Il primo capitolo del feuilletton “Radio Lamp” dell’autore Giovanni Pizzo che con ironia e leggerezza ci cunta di Sicilia e di Sud
Per allietare le vostre pause tra un bagno a mare e l’altro o tra un’escursione e un’arrampicata, sia sull’edizione cartacea (il giovedì) che sul web (da oggi e per le prossime 6 domeniche) troverete, una volta una nuova puntata del romanzo “Radio Lamp” dell’autore Giovanni Pizzo.
Il Quotidiano di Sicilia ha infatti deciso di “replicare” in chiave moderna quello che fin dall’ottocento veniva definito “feuilleton”, romanzo popolare di appendice ai quotidiani che è stato uno strumento potente per la diffusione della narrativa nel corso dello scorso millennio.
Il protagonista è sempre il solito Dip che avete conosciuto in Rotolando a Sud.
In questo racconto il nostro caro, sfigato, gastrosofico, Gionni detto Dip è ancora più a Sud.
Marzamemi era diventata troppo settentrionale per lui e si è stabilito a Lampedusa, in mezzo al Canale di Sicilia, a poche miglia dalla Libia e dalla Tunisia. Si respira un’altra aria da quelle parti, un’aria da continente Africano. Dip ha le sue solite incomprensioni con l’universo femminile, qui rappresentato dall’ispettore Perla. Ma la novità è che si tratta di un giallo. Un uomo tale Giacomino Bozzetto, detto il Ciollaro, perché in Sicilia un’inciuria non costa nulla, è scomparso. Ma qui la mafia non c’entra. È un intrigo internazionale. Il nostro Dip indaga per conto della Radio locale, Radio LAMP e scopre che…
Primo capitolo
Lui si chiamava Mino, da Giacomino, ma in paese d’inciuria era il Ciollaro. Lo pseudomino derivava da un pesce di cui abbondava l’isola dei conigli, il carango mediterraneo, una specie di aricciola più selvatica.
E lui era decisamente selvatico. Faceva il guardiano della villa di Modugno di fronte l’isola. Aveva fatto molti mestieri e molti anni di galera, per un rissa finita male. Ci scappò il morto, pare che ci fosse un problema di donne contese.
Il Ciollaro era sparito da una settimana e la polizia brancolava nel buio come si dice. Tra l’altro il commissario era in ferie matrimoniali. L’ispettore facente funzione, tale Perla, ebbe un’idea. Perché non coinvolgere quel commissario che era venuto da Palermo in vacanza con suo cognato? Come si chiamava? Mineo, ecco!
Chiamò l’agente Tedesco, che poi era uno tignuso di Palermo che si vantava di come giocava a pallone da giovane, ma che dormiva di piantone tutto il giorno, e salì in macchina per andarlo a cercare. L’inconsapevole commissario stava imprecando contro il mondo a causa dell’impossibilità di trovare il suo giornale preferito. La gazzetta dello sport.
Era in vacanza da due giorni ed ancora quella carta rosa non era passata dalle sue mani. Cominciava a capire i tossici in crisi di astinenza. Un rumore colpì il suo formidabile udito, nel silenzioso deserto di via Roma. Era il classico borbottio del diesel di una Tipo della polizia. Dalla macchina una mora graduata scese salutandolo. Ma chi era costei? Ma soprattutto che minchia voleva da lui, giustappunto in questo momento di dolore da perdita di notizie sportive.
Buongiorno commissario. Si ricorda di me? Ispettore Perla, quella che gli ha recuperato il bagaglio disperso. Perché in effetti ci eravamo scordati di dirvi che l’ispettore era una donna. Di più, era una femmina.
Mineo cominciò a grattarsi la nuca per il nervosismo. Un sesto senso gli diceva che qualcosa stava per rovinargli la vacanza. Non che a lui di questa vacanza in un isola africana come Lampedusa fregasse qualcosa. Ma suo cognato aveva trovato questi due dammusi a prezzo Aiazzone isole comprese, e sua moglie aveva accettato con un trasporto da fan sfegatata di Baglioni. Lei voleva assolutamente conoscerlo.
