Alle Ciminiere di Catania dialogo sulla criminalità organizzata con Enzo Guarnera, Lirio Abbate e Carmelo Zuccaro. Il procuratore generale del Tribunale etneo: “Cosa nostra parassita che convive con l’organismo e succhia linfa vitale”
CATANIA – “La fiducia nelle istituzioni è fondamentale per cercare di contrastare la mafia. Ma la fiducia non è qualcosa che le istituzioni si meritano per il solo fatto che esistono. è necessario che l’attività di queste istituzioni sia coerente e meriti la fiducia dei cittadini. Perché se i cittadini ritengono che alcuni rappresentanti di queste istituzioni non meritino fiducia non potremo realmente sperare, al di là di quei coraggiosi che ritengono che la mafia valga la pena di contrastarla, in un grande sostegno dei cittadini…”.
Lo ha detto ieri mattina a una platea soprattutto composta da studenti delle scuole superiori il procuratore generale del Tribunale di Catania, Carmelo Zuccaro, in occasione dell’incontro organizzato alle Ciminiere dal titolo “Dialoghiamo sulle mafie” che ha visto la partecipazione tra i relatori dell’avv. Enzo Guarnera, presidente dell’associazione “Antimafia e libertà” (promotore del dibattito) e del giornalista di “Repubblica” Lirio Abbate. Zuccaro si è inoltre soffermato su un paragone per spiegare la mafia agli studenti. “È come il miglior parassita, ma non quello che uccide un organismo, ma quello che ci convive, quello che succhia la linfa vitale. Questa è la mafia!”.
Interessante il dibattito che ne è seguito con diversi studenti che al termine delle relazioni hanno incalzato con domande pertinenti i tre esponenti sul palco anche se, in verità sono stati altrettanti, se non di più, gli studenti distratti da telefonini e video sui social.
Nella sua relazione il procuratore generale ha parlato anche della forza delle mafie che si basa in particolare sulla “Grande capacità di generare ricchezza. Sappiamo che il traffico di stupefacenti costituisce una delle fonti della ricchezza su cui si basa il potere mafioso. E sappiamo anche che Giovanni Falcone era un magistrato, che probabilmente più di tutti gli altri conosceva questo fenomeno e che per questo elaborò le strategie migliori per combatterlo. Falcone – ha proseguito il procuratore – perseguiva il contrasto alla mafia attraverso le indagini di carattere patrimoniale”.
Quindi Zuccaro ha ricordato il punto cardine della strategia di Falcone nel contrasto economico alla criminalità. “Ad un certo punto Falcone, in un convegno, intervenne per dire: ‘La mafia è entrata in Borsa’. Stiamo parlando di 40 anni fa. Ma a cosa si riferiva? Al fatto che la mafia e alcuni emissari mafiosi erano entrati in rapporto con Raoul Gardini che all’epoca era una dei personaggi della finanza italiana più importanti… E puntava a un progetto economico di ampio respiro dal quale la mafia non voleva rimanere fuori”.
Nel corso del suo intervento Zuccaro ha anche avvertito di stare attenti perché il momento di forza della mafia si verifica quando non succede nulla di eclatante all’esterno “perché potete stare sicuri che quello è il momento in cui la mafia sta facendo quello per cui l’organizzazione criminale si è costituita: fare affare, fare soldi, ricchezza”. “Ma allora quali sono – ha spiegato Zuccaro – i tre strumenti efficaci per contrastare la mafia? Il ricorso alla collaborazione di soggetti che sono stati all’interno della mafia e quindi la conoscono dall’interno; le intercettazioni e il sequestro e la confisca dei beni mafiosi”.
Il giornalista Lirio Abbate si è soffermato, invece, sulla piaga delle estorsioni a tappeto, della paura dei commercianti e dell’assenza di leggi adeguate per perseguire i mafiosi e difendere i commercianti onesti. “Noi parliamo di lotta alla mafia, ma quando si va in mezzo alla strada i commercianti che pagano sanno che la mafia è più forte dello Stato. E perché? Perché quando il commerciante anche per un cavillo giudiziario, dopo pochi mesi dall’arresto, si rivede passare dal negozio il suo estortore qual è il messaggio che riceve? Noi invece dobbiamo dare dimostrazione di come lo Stato, le associazioni, le persone siano più forti dei mafiosi. Ma per fare questo servono nuove norme perché al momento quelle che ci sono non vanno a favore del cittadino che denuncia”.
L’avv. Enzo Guarnera, riallacciandosi all’intervento di Abbate ha aggiunto che “Molti adulti hanno acquisito la mentalità dell’omertosità, mentre al contrario servirebbe un’ottica diversa che ci faccia diventare portatori di valori nuovi”. Guarnera si è soffermato anche sulla mafia che trucca le gare d’appalto, su quella che opera il voto di scambio con i politici collusi, su quella che inquina le istituzioni dello Stato. “La mafia – ha detto – è anche quella dei ‘Baroni universitari’ che truccano i concorsi per favorire amici, parenti e amici degli amici. C’è anche la mafia che si è insediata stabilmente nell’altra finanza e c’è quella che è anche cultura del favore, del privilegio, della sopraffazione, della negazione dei diritti fondamentali della persona”.
Guarnera ha, quindi parlato anche di mafia in senso di “mandanti occulti delle stragi che hanno insanguinato il Paese”. Su questo punto ha concluso l’intervento il procuratore Zuccaro che ha ricordato un episodio ai più sconosciuto, accaduto a Palermo nel periodo delle stragi di Capaci e Via D’Amelio e prima del delitto La Torre. “Ci sono tante ragioni per ritenere che vi siano stati altri soggetti esterni che abbiano dato un contributo alla ideazione che alla esecuzione delle stragi. E qui sono veramente degne di citazione le parole che Falcone pronuncia dopo l’omicidio di Pio La Torre. Lui dice: “Certamente la matrice dell’omicidio di La Torre, nel 1982, è un omicidio di matrice mafiosa. E però sono tante e tali le motivazioni che stanno dietro questo omicidio che è lecito ritenere che vi sia stata una convergenza di interessi anche diversi dalla mafia nel rendere possibile questo omicidio”.
“Cosa stranissima – ha commentato Zuccaro – Pio La Torre era stato per circa un ventennio pedinato da personale dei servizi segreti perché si riteneva che potesse essere finanziato da potenze straniere, per intenderci il Kgb. Pochi giorni prima che venisse ucciso i servizi segreti decisero che non c’era più bisogno di pedinarlo perché La Torre non era pagato dai servizi sovietici. Il 30 giugno la Torre venne ucciso”.