"Poveri ma felici, basta avere tanti soldi" - QdS

“Poveri ma felici, basta avere tanti soldi”

Carlo Alberto Tregua

“Poveri ma felici, basta avere tanti soldi”

giovedì 07 Settembre 2023

Ricordate quel simpatico film con Renato Pozzetto e Ornella Muti, intitolato “Un povero ricco”?
Il protagonista, un ingegnere molto ricco, volle provare a fare la vita da povero. Ne passò di tutti i colori, ma alla fine si convinse che tale vita non era adatta a lui. Cosicché, dopo avere conquistato la ragazza di cui si era innamorato, esclama: “Si può essere poveri ma felici, basta avere tanti soldi”.
Quale può essere uno dei tanti significati di quanto precede? Per esempio che i soldi sono necessari per conquistare la propria libertà. Fino a quando si vive con la mano tesa per chiedere qualcosa, anche un favore, non si è liberi.

Per contro, va da sé che i soldi non sono tutto, ma solo un mezzo e non un fine, come amava dire Paperon de’ Paperoni, personaggio della Disney inventato da Carl Barks nel 1947.
Per guadagnare onestamente e accantonare una parte del guadagno, dopo avere pagato imposte e contributi, bisogna avere capacità, oppure fortuna partecipando alle tante lotterie che mette in campo lo Stato italiano.

Sembra che gli italiani giochino ogni anno oltre centodieci miliardi. Avete compreso bene: centodieci miliardi! Di questi, oltre ottanta vengono restituiti ai vincitori e vincitrici e la restante parte viene divisa fra le case da gioco e lo Stato, che incassa quindi una quindicina di miliardi.
Dunque, il gioco rende bene perché la gente si illude che con la vincita possa risolvere i propri problemi. Ma i delusi sono molti di più dei fortunati.
La verità è che ognuno, quando inizia a studiare alle elementari, alle medie, alle superiori e poi all’università e poi continua a studiare e a leggere fino a quando campa, dovrebbe capire senza ombra di dubbio che molto dipende da se stesso/a per conseguire i risultati che si pone. Certo, un piccolo ruolo gioca la fortuna perché consente di alimentare il vento che gonfia le vele.

Cos’è che dipende da ognuno di noi? La capacità di ragionare e di risolvere i problemi; il porsi obiettivi chiari, difficili, ma raggiungibili; studiare i mezzi per raggiungerli; adottare ogni strumento utile; ed infine, ma non ultima, la grande volontà di riuscire a realizzare i propri progetti, spandendo sudore, facendo sacrifici ed usando abbondante olio di gomiti.

“Poveri ma felici, basta avere tanti soldi”. L’ironia della frase deve fare capire il suo rovescio e cioè che si può essere felici anche con il minimo necessario della sussistenza, perché questo sentimento deve essere provato, soprattutto per una serie di fattori immateriali che sono alla portata di tutti. Di essi fanno parte i sogni, che devono essere ambiziosi, ma concreti, cioé realizzabili. Solo chi sta con i piedi ben piantati a terra è in condizione di raggiungere i traguardi che si pone, per quanto grandi possano essere.

Grandi imprenditori come Bernardo Caprotti (Esselunga), Leonardo del Vecchio (Luxottica), Roberto Colaninno – che fra l’altro ha resuscitato la Vespa facendola diventare un brand mondiale – Peppino Fumagalli (Candy) e tanti altri sono partiti dalla gavetta, cioè poveri, e hanno creato degli imperi che valgono miliardi.
Quindi, essere poveri non è un ostacolo insormontabile, in quanto bisogna avere la consapevolezza che lavorando onestamente e alacremente si può diventare benestanti o addirittura ricchi, come nel caso dei succitati imprenditori.

Purtroppo vi è tanta gente che non ragiona nel modo indicato, per cui la loro pochezza li porta ad additare responsabilità esterne di fattori, di eventi e di persone. Sostengono che la colpa della loro insipienza ed incapacità sia sempre degli altri. A questa povera gente non passa per la testa che invece sono le proprie lacune mentali ad impedire loro di crescere e diventare liberi mentalmente ed economicamente.

Certo, non bisogna trascurare che chi nasce in una famiglia relativamente povera ha degli ostacoli in più rispetto a chi nasce in una famiglia facoltosa. A questo dovrebbe servire il cosiddetto “ascensore sociale” di scuola ed università, fornendo fra l’altro borse di studio in maniera adeguata e cospicua per consentire a chi non ha i mezzi di studiare e conseguire risultati accademici di rilievo.
Nelle università degli Usa vi è una grande abbondanza di borse di studio perché lì il merito è posto al primo punto. Nel nostro Paese molto meno perché il merito è accantonato come fosse un disvalore. Peccato!

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