Mineo non capiva perché ci fosse bisogno di trasferirsi da un paese di mare come Terrasini ad un altro paese di mare. Scusate ma che differenza c’era? Uno capisce se ci si va a fare le vacanze a San Candido, ma li sempre mare era. Cosa differenzia l’isolotto di Cala Rossa dall’isola dei conigli per lui era un rebus. Tra l’altro a Cala Rossa ci si arrivava in macchina, per l’Isola dei conigli ci voleva una scarpinata di mezz’ora.
L’ispettore Perla si tolse il cappello e un ciuffo di capelli scuri si materializzò davanti ai suoi occhi.
Ispettore, per cortesia, non mi chiami commissario in pubblico. Anzi non mi chiami neanche in privato. Non mi chiami proprio, sono in vacanza, in incognito. Che significa non conosciuto. Pertanto lei non mi conosce, Capito?
Commissario, scusi, Dottor Mineo, ma il Questore ci ha detto di avvalerci del suo incommensurabile fiuto da segugio. Così si è espresso il Signor Questore. E chi siamo noi per opporci?
Già, chi siamo noi -disse Mineo – E che cabaso so chi siamo noi. E poi, mi scusi, non c’è un noi. Che tra l’altro mia moglie è molto gelosa. E non gli è mai piaciuto che io cincischiassi con colleghe femmine.
Commissario, io non sono una femmina. Sono una donna. C’è differenza sà.
E certo che c’è differenza. Ma a una donna non ci si appiccicano tutti gli occhi addosso come stanno facendo tutti questi indigeni con lei. Ad una femmina si.
Va bene Commissario che gli devo dire. Una cosa però gliela devo dire. Il Questore desidera, anzi vuole, che ci aiuti a risolvere questo caso. Si tratta di una persona scomparsa. Tale Giacomo Bozzetto. Ma qua tutti lo chiamavano il Ciollaro.
E lei che ne sa che è scomparso? Magari è partito in nave a trovare qualche parente o qualche amichetta sull’ isola grande. Si fa presto a dire scomparso. Mica siamo a Chi l’ha visto, con quella conduttrice che le assomiglia, ora che ci penso, anche se quella è bionda. Avete lo stesso neo
Ma io non ho nessun neo!
Come no! Lo stesso neo di rompermi i cabbasisi. Mia moglie è fissata con la Sciarelli. Non ne perde una puntata.
Comunque Commissario non può essere partito in nave. I biglietti sono nominativi ed in questo periodo del virus i controlli sono ancora più intensi. E poi si è trovato il suo borsello con soldi e documenti sul tavolo del bar di Portu’ntoni.
Misca ma lei non demorde. Le ho detto che sono in ferie. E poi non sono un segugio, come le ha riferito il Signor Questore. Anzi non ho mai trovato un uomo scomparso in vita mia. E se per caso lo trovassi gli chiederei come si fa a scomparire.
Signor Commissario non si faccia pregare, può darsi che a sua moglie gli possa far piacere conoscere il Signor Baglioni.
È lei che ne sa di queste cose. Ha parlato con mia moglie?
Non si ricorda all’aeroporto che la sua signora me ne parlò? Si da il caso che Baglioni vada stasera in un noto ristorante.. e mi è scappato di dirlo a sua moglie che ho incontrato poco più giù in un negozio di spugne. Vorrebbe dare questo dispiacere alla sua deliziosa signora?
Avevo capito che era fimmina ma non pensavo fosse così tinta. C’è del marcio in Danimarca ma manco Lampedusa babbìa!
Perfetto Commissario allora la passo a prendere nel pomeriggio. Andiamo alla casa di Modugno dove lavorava lo scomparso
Il presunto scomparso – disse Mineo.
Se è presunto non lo so. Di certo qualcuno è sicuramente presuntuoso – rispose la provocante e provocatrice Perla.
