Rai senza pubblicità se servizio pubblico - QdS

Rai senza pubblicità se servizio pubblico

Carlo Alberto Tregua

Rai senza pubblicità se servizio pubblico

sabato 01 Luglio 2023

Informare senza Auditel

La Bbc non raccoglie pubblicità (per i canali trasmessi all’interno del Regno Unito, mentre lo fa per quelli diffusi anche in altri Paesi) perché è servizio pubblico. Cosicché non insegue l’indice paragonabile a quello italiano che è l’Auditel, con la conseguenza che i suoi programmi hanno la finalità di acculturare i/le telespettatori/trici, i/le quali, ovviamente, traggono beneficio da programmi di qualità, con un’informazione adeguata, ma anche con metodi didattici necessari a far elevare il livello culturale dei/delle cittadini/e.
Nel nostro Paese, la gloriosa Rai (Radio televisione italiana) è invece un ibrido perché le sue entrate sono costituite dal canone e dalla pubblicità.
Quest’ultima (in calo), nello scorso anno, è stata di circa 550 milioni, che non sono pochi, ma neanche tantissimi tenuto conto che le entrate per il canone – di euro novanta all’anno – sono cospicuamente in più, intorno a 1,6 miliardi.
Questa situazione ibrida influenza negativamente i programmi della Rai perché è costretta a inseguire i concorrenti tentando di rubargli il numero di telespettatori/trici, misurato con l’Auditel.

Ma i programmi che puntano ad avere il massimo numero di telespettatori/trici (e di radioascoltatori/trici per le radio) non possono essere di qualità, per la semplice ragione che la maggioranza dei telespettatori non gradisce avere informazioni che migliorino il loro stato culturale, piuttosto spettacoli e programmi che divaghino, che solletichino la pancia anziché la testa e che siano commestibili senza alcun impegno mentale.
Ora, è del tutto pacifico che non sempre si può stare sul tamburo, cioè apprendere, leggere, vedere cose sostanziose e strutturali, in quanto c’è bisogno anche del divertimento, dell’intrattenimento e dello svago, attività assolutamente necessarie. Ma, prima, è necessario crescere culturalmente e civilmente, per diventare ed essere buoni/e cittadini/e.

La Rai è formalmente una società per azioni, di “proprietà” dal ministero dell’Economia e Finanze. Poi, per dimostrare che si tratta di un ente autonomo (ma non lo è), viene stipulata una convezione fra lo Stato e la stessa Rai nella quale vengono indicati tutti i termini dell’accordo.
Non c’è dubbio che le finalità dell’Ente siano stabilite dalla proprietà, ovvero dal Mef per il governo, che prende la decisione se la sua società controllata debba fare anche attività commerciali con la conseguente raccolta di pubblicità.

Dietro questa decisione vi è anche quella del controllo dell’elettorato attraverso i molteplici programmi che compaiono su tutte le reti della Nostra, e per conseguenza delle ospitate, del numero di esse, della frequenza con cui i servizi parlano della Presidente del Consiglio, dei diversi ministri, viceministri e sottosegretari (sono sessantaquattro, un numero incredibile!) e così via.

Fino a oggi, in questi settantasette anni di Repubblica – ma più precisamente dal 1954, quando la Rai accese per la prima volta le sue antenne – il problema della pubblicità non si è posto. Ma ora che il nostro Popolo ha dimostrato una certa piattezza culturale – fatte salve intelligenze straordinarie ammirate in tutto il mondo – il Governo dovrebbe porsi il problema se continuare a far svolgere alla Rai un’attività commerciale ovvero dedicarsi al miglioramento della crescita culturale dei/delle cittadini/e.

Comprendiamo che una valutazione e conseguente decisione di questo tipo sarebbe estremamente difficile, perché significherebbe da parte di Governo e maggioranza, qualunque essi siano, abbandonare una fetta di potere, che è quella della comunicazione rivolta ai/alle cittadini/e.
È anche vero che chi governa non può tenere conto solo dei propri interessi, bensì guardare lontano e fare in modo che i/le cittadini/e lo diventino davvero e non restino in balìa degli affabulatori politici che hanno l’abitudine di mentire, mentire e mentire, tanto le menzogne prima o poi appaiono come verità.

Sappiamo che l’ipotesi qui prospettata è inverosimile. Tuttavia, il nostro lungo mestiere ci impone di porla all’attenzione della pubblica opinione, e sappiamo anche che una Rai senza 550 milioni di pubblicità dovrebbe ristrutturarsi profondamente.
Piuttosto aumentare il canone – che deve restare nella bolletta elettrica, perché gli evasori vanno sempre colpiti – ma anche aggiungere più cultura e sottrarre intrattenimento.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017