per raggiungere l’avanzo primario già dal 2025”. E ancora “il valore reale del debito pubblico, ridotto nel 2023 grazie all’inflazione, è destinato a crescere nel triennio 2024-2026, con una lieve diminuzione nel 2027”.

Spesa comunale per investimenti raddoppiata dal 2017 al 2023

La Corte dei conti rileva che in questo contesto “sarà necessario preservare la spesa comunale per investimenti – raddoppiata dal 2017 al 2023, con effetti positivi sulla riduzione del rapporto debito/Pil – da una manovra restrittiva che potrebbe incidere negativamente sugli stessi, nonostante la protezione che la nuova governance europea dovrebbe assicurare ai fondi trasferiti”. Anche perché bisognerà tenere conto delle “nuove regole di bilancio dell’Unione europea, con le quali sono stati introdotti i Piani strutturali di bilancio di medio periodo (Psb), in sostituzione dei programmi di stabilità e dei programmi nazionali di riforma” e, di conseguenza, aggiornare il Def e la legislazione nazionale “per riflettere il nuovo quadro normativo, anche in ragione della procedura d’infrazione per deficit eccessivo, aperta per il nostro Paese, insieme ad altri Stati europei, che condizionerà le manovre di bilancio dei prossimi anni”.

Lo stato di salute degli Enti locali

A fronte del quadro appena delineato sorge spontaneo un dubbio: con quale stato di salute gli Enti locali stanno affrontando tutto questo? È la Corte dei conti stessa a fornirci la risposta: “Nel 2023, la dinamica del fenomeno della crisi finanziaria degli enti locali si mantiene sostenuta confermando, in linea con il biennio precedente, un’accelerazione, per i Comuni, dei casi di ricorso sia alla procedura di dissesto finanziario che a quella di riequilibrio finanziario pluriennale”, concentrata per lo più in alcune aree del territorio italiano: “basti pensare che – segnalano i magistrati contabili – in sole tre Regioni (Sicilia, Calabria e Campania), si individuano circa i due terzi del fenomeno, con evidenze di carattere strutturale che permeano la tenuta stessa della capacità amministrativa del sistema multilivello, alla base del governo amministrativo dei territori”.

Urge “un ripensamento, in un’ottica ‘fattuale’, dei rimedi vigenti” – segnala la Corte – specie “con riguardo ai casi di squilibrio strutturale consolidato (dei centri medio-grandi del meridione e in particolare quelli delle tre Regioni più difficili)”.

In relazione al dissesto “che spesso non produce il risanamento durevole – e trasferisce sull’Ente tornato in bonis pesi che alimentano nuovi disequilibri – sarebbe opportuno improntare l’azione alla necessità di garantire continuità amministrativa, giacché la comunità di riferimento non può essere privata di beni e servizi indispensabili”.

I tempi per l’istruttoria di riequilibrio finanziario

L’istruttoria di riequilibrio finanziario dovrebbe invece, secondo i magistrati contabili “chiudersi in tempi brevi, perché la tempestività delle misure adottate aumenta la possibilità di affrontare efficacemente la crisi, limitandone la degradazione in dissesto. In tal senso gioverebbe anche un percorso di affiancamento dell’ente in crisi, per aggredire i nodi della criticità e favorire il risanamento”.

Il nodo dell’incasso dei tributi accertati

Un primo grande nodo da sciogliere è quello legato “alla difficoltà di incassare i tributi accertati, di chiedere ai cittadini le giuste risorse per garantire beni comuni di qualità, che il mercato spesso non riesce a fornire”. Un altro riguarda poi “la qualità delle professionalità impiegate, che andrebbe recuperata attraverso nuove assunzioni orientate ad acquisire competenze diversificate, da accompagnare con percorsi di formazione adeguata, che consentano di abbassare l’età media e ridurre il divario digitale”. Questioni strutturali, insomma, che anche il Quotidiano di Sicilia solleva da anni.

Cosa fare per districare la matassa lo suggerisce ancora una volta la Corte dei conti mettendo nero su bianco quanto sia “auspicabile che l’avviata evoluzione del quadro normativo si accompagni a una profonda azione di potenziamento della gestione amministrativa, misurabile in sede di controllo della gestione, che si fondi sull’implementazione di adeguati percorsi formativi, da inserirsi in un processo permanente di acquisizione delle conoscenze necessarie alla Pubblica amministrazione”.

Non più rinviabile un efficientamento del sistema delle riscossioni. Assicurare un aumento effettivo degli incassi con l’obiettivo di incrementare in modo sensibile l’autonomia finanziaria.