Mineo stava imprecando mentre trasbordava i suoi bagagli dalla mehari che suo cognato aveva affittato per la vacanza. La suocera del Commissario aveva avuto una specie di colpo apoplettico, ma non aveva tolto il disturbo, era stata ricoverata a Villa Sofia nell’unità coronarica. Pertanto il Mineo, moglie e congiunti stavano rientrando a Palermo. La buona notizia, nella cattiva della perfida resistenza della suocera, era che poteva togliersi di torno quella “scocca di camurria” dell’ispettore Perla. La quale si era sentita in dovere di accompagnare il superiore all’aereoporto.
Ed ora che faccio – pensò lei. Posso solo rivolgermi a lui per un aiuto – sospirò. Gli buttava pesante rivolgersi a quello scorbutico uomo a cui aveva spezzato il cuore. Fermò la Tipo davanti al Centro per Migranti di contrada Imbriacola, alcuni giovani ghanesi giocavano a pallone. Sembravano tutti degli Asamoah o degli Essien.
L’ispettore Perla entrò nel centro e chiese di lui. Gli indicarono le cucine della mensa del campo. Lui era seduto sui gradini si stava bevendo una birra Messina, senza cristalli di sale, che lui diceva fossero una presa per il culo della Sicilia, già la birra veniva prodotta a Taranto, ci mancava solo quel falso spot che sapeva della spuma del mare siculo.
Lui era il cuoco del campo migranti, si chiamava Gionni, di “inciuria” Dip, sicilianizzando il termine inglese Deep, profondo. Che poi in cosa consistesse la sua profondità nessuno lo capiva, a parte i silenzi abissali che seguivano logorroici discorsi di stampo gastrosofico. Dip sosteneva che avevamo il cervello situato nella pancia, per coloro che non lo avevano più in basso, e qualunque nostro comportamento generava praticamente dall’intestino, o tenue o crasso.
Gionni era finito a Lampedusa in cerca di Sud. Prima abitava a Pachino, la borgata di Marzamemi per la precisione, ma il Nord, sotto le perfide sembianze di una donna manager, una working girl della grande distribuzione ortofrutticola, era andato a raggiungerlo fino a lì. E lui aveva deciso di spingersi più a Sud. Voleva vedere la frontiera, prima che scomparisse, come Kevin Kostner in balla coi lupi. A Lampedusa lupi non ce n’erano, in compenso le acque erano popolate da ciollari, una specie di aricciola pelagica. Ne aveva arrostiti diversi quel giorno per i ragazzi del campo profughi.
Ciao Gionni. Come stai? – gli si rivolse l’ispettore Perla – hai finito il tuo turno?
Lui la guardò in tralice, guardingo e sospettoso. Lei gli aveva fatto male. Di quel male che ti rimane tatuato sulla pelle. Quel male che solo il tempo e quel vento caldo africano che spirava sull’isola guarisce. Lui era guarito, ma stava comunque in guardia, come un boxeur alle procedure di peso prima dell’incontro.
-Si, ma non è cominciato il tuo. Adesso vado a farmi un bagno e a pescare un po’.
Gionni e l’ispettore Perla avevano avuto una tormentata storia anni prima. Tutti lo sapevano in Paese. Era stata una coppia male assortita. Lei bacchettona fino alle midolla, lui scafato fino alla radice dei capelli. Finì che lei si mise con un più consono collega, e lui con una più consona bottiglia di Belvedere. La vita di fatto è una Belvedere con meno gradazione, sennò durerebbe pochissimo.
Ti devo parlare Gionni, Mino è scomparso, non ci sono tracce né indizi. È tutto molto strano. Voi eravate amici, eri uno dei pochi a cui dava confidenza. D’altra parte gli spostati li attiri tutti come una calamita.
Ora non posso. C’è una cernia di taglia extra large che mi aspetta alla secca. Ne parliamo più tardi. O non ne parliamo proprio, visto il tuo tono da questurino.
Buttò la bottiglia in un secchio per il vetro e se ne andò su una vecchia vespa, un modello special verdino, regalatogli da un suo vecchio amico deceduto. Si era sposato anziano.
(domenica prossima su QdS.it la seconda puntata)
Giovanni Pizzo