Una contrazione dell'8,4% dell'attività di compravendita, ma senza rilevanti conseguenze sulle quotazioni dei terreni
La pandemia nel 2020 ha lasciato il segno anche sul mercato fondiario, con una contrazione dell’8,4% dell’attività di compravendita, ma senza rilevanti conseguenze sulle quotazioni dei terreni. Sono i risultati dell’indagine dei ricercatori delle sedi regionali del Crea Politiche e Bioeconomia, con il supporto del Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali.
Nel complesso, gli effetti del Covid sono stati meno gravi del previsto, grazie alla ripresa delle attività di compravendita nella seconda metà dell’anno che è riuscita a compensare, seppure non pienamente, la flessione del primo semestre. Nel 2020 il prezzo dei terreni agricoli è rimasto stazionario (-0,1% sul 2019) con flessioni generalizzate soltanto nel Nord-Est. Oltre a Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Liguria, che presentano le riduzioni più vistose, scendono i prezzi anche in Toscana, Molise e Campania. In frenata anche il credito per l’acquisto di immobili in agricoltura, secondo Banca d’Italia. Tuttavia segnali di ripresa potrebbero ripercuotersi anche sul mercato fondiario grazie al Pnrr, mentre permangono le perplessità legate alla riforma della Pac.
Anche per il mercato degli affitti l’emergenza sanitaria non ha inciso in maniera sostanziale, con effetti limitati ad alcuni comparti che hanno registrato un’attività in flessione, come floricoltura, viticoltura e agriturismo. L’incertezza ha indotto molti operatori a preferire l’affitto piuttosto che l’acquisto di nuovi terreni, rappresentando così il principale strumento per ampliare le proprie superfici aziendali. E’ stata maggiore la propensione al rinnovo dei contratti in affitto piuttosto che alla stipula di nuovi, quasi sempre senza modificare l’importo del canone, per via della proroga concessa ai Programmi di Sviluppo Rurale. In generale, la domanda tende a prevalere sull’offerta al Nord, mentre al Centro e al Sud il mercato è rimasto e immobile.