Enti locali, cosa emerge dalla Relazione della Corte dei conti

Non è uno spoiler il fatto che un bilancio sia fatto di entrate e uscite e neanche che per essere in equilibrio la differenza tra entrate e uscite debba essere pari a zero. Analizziamo brevemente quanto emerge dalla Relazione della Corte dei conti in merito alle due voci che costituiscono i bilanci degli Enti locali per capire il loro stato di salute.

Una ripresa nel periodo post-pandemia

Archiviata l’emergenza sanitaria, le finanze comunali nel triennio 2021-2023 hanno intrapreso un lento cammino di ripresa che ha permesso di riportare il sostegno statale quasi ai livelli pre-pandemici. Quasi, appunto: “Le entrate connesse all’Imu – ossia il caposaldo su cui poggiano le entrate proprie comunali – nell’ultimo anno sono in lieve discesa su tutto il territorio nazionale. Nel triennio 2021-2023, si registra una divergenza tra l’andamento del gettito teorico e quello effettivamente incassato. Le somme effettivamente incassate dai Comuni sono state pari a circa 14,8 mld nel 2021, circa 15,05 mld nel 2022 e circa 14,3 mld nel 2023”.

“La scarsa dinamica del tributo – spiegano i magistrati contabili – riflette la staticità delle rendite catastali, che costituiscono la base imponibile dell’Imu; inoltre, lo sforzo fiscale dei Comuni sembra aver quasi ovunque raggiunto il suo limite massimo. In questa situazione solo un efficientamento del processo delle riscossioni potrebbe assicurare un aumento effettivo (ossia in termini di cassa) delle entrate per tributi propri”.

Le entrate extratributarie hanno invece raggiunto livelli di accertamento superiori a quelli pre-pandemia, ma – osserva la Corte – “offrono un limitato sostegno ai bilanci comunali, sia per il loro più modesto importo sia per le difficoltà di riscossione”.

Il dato sulla spesa

In merito alla spesa invece “a partire dal 2021 gli effetti dell’emergenza sanitaria sono stati gradualmente superati; tuttavia, l’intensificarsi delle tensioni nei prezzi dei beni energetici legate al conflitto bellico in corso e le conseguenti spinte inflazionistiche, hanno reso necessarie nuove forme di intervento pubblico a sostegno di famiglie e imprese”. Fattori – l’inflazione e i rincari energetici – che hanno prodotto “effetti sulla dinamica della spesa corrente dei Comuni che, pur non presentando variazioni di rilievo dal punto di vista qualitativo – i costi restano infatti fortemente incentrati sui servizi di amministrazione generale – registra un sensibile incremento”.

I pagamenti complessivi di parte corrente sono infatti passati “da circa 55,5 mld di euro nel 2021 a circa 57,8 mld nel 2022 (+4,1%) per poi attestarsi a circa 60,2 mld nel 2023 (+4,2% su base annuale, +8,4% rispetto al 2021). L’incremento più rilevante si registra nella voce ‘acquisto di servizi’, nella quale confluiscono tra l’altro i costi per le forniture energetiche e di gas; tale voce di spesa comprende più della metà dei pagamenti di parte corrente e passa da circa 29,8 mld nel 2021 a circa 33,5 mld nel 2023 (+12,6%)”.

Non è finita qui: “Gli oneri per il personale costituiscono un’altra voce di rilievo con un peso consistente nell’ambito delle spese di auto-amministrazione. In particolare, le ‘retribuzioni lorde’ hanno comportato esborsi di circa 10 mld di euro nel 2021, 10,4 mld nel 2022 e 10,7 mld nel 2023”.

Manovre più espansive nel 2023

Il punto è che le misure adottate nel 2023 sono state maggiormente orientate all’espansione delle entrate, seppur in alcuni casi in maniera temporanea: si pensi alla compensazione Imu per i proprietari di alloggi occupati, che ha aumentato la certezza delle entrate, o al contributo di 10 milioni di euro ai piccoli Comuni turistici o, ancora, al sostegno straordinario di 400 milioni di euro per coprire l’aumento dei costi energetici, ripartito tra Comuni, Città metropolitane e Province, insieme ad altri interventi utili a mitigare gli effetti della crisi pandemica e delle tensioni internazionali, nonché alla possibilità per gli enti locali di utilizzare avanzi di bilancio in deroga alle regole contabili.

Le misure dalle ricadute negative

Ci sono state però misure che, come rilevato dalla magistratura contabile, hanno avuto ricadute negative sui bilanci degli Enti, come la facoltà di rinunciare ai debiti fino a mille euro e alle sanzioni al Codice della strada. Questo, insieme al fatto che molte delle misure adottate hanno avuto carattere temporaneo e non strutturale, porta la Corte a sostenere “necessari ulteriori interventi per garantire una stabilità durevole”.

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